La Stampa 30.4.15
Ma il malessere all’interno del Pd non indebolisce premier e partito
di Marcello Sorgi
I 38 voti mancati al primo voto di fiducia sull’Italicum, che ha visto la maggioranza renziana prevalere largamente con 352 sì, non sono un gran risultato per il fronte dei dissidenti interno al Pd. I leader della protesta si sono schierati compatti contro Renzi: da Bersani e Epifani, ex-segretari, a Bindi, ex-presidente del partito, a Letta, predecessore di Renzi a Palazzo Chigi, ai candidati sconfitti alle primarie Cuperlo e Civati, all’ex-capogruppo Speranza, all’ex-viceministro Fassina, e così via. Ma considerato che all’ultima assemblea del gruppo parlamentare erano stati in 110 a disertare la votazione (contro 190 che avevano detto di si al premier), e dopo quella riunione, da una parte e dall’altra, era partita un’azione capillare di convincimento degli incerti, alla fine due terzi degli oppositori si sono schierati con il governo e un terzo no. In aggiunta, cinquanta esponenti della minoranza, guidati dall’ex-ministro del lavoro Damiano, già fortemente contrario al Jobs Act, hanno firmato un documento in cui, pur mantenendo forti riserve sull’Italicum, prendono le distanze dal fronte del no.
Sarà interessante oggi vedere se il rifiuto della fiducia troverà altri consensi o ne perderà, ma con i numeri della prima votazione ieri a Montecitorio non c’era più nessuno a dubitare sull’esito dello scrutinio finale, quando, la prossima settimana, i deputati saranno chiamati a valutare a voto segreto il contenuto della legge elettorale. L’idea che dopo quanto è accaduto il Pd «non esista più», come ha detto il capogruppo di Forza Italia Brunetta, è lontana dalla realtà. Renzi ha subito ringraziato chi lo ha sostenuto e tramite il vicesegretario Guerini ha fatto sapere che non ci saranno conseguenze per chi si è opposto, ribadendo che esiste uno spazio per modificare la riforma del Senato nel senso, forse, di un passo indietro sull’eleggibilità dei futuri senatori, chiesto da Bersani. Tutti, nel Pd, escludono, sia la possibilità di una ricomposizione a breve, sia di una scissione. È evidente una mutazione che parte dalla periferia, dove i tentativi di mettere in difficoltà il governo non sono ben visti, e arriva al centro. Dall’approvazione dell’Italicum, Renzi uscirà rafforzato.
Post-scriptum. La parola «voltagabbana», da me usata ieri nell’editoriale per definire coloro che, pur avendo avuto un ruolo nella gestazione dell’Italicum, o avendone condiviso i principi, adesso la avversano, ha sollevato reazioni risentite. Tra le altre, quelle di Letta (che ha scritto la lettera che pubblichiamo), Bindi e Brunetta. Se il termine, che non era rivolto solo a loro, li ha offesi, mi dispiace. È chiaro che non c’è niente di personale.