giovedì 30 aprile 2015

Il Sole 30.4.15
Geopolitica. Il monarca prepara il Paese al nuovo ruolo di potenza anche militare
Re Salman «rivoluziona» la leadership saudita
Il nipote Nayef successore al trono Nominato un nuovo ministro degli Esteri
di Ugo Tramballi


Se non fosse la parola più detestata nel regno, si potrebbe parlare di rivoluzione. Il monarca ha cambiato la linea di successione dinastica, ha accelerato il passaggio generazionale dei poteri e ha modificato la postura dell’Arabia Saudita, adattandola alla nuova geopolitica mediorientale. Conseguenza di questo e del suo stato di salute, si è anche dimesso Faisal al Saud, 75 anni, da quaranta ministro degli Esteri, il più longevo protagonista della diplomazia mondiale.
Con una serie di decreti, il settantanovenne Salman bin Abdulaziz, re da poco più di tre mesi, ha tolto al fratellastro Muqrin la qualifica di principe ereditario stabilita dal re precedente, Abdullah, morto a gennaio. Al posto di Muqrin, la successione passa a Mohammed bin Nayef, 55 anni, ministro degli Interni. Vice principe ereditario diventa Mohammed bin Salman, cioè il figlio del re, ministro della Difesa, trentaquattrenne astro nascente di quella che fino ad oggi era stata una monarchia gerontocratica.
La scelta di Salman svela la profondità delle lotte di palazzo che si nascondono dietro la grande continuità del potere saudita. Fino ad ora, dal 1953 quando morì Abdulaziz, il fondatore della nazione moderna, la successione era semplice: saliva al trono il figlio più anziano. Morto un re, prendeva il suo posto il fratello o il fratellastro successivo. Abdulaziz aveva lasciato 45 figli maschi avuti da più di una ventina di mogli. Nemmeno questa regola lineare aveva impedito scontri e colpi di stato sopiti, come accadde negli anni Sessanta nel lungo confronto tra Saud e Faisal, il primo e il secondo re dopo Abdulaziz.
Ora Salman è il primo a cambiare le regole del gioco, scegliendo come suo successore Mohammed bin Nayef, figlio di suo fratello Nayef: sarà il primo monarca della nuova generazione. E fra i 7mila principi della casa dei Saud, Salman opta per una successione strettamente familiare. Non solo perché vice principe ereditario è suo figlio, il trentaquattrenne Mohammed bin Salman. Anche Mohammed bin Nayef, è figlio di un fratello, non un fratellastro di Salman: Nayef, morto nel 2012, un Sudairi, cioè uno dei sette figli che Abdulaziz ebbe da Hassa bint Ahmed del potente clan dei Sudairi.
La monarchia, il Paese, la diplomazia internazionale e i mercati petroliferi mondiali sapevano che il momento sarebbe venuto. E in qualche modo lo temevano, pensando alla stabilità del primo produttore mondiale di idrocarburi e paese cardine degli equilibri mediorientali. Morto Salman, che ha 79 anni e non gode di una salute di ferro, l’Arabia Saudita si troverà davanti al suo primo vero grande cambiamento dinastico e la disciplina nella pletorica casa reale non è garantita.
Le scelte di Salman puntano a una stabilità a lungo termine, data l’età dei due eredi designati; guarda alla geopolitica della regione e al nuovo ruolo che l’Arabia Saudita intende avere. Mohammed bin Nayef è il ministro degli Interni, come lo fu il padre: addestrato da giovane dall’Fbi, è un implacabile nemico di al-Qaida e di tutti gli estremismi militanti. Il giovane Mohammed bin Salman è ministro della Difesa del paese che da due anni è il principale acquirente nel mercato mondiale delle armi.
L’alleanza con gli Stati Uniti non è in discussione: il nuovo ministro degli Esteri al posto di Saud al Faisal è l’attuale ambasciatore a Washington, Adel al-Jubeir: tra l’altro il primo tecnocrate (come già i ministri del Petrolio e delle Finanze) in un ministero sempre occupato da un membro della famiglia reale. Ma gli Stati Uniti hanno fatto più di un passo indietro nella regione e l’Egitto non è più la potenza militare del Medio Oriente sunnita. Le vicende dell’ultimo ventennio e il caos provocato dalle Primavere hanno tolto di mezzo le potenze arabe che per oltre mezzo secolo avevano dominato la regione: la Siria, l’Iraq e, appunto, l’Egitto.
Oggi l’Arabia Saudita è in guerra nello Yemen, in Iraq e in Siria; contende agli sciti il controllo del Libano e finanzia la sopravvivenza del regime egiziano dell’ex generale al Sisi; è il garante dell’ordine negli emirati del Golfo e non ha più un paese certo al quale affidare la sua sicurezza, come accadeva dal 1932, quando nacque il regno. Gli impegni politici e militari, una diplomazia sempre più assertiva, l’aumento delle spese militari, l’accettazione della sfida iraniana per la supremazia, segnalano che l’Arabia Saudita non intende più limitarsi ad essere con i suoi petroldollari l’ufficiale pagatore della regione né solo la guida morale che controlla i luoghi più santi dell’Islam. Con le sue ultime scelte, Salman attrezza la guida politica che dovrà governare il nuovo primato saudita.