mercoledì 27 maggio 2015

Corriere 27.5.15
No all’Arabia Saudita al Salone del libro
Una ripartenza con il piede giusto
di Pierluigi Battista


Primo provvedimento: ottimo. La neopresidente del Salone del libro di Torino Giovanna Milella ha infatti deciso come primo atto del suo nuovo incarico di cancellare l’indicazione dell’Arabia Saudita come Paese ospite della prossima edizione. Meno male.
   Chissà cosa avrebbero presentato, visto che in Arabia Saudita non esiste un libro libero che sia uno, visto che in quel Paese il regime della censura agisce in modo ferreo, visto che l’integralismo è così feroce da non immaginare neanche che uno scrittore, un artista, un filosofo possano pubblicare le loro opere. Il libro e l’Arabia Saudita sono due entità antitetiche. Il loro padiglione a Torino sarebbe stato una parodia. Libri finti, inesistenti, irreggimentati. Come quando negli stand rumeni delle Feste dell’Unità si esibiva l’opera omnia di Elena Ceausescu.
Il Salone del libro è la festa della cultura, delle idee, delle opinioni diverse. In Arabia Saudita i libri non esistono, le idee sono soffocate, le opinioni dissidenti messe a tacere e cancellate. Se proprio si scegliesse qualcosa dell’Arabia Saudita, a Torino dovrebbero chiamare un blogger coraggioso come Raif Badawi, condannato a mille frustate, di cui una parte già somministrate con appositi riti in pubblico, per aver sostenuto opinioni libere e dunque considerate blasfeme.
Il grottesco di un Paese oscurantista e tirannico come l’Arabia Saudita accolto e ossequiato in una festa del libro è comunque stato evitato e questo va a merito della nuova dirigenza del Salone. Dove, il prossimo anno, si potrebbe organizzare una discussione sulla totale mancanza di libertà d’espressione nei Paesi intolleranti come l’Arabia Saudita. Dove i libri sono messi al rogo. E dove il fondamentalismo religioso considera blasfemia meritevole di condanna a morte il semplice possesso di un crocefisso. A Torino, no.