sabato 16 maggio 2015

Corriere 16.5.15
La variabile giustizia sul voto di maggio
di Massimo Franco


L’incognita dell’economia rimane sullo sfondo, bilanciata da timidi segnali di ripresa. Il tema che sta affiorando nelle ultime ore, però, e che può diventare imbarazzante per il governo, è quello della corruzione; e non solo per la presenza di candidati che lo stesso Matteo Renzi ha definito impresentabili. La novità è il giudizio liquidatorio, e secondo il Pd ingeneroso, che ieri il Consiglio superiore della magistratura ha dato sulla riforma. Il parere che mercoledì prossimo sarà portato all’esame dell’aula del Csm parla di interventi «sporadici e frammentari», che «per la loro disorganicità risultano insufficienti».
È un colpo alle norme anticorruzione sulle quali Palazzo Chigi ha investito molto; e che dovevano essere una delle medaglie da mostrare all’opinione pubblica in vista delle elezioni regionali di fine mese. Se a questi giudizi si abbina la sentenza della Corte costituzionale sui rimborsi delle pensioni, che ha riportato in bilico i conti pubblici, si profila un conflitto strisciante di tipo istituzionale. Già sulla Consulta, la maggioranza non aveva nascosto il suo disappunto. L’agenzia di rating Standard&Poor confermava ieri che la sentenza sulle pensioni rimette in forse «il conseguimento degli obiettivi di bilancio».
Ora riaffiora verso il Csm, il cui comportamento viene ritenuto «incomprensibile» dal Pd: tanto più perché contraddirebbe quello di altri magistrati. Non si tratta solo di una delusione legata all’investimento sulle misure contro la corruzione, del quale la nomina a commissario di Raffaele Cantone è il simbolo. Il problema di Palazzo Chigi è che il «parere» arriva dopo le parole del capo dello Stato, Sergio Mattarella, e di papa Francesco sui guasti che questi fenomeni provocano; e nel bel mezzo di polemiche montanti sulla composizione delle liste per le Regionali.
La presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi, ha deciso di aprire un’inchiesta per vedere se davvero esistano degli «impresentabili» tra gli alleati del Pd in Campania, e non solo. Renzi ieri ha schivato l’argomento precisando che «ci sono alcune liste con candidati impresentabili. Ma sul Pd sono pronto alla prova del nove». La confusione e gli episodi di trasformismo, tuttavia, promettono di allargare l’area opaca delle alleanze elettorali.
Per Renzi significa ritrovarsi con l’ennesimo fronte aperto, sapendo che i suoi avversari contano sul voto di maggio, come sullo sciopero nella scuola e sul «buco» delle pensioni, per metterlo in difficoltà. È significativo che Palazzo Chigi neghi il «significato nazionale» delle prossime Regionali: quasi volesse mettere le mani avanti. Eppure, si può essere certi che il Pd valorizzerà il risultato, se le urne lo premieranno; o, se a Renzi dovesse andare male, lo esalteranno gli oppositori del governo. Con la magistratura come fattore neutrale ma incombente.