mercoledì 8 aprile 2015

Corriere 8.4.15
La lettera appello di Speranza: niente scissione, ma trattiamo
di Monica Guerzoni


Italicum, il documento punta a raccogliere 120 firme. Ultimo nodo: i capilista bloccati
ROMA La legge elettorale fortissimamente voluta da Matteo Renzi approda oggi in commissione Affari costituzionali e, dopo giorni di stallo, la minoranza del Pd prende l’iniziativa. La mossa del capogruppo Roberto Speranza è una lettera-appello al premier perché riapra il dialogo sull’Italicum: «È vero che le riforme sono ineludibili, ma è altrettanto indispensabile farle bene. Nessuno di noi vuole veti, ricatti, ultimatum...».
Con il documento il presidente dei deputati si gioca l’ultima carta per non dividere la sua componente e per scongiurare una pericolosa frattura nel Pd, che rischierebbe di innescare la scissione dell’ala sinistra. «Siamo convinti — si legge nelle due cartelle di testo — che la parola scissione non debba far parte del vocabolario del Pd. Questa rottura non possiamo permettercela. Riflettiamo. Senza fermarci».
Area riformista, che si riunirà oggi, offre al segretario un patto: far passare liscio il testo in commissione grazie alle dimissioni volontarie di alcuni membri della minoranza e rimandare la battaglia all’Aula. Con una postilla non scritta, che Davide Zoggia spiega così: «Al Senato nessuno di noi farà scherzetti».
A Renzi gli esponenti più dialoganti della minoranza chiedono, in sostanza, di soppesare bene l’opportunità di portare avanti le riforme senza un pezzo di Partito democratico. Questo perché con la fine del patto del Nazareno tra Renzi e Silvio Berlusconi «la maggioranza che sostiene le riforme si è ristretta» e in aula, a voto segreto e col Pd spaccato, cattive sorprese non sono escluse.
Ottanta firme sono state già raccolte (Stumpo, Damiano, Epifani, Agostini, Zoggia, Giorgis...) e Area riformista punta a schierarne in calce al testo 120, coinvolgendo anche i «duri» come Civati, Bindi, D’Attorre. I promotori sono convinti che arriverà anche la firma di Bersani. I toni del documento sono dialoganti, però la richiesta di «superare le criticità» della legge elettorale e della riforma costituzionale è la stessa su cui l’ex segretario insiste da settimane. La differenza sostanziale è che, per Area riformista, i capilista bloccati sono il solo nodo da sciogliere. «È una regola democratica che vale per il Paese e non un problema della minoranza del Partito democratico — chiarisce Cesare Damiano —. A Renzi rivolgiamo un appello per l’unità del partito. Il presidente del Consiglio ha già commesso un errore sui licenziamenti collettivi del Jobs act e non vorrei che ci fosse un secondo errore per mancanza di confronto».
La lettera di Speranza è compagni è un estratto dell’intervento con cui, all’ultima direzione del Pd, il capogruppo aveva tentato di convincere Renzi a riaprire i giochi. Ma da allora i vicesegretari Guerini e Serracchiani (e lo stesso premier) non hanno fatto che ripetere che l’Italicum non si tocca. Renzi teme di infilarsi nella «palude» di Palazzo Madama, dove Miguel Gotor prevede un confronto «particolarmente acceso». Ai deputati il senatore bersaniano ricorda «che in virtù dell’articolo 67 della Costituzione essi hanno il dovere di rappresentare anzitutto la nazione» e «tutelare gli interessi della democrazia italiana». Niente vincolo di mandato, è il messaggio.
Anche Alfredo D’Attorre è convinto che sulla legge elettorale non esista disciplina di partito e, se l’Italicum non cambia, lui non lo voterà. Tanto più che Renzi, secondo il deputato bersaniano, corre verso le urne: «Non vuole un nuovo passaggio al Senato perché non ha i numeri e sta pensando di abbandonare al suo destino la riforma costituzionale, per andare al voto». Il 27 l’Italicum approderà in aula e D’Attorre non cede: «Io voterò a favore dei nostri emendamenti».