Corriere 17.5.15
La profezia di Streeck al Salone: il capitalismo divorerà se stesso
«Questo luogo è una cattedrale del XX secolo. E rimpiango Berlinguer»
di Ranieri Polese
TORINO «Sono venuto a Torino all’inizio degli anni Ottanta, il Lingotto era stato chiuso da poco. Svolgevo una ricerca sulle grandi fabbriche di auto. Avevo già visitato Wolfsburg, la fabbrica della Volkswagen: costruita nel 1938, 15 anni dopo il Lingotto, funziona ancora. Wolfsburg e il Lingotto sono le cattedrali del XX secolo» (quello studio fu pubblicato nel 1984, con il titolo Relazioni industriali nella Germania Ovest. Il caso dell’industria automobilistica, ndr). Parla Wolfgang Streeck, a Torino con il suo saggio Tempo guadagnato (Feltrinelli) .
Presidente emerito del Max Planck Institut di Colonia, Streeck è noto per la sua analisi radicale dei rapporti fra il neoliberismo e la democrazia. «La crisi del 2008 — dice — non è stata un incidente, un semplice episodio. È il risultato di una serie di movimenti che si sono prodotti negli ultimi 40 anni. Fino al 1970, vigeva una politica economica keynesiana: redistribuzione dei profitti, forti sindacati, welfare State . Con il ’70 però cala la produzione, gli Stati nazionali si trovano obbligati a trovare misure per prevenire turbolenze sociali. La prima soluzione è l’inflazione; seguirà l’indebitamento dello Stato, e infine l’indebitamento dei privati. Con le banche che non riescono più a farsi pagare dai creditori. E arriva l’esplosione del 2008. Ma ormai vige l’idea di un capitalismo senza più remore, c’è la deregulation , il mercato comanda. Angela Merkel parla di una “democrazia conforme al mercato”. Per salvare le banche intervengono gli Stati che si addossano i loro debiti, che vengono pagati dai cittadini».
Oggi, però, si dice che gli effetti della crisi del 2008 cominciano a essere superati. «Comunque è ormai divenuta prassi quella di affidare a organismi non eletti dai cittadini le decisioni politiche. Come la Bce. È la finanza che comanda, e che vive sulla mobilità dei capitali: ci possono essere problemi a delocalizzare un’industria, ma per spostare il capitale da Francoforte a un qualunque paradiso fiscale ci vogliono pochi secondi. In questo regime, con i sindacati che hanno perso la loro forza, con l’aumento di disoccupazione e di povertà, la già fragile democrazia sta soccombendo». Il capitalismo neoliberista trionfa? «Già nel 1989, con la caduta del Muro di Berlino, si scrisse della vittoria del capitalismo. E la globalizzazione ha amplificato le sue potenzialità. Ma è una vittoria di Pirro. Intanto cedono le strutture democratiche, e poi lo sfruttamento parossistico delle risorse energetiche sta distruggendo l’ecosistema. Alla fine — quando, non si sa — il capitalismo distruggerà se stesso».
Critico nei confronti dell’euro («nel 1994, Ralf Dahrendorf lo definì una “pessima idea”, e già denunziava il progetto di far diventare tedesca l’Europa»), Streeck oggi indica i risultati di questa Europa nel manifestarsi ovunque di movimenti populisti, o peggio ancora xenofobi e neofascisti come il Front National. «Espropriati dei propri diritti — la Bce non è eletta dal popolo — i cittadini non hanno più fiducia nella politica, cresce l’astensionismo e chi vota sceglie formazioni populiste o anti-sistema. E non solo nei Paesi più esposti come Grecia, Spagna, Italia». Ma il quantitive easing di Draghi potrebbe cambiare le cose. «È un trucco, che serve solo a guadagnare tempo, ma non muta la situazione».
Negli anni Settanta e Ottanta, Streeck era un attivo sostenitore dei socialdemocratici tedeschi. «Guardavamo all’Italia, a Enrico Berlinguer — ricorda — che staccava il Pci dall’Unione Sovietica e si avvicinava all’area di governo. Ero a Firenze e andai ad ascoltare un suo comizio in Piazza della Signoria. Stimavo molto Berlinguer, la sua onestà intellettuale, la sua chiarezza. In Germania avevamo seguito il tentativo di Aldo Moro di far entrare il Pci al governo. Poi, Moro venne ucciso. Verrebbe voglia di credere alle teorie dei complotti... Sì, perché da allora la storia d’Italia ha preso un’altra strada. Berlinguer non si riprese più da quella sconfitta, cominciò l’ascesa dei socialisti di Craxi». E di Matteo Renzi, che cosa pensa? «Ha riempito un vuoto che si era aperto dopo la fine di Berlusconi. Fa bene o male? Difficile dirlo, certo si muove. Una cosa però non mi piace: la cura esagerata della comunicazione. Anche la scelta di mettere come ministri tutte quelle belle ragazze...».