mercoledì 8 aprile 2015

Repubblica 8.4.15
Il buio a destra e la calamita del sistema Renzi
L’intesa Forza Italia-Lega è soltanto difensiva
Serve a non perdere il Veneto, ma non parla agli italiani
di Stefano Folli


LA VICENDA della Puglia, dove il candidato berlusconiano Schittulli, non ha perso tempo per passare con il dissidente Raffaele Fitto, è emblematica della condizione di Forza Italia: una nave disalberata che avrebbe bisogno di raggiungere un porto sicuro dove essere disarmata e ricostruita. Renato Brunetta, una sorta di ultimo giapponese nella giungla che combatte con il suo «Mattinale», sostiene che occorre ripartire dai contenuti, da un programma economico chiaro da presentare gli italiani. Da parte sua, ha già cominciato a farlo: attacca Renzi sul Def e suggerisce, fra l’altro, l’idea di una cura scioccante per l’economia: 40 miliardi di tasse in meno.
Ma la questione è: chi è abbastanza credibile, e con la stoffa del leader politico, per presentare agli italiani questa e altre proposte? Chi saprebbe ridefinire una piattaforma di centrodestra in grado di contendere a Renzi il consenso dell’Italia che un tempo votò Berlusconi e che oggi appare disorientata? E poi, quesito cruciale: chi è capace di fare tutto questo senza apparire un semplice emissario del «grande vecchio» Berlusconi che da Arcore tira i fili di una successione solo apparente?
Al momento la risposta a queste domande non c’è e il vuoto a destra risulta incolmabile. O meglio: ognuno dispone di una risposta personale, al di là di una sintesi politica generale. Una risposta la dà alla sua maniera Matteo Salvini, in Veneto e altrove. Ma anche lui è stato costretto a venire a patti con la realtà. Aveva detto «mai più alleanze con Berlusconi» e invece ha dovuto accettarle per non correre troppi rischi in quel Nord-est che rischiava di diventare l’imprevedibile Caporetto leghista. Il punto è che l’intesa Forza Italia-Carroccio, peraltro contestata dalla base, appare soprattutto difensiva: indispensabile per non perdere una regionechiave come il Veneto, insufficiente e incoerente per trasmettere agli italiani il messaggio che è nata una nuova destra su scala nazionale. E infatti in Campania si gioca un’altra partita, e in Puglia — come si è detto — un’altra ancora.
Certo, anche il Pd di Renzi ha i suoi problemi sul territorio: in Liguria, ad esempio, per via della dissidenza di Cofferati; o con la candidatura «sub iudice» di De Luca fra Napoli e Salerno. Per non parlare della variabile costituita dalle inchieste giudiziarie che coinvolgono a vario titolo le cooperative. Ma Renzi, bene o male, incarna un modello politico, rappresenta uno schema acchiappa-voti. A destra invece nessuno colma il buco nero che si è aperto con la fine della stagione berlusconiana. Tanto è vero che Grillo appare in ripresa di consensi e Salvini ha portato la Lega al massimo storico.
L’altra risposta alla crisi è data da chi dice: stringiamo una forte alleanza con Renzi e mettiamo in piedi un nuovo centro-sinistra. Dove la sinistra sarebbe il Pd del premier e il centro un conglomerato di figure in cerca d’autore nonché di sigle, compreso un segmento del mondo ex berlusconiano. Gli ultimi a muoversi lungo questa linea sono Sandro Bondi e Manuela Repetti, fuoriusciti da Forza Italia. Ma in fondo si tratta della stessa posizione tenuta con scarso successo dai centristi di Alfano. Il fatto è che il «renzismo» non sta all’interno di questa cornice: non cerca i voti della sinistra per allearsi con il centro, ma vuole essere lui stesso il referente dell’Italia moderata. Rispetto a tale scenario in stile Tony Blair, né Alfano né i fuggitivi ex Forza Italia né tantomeno il superstite gruppo dirigente rimasto intorno a Berlusconi sono in grado di opporre un’ipotesi concorrenziale. E forse nemmeno vogliono.
Per ora il partito di Renzi si presenta come una grossa calamita che attira brandelli di un sistema politico frammentato e offre in cambio una dignitosa sistemazione all’ombra del Giglio. Ma forse è solo un’illusione. Il vero «partito della nazione» si vedrà al momento di compilare le liste per le elezioni politiche. Di qui ad allora molta acqua deve passare sotto i ponti. E la fine della storia non la conoscono né Renzi né a maggior ragione chi si aggrappa a lui.