domenica 19 aprile 2015

Il Sole Domenica 19.4.15
Il dilemma del tempo
Un confronto a più voci
di Arnaldo Benini

La contrapposizione fra teorie e interpretazioni della realtà della fisica e l’esperienza che abbiamo del mondo è all’origine di molte difficoltà. Per l’astronomo e fisico inglese Arthur S. Eddington spazio e tempo, ad esempio, sono stati mescolati dalla fisica nello spaziotempo in un modo che l’uomo «nelle sue ossa» non può accettare perché sente che tempo e spazio sono di natura diversa. Rilevante, e paradossale, è la contrapposizione fra la fisica teorica che, eliminando il presente, espelle il tempo dall’universo, e l’esperienza che uomini e animali hanno di esso. Secondo la relatività generale il passaggio del tempo non è una caratteristica oggettiva e fondamentale della realtà, ma un’etichetta arbitraria che può variare senza che cambino i fatti fisici. Le dimensioni dello spaziotempo rappresenterebbero tutti gli spazi e tutti i tempi in una singola unità immodificabile. Il senso del passaggio del tempo sarebbe un’illusione. Secondo la neurobiologia l’esperienza consapevole o inconscia (ad esempio durante il sonno) del tempo, con la sua flessibilità a seconda delle percezioni, dello stato d’animo, della riflessione, del carattere, é una delle categorie naturali senza la quale la vita non sarebbe possibile. L’evoluzione dei suoi meccanismi si rintraccia in cervelli e in sistemi nervosi minuscoli e antichi. Per saggiare il terreno di un approccio conoscitivo comune al tempo e per spiegare l’origine della contrapposizione fra fisica e neurobiologia si sono incontrati cinque filosofi della scienza, due fisici, un matematico, un cosmologo, due neurolinguisti e due neuropsicologi. Ora è uscito il testo dei loro contributi.
Ogni specialista si riferisce alla sua disciplina e l’approccio comune non è stato nemmeno sfiorato. La fisica londinese Fay Dowker ammonisce che fa parte della natura e della storia della scienza un periodo di confusione e di disaccordo sulla natura dei “fatti” quando si è alle prese con una teoria nuova, tanto più se essa potrebbe essere rivoluzionaria. Questo sarebbe lo stato attuale del dilemmma del tempo. L’incontro ha punti interessanti e verosimilmente produttivi. Nuova è la critica radicale di alcuni fisici all’espulsione del tempo dall’universo. Il fisico teorico G.F.R. Ellis, riprendendo Lee Smolin (Il Sole24Ore 5 ottobre 2014), Chris Fuchs e David Mermin, sostiene che la fisica non può continuare ad ignorare la realtà del tempo. Essa trascura un evento essenziale della neurobiologia e uno degli aspetti più incisivi dell’esperienza. Egli propone, con dettagli e analisi tecniche, una forma evolutiva dello spaziotempo che si allarga al futuro man mano che il tempo scorre. Altri (come la Dowker) concepiscono uno spaziotempo fondamentalmente atomico che comprende il passaggio del tempo nella forma di nascita di atomi. Il cosmologo inglese Edward Anderson, con molta matematica, inserisce il tempo nella relatività generale. Nessuno di loro considera il tempo nei termini della neurobiologia, cioè di un evento nervoso creato dal cervello. I neuropsicologi T. Müller e A. C. Nobre tracciano il profilo attuale della neurobiologia del senso del tempo con alcuni esempi. Se noi guardiamo una persona che parla, percepiamo l’evento attraverso meccanismi uditivi e visivi che, all’interno del cervello, elaborano gli stimoli a velocità diverse. Le informazioni acustiche e visive arrivano alla coscienza non asincrone, ma sincrone, perché la differenza temporale misurabile dell’elaborazione dei due stimoli non è percepita. Se veniamo toccati, il dato della coscienza é che noi sentiamo il toccare nel momento in cui avviene. In realtà ce ne rendiamo conto dopo circa un terzo di secondo, senza consapevolezza dell’intervallo (che sarebbe verosimilmente sgradevole) grazie alla cosidetta «compressione del tempo». L’intervallo soggettivo fra pigiare un bottone e sentire, dopo un certo tempo, un suono da ciò provocato è notevolmente inferiore a quello indicato dall’orologio. La compressione del tempo non avviene (o non nella stessa misura) se a pigiare il bottone è un’altra persona. Pigiando un bottone si provoca, dopo un certo tempo, un lampo.
Se, dopo alcune prove, l’intervallo fra pigiare e lampo è accorciato fin quasi a farli coincidere, la compressione del tempo è tale che il lampo è visto prima di pigiare il bottone. Nella percezione temporale la conoscenza preventiva avvicina l’effetto del pigiare il bottone. È esperienza comune che più a lungo s’aspetta un autobus o un treno in ritardo, più si “sente” che sta per arrivare. Come riescano al cervello calibrazioni dinamiche degli stimoli non è chiaro. Il senso del tempo di qualsiasi esperienza non é lineare perché può essere distorto secondo il tipo di percezione. Ciò è possibile grazie a meccanismi nervosi specifici che fanno del senso del tempo la realtà che conosciamo. La varietà e flessibilità del senso del tempo esclude che esso sia regolato da un unico meccanismo centrale: l’opinione corrente è che, analogamente al linguaggio, ad esso concorrano diverse aree corticali d’entrambi gli emisferi, i gangli della base e i due emisferi del cervelletto.
Una lesione del cervelletto fece di una persona sempre puntuale un cronico ritardatario. Dal momento che non esistono due cervelli uguali, il senso del tempo è diverso da persona a persona. Esistono eventi curiosi, ad esempio persone che, pur normali nel comportamento, a partire da una certa ora del pomeriggio avvertono un rallentamento del flusso del tempo che le può mettere in difficoltà o in imbarazzo. Fenomenologia e fisiologia dell’evento nervoso del senso del tempo non sono un’illusione. Il filosofo americano Nick Huggett ha ammonito che una fisica che rimetta nell’universo il tempo della neurobiologia comporta revisioni radicali della maggior parte dei suoi fondamenti matematici.
ajb@bluewin.ch

Dean Rickles, Maria Kon (Curat.) Interdisciplinary perspectives on the flow of time , Annals of the New York Academy of Sciences, New York, 1326, 1-96, 2014