mercoledì 8 aprile 2015

Repubblica 8.4.15
Italicum, l’ultimo appello dei dissidenti pd al premier “Meno nominati o è rottura”
Documento di Area riformista, la corrente dei pontieri Tra i 70 firmatari il ministro Martina. Bersani non aderisce
di Giovanna Casadio


ROMA «All’orizzonte si profila un altro enorme rischio: una frattura dentro il Pd. Se così fosse, su quale terreno facciamo camminare le riforme? Questa rottura non possiamo permettercela ». È l’sos della corrente dem “Area riformista”, che fa capo a Roberto Speranza, lanciato nel giorno in cui inizia in commissione Affari costituzionali a Montecitorio l’esame dell’Italicum. È un appello a Renzi: «Riapra il dialogo sulla legge elettorale». Segue una proposta precisa, una soltanto: ridurre il numero dei nominati in lista. Nell’Italicum infatti sono previsti i capilista bloccati, e poi gli eletti con le preferenze. Se una lista vince e ha il premio di maggioranza, saranno un centinaio i nominati sui 340 deputati ottenuti con il premio. Ma per chi perde, la quota dei nominati è invasiva. Ecco quindi la richiesta della sinistra dem di Speranza: «È per noi prioritaria l’esigenza di ridurre il numero dei nominati tra i partiti che non prendono il premio di maggioranza». A sottoscrivere già il documento, che ha tra i suoi promotori il ministro Maurizio Martina, sono una settantina di deputati: da Gugliemo Epifani, l’ex segretario del Pd a Paola De Micheli, sottosegretario all’Economia, Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Danilo Leva, anche Micaela Campana e Enzo Amendola che sono nella segreteria renziana. Lo hanno scritto materialmente Nico Stumpo e Matteo Mauri. Non lo firmano né Pierluigi Bersani (pronto a farsi sostituire in commissione se si andasse al muro contro muro con Renzi e a non votare in aula l’Italicum senza modifiche), né Speranza, che è capogruppo alla Camera, e comunque dell’appello è l’ispiratore. I 70 per ora “pontieri” insieme con le altre sinistre dem rappresentano lo zoccolo duro del dissenso che potrebbe rendere pericolosa la navigazione dell’Italicum, sommandosi all’opposizione di Forza Italia, Lega, Sel e 5Stelle. Meno minimalista è la posizione della corrente di Gianni Cuperlo, Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre come scettico è Pippo Civati. «Se una legge elettorale non va bene e si è detto che non si vota, bisogna essere conseguenti», va all’attacco Civati per il quale i “trattativisti” farebbero bene a sciogliere le loro contraddizioni.
I “pontieri” però non si arrendono, nonostante la blindatura dell’Italicum. Renzi lo ha ripetuto: «L’Italicum non si cambia più». Nell’appello scrivono: «Riflettiamo. Senza fermarci. Possiamo andare avanti al doppio della velocità, se necessario. Però attenzione perché le riforme devono poggiarsi su un terreno largo. E questo terreno si è già ristretto. E’ solo la maggioranza a fare le riforme, perché il Patto del Nazareno non c’è più. E se anche un pezzo del Pd non ci sta, rendiamo quel disegno essenziale più debole e non più forte. C’è ancora uno spazio possibile per trovare un’intesa? Sì, c’è». Pensano che il testo dell’Italicum si possa riaprire con un accordo preventivo al Senato di tutta la maggioranza di governo, così da evitare brutte sorprese. Ma Renzi evidentemente non si fida. D’Attorre sospetta che il premier sia pronto a elezioni anticipate: «Se Renzi anticipa così la riforma elettorale, e dice che non vuole un nuovo passaggio al Senato - dove c’è la riforma costituzionale - perché non ha i numeri, vuol dire che sta pensando di abbandonare la riforma costituzionale al suo destino e tutto fa pensare che voglia andare a elezioni anticipate ». Damiano invita a non smettere di cercare il confronto: «Non bisogna lasciare nulla di intentato». Nel Pd è alta tensione. Oggi in commissione ci saranno i primi colpi di scena.