domenica 19 aprile 2015

La Stampa 19.4.15
Quell’anticipo di 25 Aprile
di Lorenzo Mondo

Mentre s’infittiscono, nel settantesimo compleanno, le commemorazioni della guerra di liberazione, sono ricondotto a parlare della Resistenza quale apparve ai miei occhi di ragazzo, in Monferrato. Sono fatti e immagini che si sono impressi profondamente nella mia memoria e capaci forse, per quanto minimi, di restituire un clima, il colore di una stagione. Il primo partigiano - una vera e propria apparizione - lo vidi scendere da un dosso, in piena campagna: portava calzoncini, scarponi e una camicia rossa, reggeva pendula una mitraglietta. I graffi alle gambe, gli sguardi mobilissimi e ansiosi lasciavano supporre che fosse sfuggito a un rastrellamento. Il secondo partigiano me lo trovai in casa, invitato a fare un boccone di cena da mio fratello (era diciottenne e renitente alla chiamata di leva). Aveva appoggiato al muro il lungo fucile 91, l’arma del regio esercito che mi azzardai a carezzare. La circostanza mostra una diffusa familiarità con la banda che si era ormai insediata nei dintorni del paese. Si trattava di partigiani autonomi, per lo più autoctoni, il che li rendeva tollerati, se non accetti, dai contadini, nonostante le requisizioni di vitelli e cibarie.
Ma ecco, in rapida successione, un caleidoscopio di immagini. L’esibizione nella via centrale di un Bren, arrivato di fresco da un «lancio» alleato. Le detonazioni e le raffiche nella cava dove le reclute si esercitavano al tiro. Il passaggio velocissimo di autovetture zeppe di armati dalla dubbia appartenenza. E certo, i fascisti e i tedeschi acclarati, che irrompevano nel nostro cortile, scandagliavano (quel tridente piantato a più riprese nel fieno!) i possibili rifugi e talora, ammansiti, banchettavano in un profluvio di vino. Dopo avere abbattuto qualche fuggiasco in fuga sulle colline. dopo avere steso un incauto partigiano che fuggiva in sella a un motorino. All’annuncio del loro arrivo, nelle case si serravano le imposte, come davanti a un minaccioso temporale. Il 25 Aprile fu anticipato per noi dalla rovente giornata del 19. Quando forze ingenti di fascisti e tedeschi, lasciando una scia di terrore, assalirono il castello di Montemagno difeso dal mitico Tek Tek. Fu una battaglia memorabile, i partigiani riuscirono a sganciarsi perdendo un solo uomo: colpito mentre, appoggiato a un albero, sparava dalla merlatura. Il giorno dopo, fui sul luogo dello scontro, e vidi contro l’albero un ciuffo di capelli insanguinati. Passati molti anni, ritrovai quella storia e quel dettaglio nelle pagine di un romanzo. Alla battaglia di Montemagno aveva partecipato Beppe Fenoglio e ne scrisse nel postumo «Il Partigiano Johnny». Vidi, nella coincidenza, come una strizzata d’occhio, un saluto complice da parte dello scrittore che amavo.