venerdì 22 maggio 2015

Corriere 22.5.15
Sciopero degli scrutini confermato C’è la firma di tutti i sindacati
«Stop di un’ora nei primi due giorni». Il pressing di Bersani per cambiare la legge
di Valentina Santarpia


Stavolta la firma è di tutti i sindacati, anche se la forma è smorzata: Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals Confsal, e Gilda annunciano — dopo quello proclamato dai Cobas — lo sciopero degli scrutini, ma solo per la prima ora di servizio «in ciascuna delle prime due giornate», e senza coinvolgere le ultime classi, quindi mettendo in salvo gli esami. Non è la prima volta che succede: lo sciopero (sempre parziale) degli scrutini è stato attuato recentemente il 19 febbraio 2009, il 25 giugno del 2010, e dal 9 al 17 giugno 2011, sempre con conseguenze — fanno filtrare dal Miur — minime per famiglie e studenti.
Una protesta sotto tono? «No, la mobilitazione continua, ma secondo le regole — avverte Mimmo Pantaleo, Cgil —. Quel testo passato alla Camera è negativo. Basta coi balletti, lunedì all’incontro col governo ci aspettiamo modifiche su precari, comitato di valutazione, prerogative contrattuali». E i cambiamenti richiesti sono più o meno quelli che sostiene anche Pier Luigi Bersani, che ieri ha mandato un segnale distensivo al governo nel caso in cui il disegno di legge venga modificato al Senato, dove approda la prossima settimana.
«Saremo felicissimi di votare la riforma», dice l’ex segretario Pd, a patto che vengano risolte «due questioni basiche: una è il rapporto tra l’autonomia di un insegnante e il ruolo del dirigente» e l’altra è il precariato, su cui «si sta creando una sanguinosa discriminazione di condizioni». Pure l’ex Pd Pippo Civati si dice «felicissimo di votare con qualche ritocco», mentre Stefano Fassina (che nel Pd ci resta solo se la riforma cambierà) insiste: «Una chiusura sarebbe incomprensibile», lasciando intuire che la trattativa sulla riforma potrebbe cambiare gli equilibri tra Renzi e la minoranza dem, pronta a intestarsi l’ok alla riforma. Ma il clima è tutt’altro che disteso: ai lavori della commissione Istruzione al Senato — che iniziano mercoledì 28 maggio, con termine per gli emendamenti al primo giugno — non parteciperà la senatrice Maria Mussini, ex M5S, ora Gruppo misto, prima convocata e dopo 40 minuti «cassata».
Una decisione presa «per garantire l’equilibrio tra maggioranza e opposizione in commissione», assicura il presidente del Senato Pietro Grasso. Una scelta che violerebbe «le regole per paura del dibattito all’interno del Pd», dice la presidente del Gruppo misto, Loredana De Petris. Mussini, prima firmataria di una legge di iniziativa popolare sulla scuola e battagliera nei confronti di questo ddl, si dice «disgustata»: teme di essere stata esclusa solo per evitare un suo presunto voto a sfavore della riforma Renzi, che a palazzo Madama ha i numeri più risicati.
«Se abbiamo optato per un calendario dei lavori così intenso è proprio perché il testo non è blindato e sono possibili modifiche», prova a smorzare la senatrice Francesca Puglisi, ricordando che la commissione lavorerà anche in pausa elettorale. «Sino ad allora faremo audizioni e ascolteremo i sindacati». Che però non promettono sconti: «I precari di seconda fascia devono rientrare, è irrinunciabile», dice Massimo Di Menna, Uil. «Un professore non può essere valutato da genitori e studenti, sarebbe come un vigile giudicato da un automobilista multato», aggiunge Francesco Scrima, Cisl. La battaglia è appena cominciata.