Corriere 23.5.15
Economia e astensionismo, le incognite sulle Regionali
di Massimo Franco
Le parole usate ieri da Matteo Renzi in vista delle elezioni di fine maggio sono stranamente caute. Fanno intuire che il premier nutre qualche incertezza sulla possibilità di conquistare tutte o quasi le sette regioni in cui si vota; e che il suo timore principale è dato dai possibile effetti dello scontro all’interno del suo stesso partito. Così, quando dice che «non deve contare il numero delle regioni vinte ma quanti posti di lavoro riusciremo a mettere in piedi», schiva i sondaggi. E quando spiega che l’Italia ce la farà «se smettiamo di occuparci di polemiche interne», alludendo al Pd, invita ad un’unità interna non scontata.
Ha ancora dalla sua la vittoria alle europee dello scorso anno: quel 40,8 per cento storico, che magari si sarà assottigliato ma «puntiamo a vincere dovunque», azzarda il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi. Renzi ricorda con un filo di cattiveria quando, ad ogni sconfitta, nel Pd si faceva «terapia di gruppo come per gli alcolisti anonimi». Non è un caso che abbia parlato in questi termini a Salerno, davanti al candidato governatore della Campania, Vincenzo De Luca: un esponente condannato in primo grado e in teoria non legittimato ad assumere l’incarico anche se eletto.
Per di più, De Luca è appoggiato da liste nelle quali figurerebbero degli «impresentabili». A definirli così è stato lo stesso Renzi, nei giorni scorsi. E nel Pd i suoi avversari adesso usano l’argomento contro di lui. Critiche in buona parte strumentali, ma che si saldano con i dubbi delle settimane scorse su un eventuale successo di De Luca. Ieri il premier lo ha sostenuto pubblicamente: la possibilità di strappare la Campania al centrodestra fa passare in secondo piano le remore.
A sospendere la sua entrata in carica, infatti, dovrebbe essere Renzi stesso, in quanto presidente del Consiglio: a meno che la legge non venga cambiata in corsa. La preoccupazione non è tanto per il centrodestra. A parte il Veneto, dove è molto probabile una vittoria leghista, altrove le truppe berlusconiane appaiono sbandate. Silvio Berlusconi sta cercando di aumentare il livello dello scontro con il premier. Lo accusa di trovarsi a palazzo Chigi senza essere stato eletto. Eppure, fino all’elezione del capo dello Stato, il problema sembrava marginale, e questo indebolisce la sua polemica.
Le vere incognite che Renzi sa di dover fronteggiare sono altre. Intanto, un astensionismo aggravato dalle liti a sinistra e a destra, che potrebbe avvantaggiare il M5S. E poi, al solito, l’economia. Palazzo Chigi non può allineare i risultati ottenuti come avrebbe voluto. La sentenza della Corte costituzionale sui rimborsi ai pensionati ha asciugato il «tesoretto» annunciato in vista di misure per la ripresa. E Renzi ha dovuto correggere l’irritazione del ministro Pier Carlo Padoan, ribadendo massimo rispetto per la Consulta.