martedì 7 aprile 2015

Repubblica 7.4.15
Qualcosa sta cambiando nella vita del governo e il renzismo rischia un appannamento
Il fantasma del secondo turno si aggira nella casa dell’Italicum
Con la nuova legge i sondaggi indicano per il Pd un possibile ballottaggio
Grillo appare in ripresa e Salvini sfiora il 14% Un pericolo per il premier
di Stefano Folli


PASSATA la Pasqua, non è solo il Def il problema di Matteo Renzi. In un certo senso è come se fosse cominciata una nuova fase nella vita del governo. La nomina di Delrio al posto del centrista Lupi alle Infrastrutture ha segnato un piccolo strappo dentro la maggioranza; ora dalla scelta del nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio verrà, con ogni probabilità, un altro indizio che qualcosa sta cambiando. La questione è quella che indica oggi Ilvo Diamanti: la solitudine del premier, una solitudine che va di pari passo con il rafforzamento del suo potere. Renzi sa come mettere in difficoltà amici e avversari, alleati e oppositori, ma forse è giunto il momento di guardare oltre la tattica e la propaganda. I provvedimenti del governo hanno avuto un impatto psicologico nell’opinione pubblica, ma le cifre dell’economia restano incerte (vedi i dati Istat) e quindi il consenso al premier sembra incontrare le prime difficoltà. Così almeno indicano alcuni sondaggi dai quali si deduce che la percentuale del Pd si è arrestata intorno al 37-38 per cento e, anzi, ha fatto qualche passo indietro rispetto ai mesi precedenti.
Niente di realmente strano, se non fosse che questa nuova fase potrebbe essere meno favorevole a Renzi della prima, coincidente con lo slancio dei dodici mesi iniziali della sua leadership. Le inchieste sulle cooperative e sulle amministrazioni di sinistra stanno senza dubbio frenando i consensi al Pd. Sappiamo che il premier tende a riversare la responsabilità di certi rapporti opachi sulle precedenti gestioni del partito, ossia su una storia che affonda le radici nel vecchio Pci. Ma non è detto che lo sforzo di separare il passato dal presente, cioè la parabola del Pci-Pds-Ds-Pd dall’attuale «partito di Renzi», riesca a colpo sicuro. Il sentiero potrebbe farsi tortuoso.
In primo luogo ci sono i dati dell’economia, che devono ancora consolidarsi in meglio prima di dare alle persone, cioè agli elettori, la sensazione che la vita di ognuno sta mutando. Poi si affacciano le scadenze delle regionali, terreno sulla carta favorevole al premier e al suo partito, ma pur sempre un’incognita per quanto riguarda le percentuali. Infine c’è una questione di fondo che i sondaggi lasciano solo intravedere e che non va drammatizzata. Ma che non può essere ignorata nel momento in cui ci si appresta a votare la riforma elettorale, l’Italicum.
È il dato che riguarda la ripresa in atto del Movimento 5Stelle. Si parla di un 19-20 per cento all’incirca, che non è certo poco per una sigla considerata in crisi verticale. Anche questo è il segno che il «renzismo» vive un momento di appannamento. Come se il premier avesse allentato per un attimo la presa mediatica sui suoi elettori, a tutto vantaggio delle forze anti-sistema. E infatti al buon dato di Beppe Grillo fa riscontro — sempre nei sondaggi — l’ottimo risultato di Salvini: il 13-14 per cento. Tendenzialmente superiore alla percentuale di Forza Italia.
Se si guarda al ballottaggio previsto dall’Italicum e si sommano le cifre dei 5Stelle, della Lega, di un segmento almeno del partito berlusconiano allo sbando e dei Fratelli d’Italia, si ottiene un dato che non è così lontano da quello raccolto dal partito renziano più le liste minori di centrosinistra. Il che significa che un indebolimento, anche relativo, del Pd determina un rischio: al secondo turno l’opinione pubblica anti-sistema potrebbe riversare i suoi voti sulla lista che contenderà a Renzi la vittoria finale.
Non è una supposizione lontana dalla realtà, se si pensa che oggi i sondaggi danno Grillo al secondo posto. Movimento 5Stelle e Lega, da soli, raccolgono sul piano virtuale circa il 34 per cento. È una base di partenza ragguardevole, tale da rendere il secondo turno una partita aperta fra le due liste maggiori. Questo offre argomenti a quanti, dentro il Pd e fuori, vedono con scetticismo il meccanismo dell’Italicum. Che per funzionare ha bisogno di un Pd smagliante, capace di rintuzzare il fronte delle opposizioni. Non è detto che accada