venerdì 15 maggio 2015

Corriere 15.5.15
La pericolosa pretesa di scegliere il proprio vicino
di Donatella Di Cesare


L’ arrivo dei profughi sembra ormai suscitare reazioni estreme su cui occorre riflettere. Il caso di Padova è emblematico. Stasera dovrebbe tenersi una fiaccolata per manifestare contro l’ospitalità. Qualche giorno fa, d’altronde, il sindaco ha firmato l’ordinanza che prevede multe ai privati che aprano le loro porte ai profughi. Ma è possibile negare l’ospitalità, senza che questo abbia conseguenze per la convivenza civile? Ed è lecita la pretesa di decidere con chi coabitare?
   Per capire quanto pericolosa e inquietante sia questa pretesa, basti pensare che emerge nel ‘900 e trova espressione nel nazismo, il primo progetto di rimodellamento del pianeta. Il successivo annientamento, che ha caratterizzato l’impresa totalitaria, non deve far perdere di vista la pericolosità insita nella scelta della coabitazione.
Il punto è che coabitare non può essere una scelta né, tanto meno, libera. Il luogo che ciascuno di noi abita era, prima, di un altro che ci ha preceduto. Non si può reclamarlo come se fosse una proprietà esclusiva. La violenza nasce da questa rivendicazione che vorrebbe escludere l’altro.
   Nessun buonismo, ma il riconoscimento di una sfida per la politica che dovrà essere in grado, nel mondo globalizzato delle ondate migratorie e del concorrere di tanti esili, di farsi carico della coabitazione nel suo senso più profondo. Una nazione che vuole far corpo con il luogo che abita, che crede di costruire sul suolo la propria identità, guarda solo in basso, ed è incapace di rivolgere lo sguardo in alto, al futuro. Prossimità non voluta, coabitazione non scelta: sono queste le condizioni per pensare la convivenza nel nostro eterogeneo mondo, dove siamo tutti vincolati ai tanti altri, mai conosciuti, dai quali però dipende la nostra esistenza, dove siamo tutti accolti e chiamati ad accogliere. Negarlo è insensato e può avere esiti gravi. Accoglienza è quel gesto femminile in cui si condensa l’etica stessa. Non c’è etica senza accoglienza — e neppure umanità.