Corriere 26.5.15
Il no del Papa allo Ior sull’operazione estera
Non affari ma carità
«Riportare alla matrice e alla motivazione originaria il possesso di beni economici da parte della Chiesa». La chiosa di Nunzio Galantino, segreta-rio generale della Cei vicino a Francesco, coglie l’essen-ziale della rivoluzione dello Ior voluta da Papa. Di là dalle cifre, rivelatrici sono le decisioni, come quella commentata da Galantino: Francesco, dopo i forti dubbi della commissione cardinalizia di vigilanza, ha deciso di bocciare una società di «investimento a capitale variabile» che il board laico dello Ior aveva deliberato di istituire in Lussemburgo. Operazione magari sensata, per una banca d’affari. Ma lo Ior non è una banca d’affari, non deve esserlo. Se alla fine è rimasto, nonostante molti ne suggerissero la chiusura, è per sostenere le missioni della Chiesa nel mondo, poveri, scuole, ospedali, si ripete in Vaticano. Lo Ior dev’essere ciò che significa il suo nome: Istituto per le opere di religione. «Non ha lo scopo di accumulare ricchezza ma di servire one-stamente e fedelmente la missione universale della Chiesa, aiutare coloro che lavorano nelle vigne del Signore per sostentare, istruire, curare e diffondere il Vangelo», scrive il prelato dello Ior, Giovanni Battista Ricca, presentando il rap-porto 2014. Dati che confer-mano l’operazione pulizia: sono stati chiusi 4.614 rap-porti, più del 23 %, di cui 3.154 su iniziativa dell’isti-tuto: 2.600 «dormienti» e 554 «laici». L’utile sale a 69,3 milioni, 14,3 di «riser-va» e gli altri 55 girati alla Santa Sede per la sua mis-sione. Francesco lo diceva ieri a Santa Marta: «Le ric-chezze sono per il bene co-mune, per tutti», altrimenti «generano corruzione».