Corriere 28.5.15
Né lavoro né studio per un giovane su quattro
L’Ocse: tasso di occupazione fino a 29 anni fermo al 52,9%
Nei Paesi sviluppati 39 milioni di ragazzi sono a rischio
Lettera di Renzi a Squinzi: lavorare per il bene dell’Italia
Oggi assemblea degli imprenditori: nuove relazioni industriali
di Rita Querzé
MILANO Ce lo ripete l’Ocse (ma ce l’aveva già detto l’Istat): il problema numero uno per l’Italia del lavoro è dare occupazione ai giovani. Nel mese di marzo, infatti, l’Istituto di statistica aveva registrato un nuovo record del tasso di disoccupazione dei 15-24enni: 43,1%. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti guarda al futuro: «I dati Ocse si riferiscono al periodo 2007-2013. Oggi c’è il Jobs act e credo che questa possa essere davvero la svolta».
A offrire spunti d’ottimismo è la classifica sulla competitività dei Paesi stilata come ogni anno dall’Imd di Losanna. L’Italia nel 2015 balza dal 46esimo al 38esimo posto. Anche di competitività e lavoro si parlerà oggi all’assemblea annuale di Confindustria che nell’anno di Expo si terrà tra i padiglioni dell’Esposizione universale di Milano. Il premier ieri ha fatto recapitare una lettera al presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, in cui invita a continuare «a lavorare insieme uniti per il bene del Paese e dell’Europa». Oltre ai ringraziamenti per «una sfida vinta insieme» — quella di Expo — Matteo Renzi mette nero su bianco la condivisione del governo del paradigma confindustriale per cui «il manifatturiero va messo al centro dell’economia».
Il centro della relazione di Squinzi che si terrà oggi, sarà come immaginare nuove relazioni industriali: per il presidente bisognerà rafforzare la contrattazione in fabbrica e aumentare la derogabilità dei contratti nazionali.
D’altra parte è anche dalla ripresa di un settore-traino come il manifatturiero che dipende la soluzione del rebus dell’occupazione giovanile. Tornando ai dati Ocse, i ragazzi sotto i 29 anni che né lavorano né vanno a scuola nel 2013 in Italia sono arrivati al 26,09%. Fanno peggio di noi solo, nell’ordine, Turchia, Grecia e Spagna. Da notare che rispetto al 2008 i Neet sono aumentati di 5 punti percentuali. In complesso, nei Paesi Ocse i ragazzi «né, né» — né sui banchi, né assunti — nel 2013 erano 39 milioni.
Lo «Skills outlook» illustrato ieri dall’Ocse — rapporto sulle relazioni tra competenze e lavoro — colloca il nostro Paese al penultimo posto per il tasso di occupazione giovanile, fermo al 52,79%. Fa peggio di noi la sola Grecia (48,49%). La percentuale di giovani che lavorano, rileva ancora l’Ocse, in Italia è scesa di quasi 12 punti percentuali (era del 64,33% nel 2007), un calo tra i più elevati nell’area Ocse. Anche qui sono solo tre i Paesi che fanno peggio: la Grecia (-23,9%), la Spagna (-20,5) e l’Irlanda (-14,2).
I giovani italiani non trovano lavoro i motivi sono diversi e intrecciati tra loro. Tra questi c’è sicuramente il fatto che — come sottolinea l’Ocse — nessun Paese fa peggio di noi per numerosità dei giovani con basse competenze letterarie: uno su cinque, pari al 20%.