venerdì 24 aprile 2015

La Stampa 24.4.15
Preoccupa la ripartizione dell’accoglienza
Renzi ha apprezzato: «Nessuno può obbligare gli Stati membri ad accogliere i migranti»
di Guido Ruotolo


Le lancette del tassametro degli sbarchi, delle segnalazioni, dei salvataggi inesorabilmente continua ad andare avanti. Mentre i Paesi Ue solidarizzano, discutono, approfondiscono i problemi siamo già arrivati (ieri pomeriggio) a 25.480 arrivi. Che vuol dire 3.070 persone in più rispetto all’anno scorso.
Ma le decisioni che arrivano alle nove di sera, incupiscono la prima linea del Viminale che è al fronte, che deve salvare e assistere il popolo dei migranti e dei rifugiati che sbarca in Europa, cioè in Italia. Perché l’Europa vuole mandare task force di Frontex per le fotosegnalazioni degli immigrati. Quasi censurando evidentemente il lavoro fin qui svolto dagli italiani.
Nel paniere dell’Europa solidale c’è soprattutto il potenziamento di Triton. Non si può dire ma nei fatti è una Mare Nostrum bis. È vero che l’operazione promossa da Frontex rimane una operazione di pattugliamento delle frontiere europee, quindi dell’Italia. Ma più mezzi e quindi più navi rispetto a quelle attuali comporta una maggiore capacità di salvare vite umane. La legge del mare impone il salvataggio di vite umane e dunque è un imperativo prestare soccorso laddove venga richiesto.
Preoccupano il Viminale i termini in cui sarà ripartito il carico dell’ospitalità. Nei dieci punti fissati per la discussione dei capi di governo della Ue, si accennava a 5.000 presenze da distribuire tra i Paesi europei. Di fronte a una ragionevolissima stima di 200.000 arrivi nel 2015, è giusto che sia l’Italia a doversene fare carico? Certo è che per la prima volta l’Europa affronta il tema anche se «simbolicamente»: «Finalmente - dice una fonte del Viminale - si incrina il muro granitico di Dublino, che imponeva che fosse il Paese d’arrivo la destinazione dei richiedenti asilo». Addirittura la Ue alza il tetto a 10.000 richiedenti asilo per il loro reinsediamento. Cioè non è detto che i «fortunati» siano quelli arrivati in Italia.
Fare la guerra agli «schiavisti del XXI secolo» significa essere consapevoli che «non si può lasciare il lavoro a metà», per dirla con una fonte di Palazzo Chigi. Se l’Europa si impegnerà a trovare una cornice di legittimità internazionale per fare operazioni mirate in Libia, e se si dovesse procedere senza il consenso del governo di Tobruk e con il dissenso di Tripoli, le condizioni di vita degli immigrati diventerebbero insostenibili. E dunque l’Italia vuole affrontare il problema.
Distruggere il naviglio degli «schiavisti del XXI secolo» è una decisione impegnativa, le cui modalità dovranno essere studiate e proposte dall’Alto rappresentante della politica estera, Federica Mogherini. Decidere se mandare in Libia per «dei blitz toccata e fuga» guastatori in grado di individuare e distruggere le basi e i mezzi dei trafficanti è una scelta impegnativa che dovrebbe avere il consenso del governo libico. Ma quale? Quello di Tripoli islamista, o quello di Tobruk che la comunità internazionale riconosce? Intanto, i nostri mezzi continuano a salvare vite umane e, in condizioni di piena sicurezza, stiamo già provvedendo a neutralizzare i traghetti dei viaggi della morte, affondandoli dopo il salvataggio.