martedì 28 aprile 2015

Repubblica 28.4.15
La tentazione del premier: “Senza la fiducia la minoranza scoppia”
di Francesco Bei, Goffredo De Marchis


ROMA Aspettare il voto di oggi sulle pregiudiziali di costituzionalità. Assistere allo sfarinamento della minoranza per verificare la tenuta del Pd. La tentazione di Matteo Renzi è la vittoria piena sulla legge elettorale. Ovvero, superare lo scoglio senza mettere la fiducia, affrontando senza scudi le forche caudine dei voti segreti e dimostrare l’irrilevanza dei dissidenti. «Così la minoranza finisce davvero al tappeto, scoppiano », è il ragionamento del premier. La voce di Bersani, Bindi, Fassina e Civati diventerebbe più debole, in Parlamento e nel partito. E nessuno potrebbe accusarlo di fare come Mussolini con la legge Acerbo.
La decisione finale sarà presa solo oggi, alla luce dei primi voti segreti, quelli che verificano l’aderenza dell’Italicum alla Carta costituzionale. «Scommetto che arriveremo anche sopra quota 400, avremo più voti di quelli della maggioranza », pronosticava ieri in Transatlantico il capogruppo facente funzioni Ettore Rosato. Un calcolo basato sulle voci di uno smottamento di Forza Italia, ma anche sui ripensamenti in corso in una parte della minoranza dem. A palazzo Chigi si sta monitorando minuto per minuto ciò che avviene nell’opposizione interna. Si prende atto con soddisfazione che Roberto Speranza, ormai capofila del dissenso, sta perdendo dei pezzi anche tra chi considera più vicino. I bersaniani Matteo Mauri e Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura, hanno fatto sapere di non voler mettere a rischio il governo e quindi la legge elettorale. Francesco Boccia, sempre molto critico con le politiche renziane e sostenitore delle preferenze, ha fatto di più: nel week end ha riunito la sua base in Puglia, ha messo ai voti le varie ipotesi in campo compreso il voto di fiducia. A maggioranza hanno vinto i sì a favore dell’Italicum e soprattutto del governo. Boccia si adeguerà all’indicazione dei suoi elettori.
La lettera aperta di 20 segretari regionali su 21 è un altro messaggio per chi ha ancora voglia di sfidare il leader dem. Renzi lo interpreta in questo modo: «Significa che anche la base sostiene la mia battaglia. Ormai, fiducia o non fiducia, è chiaro che non siamo attaccati alla poltrona. Se vogliono ci possono mandare a casa». Ma quella lettera aperta ha anche riflessi sulla sopravvivenza dei parlamentari in carica. In caso di elezioni, le liste elettorali le fanno i dirigenti locali. Quindi chi sgarra avrà la vita difficile sul territorio, non solo a Largo del Nazareno dove regnano i renziani. È vero che molti segretari provinciali si sono rifiutati di sottoscrivere il testo del documento. È anche vero che i capi Pd delle regioni sono stati eletti insieme al segretario nazionale perciò riflettono il risultato delle primarie largamente (70 per cento) favorevole a Renzi. Ma l’accerchiamento nei confronti della minoranza, tra minaccia del voto di fiducia, la lettera ai circoli e la missiva dei regionali, ha ormai raggiunto l’apice. Per isolare ancora di più gli irriducibili, Renzi gioca anche la carta del nuovo capogruppo. Speranza, secondo a Palazzo Chigi, ha scelto di «stare con la vecchia guardia». Ma si può cercare dentro la minoranza il suo sostituto, allargando la frattura tra dialoganti e l’ala dura. Ne farebbe le spese Rosato, il candidato in pectore che da mesi svolge la funzione di capogruppo delle tesi “renziane” a Montecitorio durante la gestione di Speranza. Rosato è vicinissimo sia a Lotti sia al vicesegretario Lorenzo Guerini. Il gioco però vale la candela, se l’obiettivo è evitare il voto di fiducia e vincere la sfida dei voti segreti, sfida che segnerebbe sul serio un colpo mortale per le voglie di rivincita del mondo anti-Renzi. Si corteggiano Enzo Amendola, responsabile Esteri, e Cesare Damiano, decisivo nella mediazione sul Jobs Act. E se ci sarà bisogno, Renzi procederà all’elezione del nuovo presidente dei deputati prima del voto sull’Italicum, certificando il patto con le colombe. Altrimenti sarà Rosato a guidare il gruppo di 310 dem nella battaglia in aula. Dunque, Luca Lotti e lo stesso Rosato aggiornano la lista dei sì e dei no, aggiungendo nomi alla prima colonna. A Renzi vengono spediti via mail gli elenchi in tempo reale con i passaggi da un fronte all’altro. Si può immaginare il successo dell’Italicum senza fiducia calcolando gli 80 voti di margine di cui gode la maggioranza di governo alla Camera. E il premier sogna una vittoria piena, che non lasci spazio a polemiche. Ma, avverte Roberto Giachetti, «in questo clima l’incidente è sempre in agguato. Non è solo un problema politico». Per questo il premier continua a pensare che «non si possono prendere rischi sui voti segreti. Non ho ancora deciso: non escludo nulla ». Quello che conta è il risultato finale, cioè portare a casa la legge elettorale entro maggio. Sapendo che al Quirinale hanno deciso di non intervenire. La posizione di Sergio Mattarella, sull’ipotesi della fiducia, è quella della assoluta neutralità. Se i regolamenti la consentono, se sul piano formale non c’è alcuna forzatura, il Colle non interverrà.