Il Sole 29.4.15
La Cina segue le orme della Bce
Politica monetaria. La Banca del Popolo corre in soccorso delle province indebitate con un’operazione molto simile alle aste di liquidità Ltro a lungo termine del 2011
di Riccardo Sorrentino
La Cina imita la Banca centrale europea. La Banca del popolo di Pechino intende lanciare un’iniziativa simile agli Ltro di Francoforte, le maxiaste di liquidità a a lungo termine, per finanziare le province in difficoltà e i loro investimenti in infrastrutture.
L’iniziativa è stata paragonata anche ai quantitative easing della Fed, della Bank of England e della stessa Bce, ma al di là di qualche somiglianza tecnica ha obiettivi diversi. Il problema da risolvere è quello delle autorità locali, che negli anni scorsi hanno creato delle società-veicolo finanziarie che si sono fortemente indebitate con le banche a breve termine - a giugno 2013 l’esposizione era di 16mila miliardi di renminbi, 2.360 miliardi di euro, e a tassi di interesse relativamente alti. Solo quest’anno è previsto il rimborso di 1.900 miliardi di renminbi, circa 280 miliardi di euro.
Una prima soluzione è stata annunciata un mese fa, ma ha fallito l’obiettivo. Il ministero delle Finanze di Pechino aveva infatti autorizzato le province a trasformare una prima tranche di questi debiti, da mille miliardi di renminbi, in bond di tipo “municipale”, a lunga durata e a rendimenti più bassi. Le banche, però, non hanno gradito e almeno due aste di emissione sono state rinviate per la limitata domanda.
La Banca del Popolo cinese ora vuole rendere questi bond più appetibili. L’idea - che è trapelata sulla stampa locale - è di renderli consegnabili in pegno, come collaterali, nelle aste di liquidità a lungo termine; oppure di effettuare un vero e proprio swap tra liquidità a lungo termine e bond locali. Funzionari a Pechino hanno ricordato, come precedente, gli Ltro lanciati dalla Bce a fine 2011: anche in quel caso le banche potevano conseguare titoli pubblici in pegno per ottenere prestiti di liquidità a tassi molto bassi.
Alcuni analisti hanno inoltre paragonato questa iniziativa al quantitative easing (qe), perché la consegna di questi bond come collaterali determinerà un aumento delle dimensioni del bilancio e della base monetaria della Banca del popolo. In realtà, la banca centrale di Pechino resterà passiva nei confronti delle banche, mentre il qe consiste in un’attività di acquisti che portano gli attivi del bilancio al livello desiderato dall’autorità monetaria.
Senza contare che nel sistema cinese sono piuttosto gli acquisti di valuta straniera, necessaria per evitare un eccessivo appressamento del renminbi, a governare le dimensioni del bilancio della Banca del Popolo.
L’operazione ha come obiettivo finale quello di stimolare l’attività economica. Il Pil della Cina è molto rallentato, anche per una scelta consapevole del governo di Pechino che intende riequilibrare il paese e le sue fonti di crescita a favore dei consumi: ancora nel 2010, cresceva del 10,4% annuo, quest’anno potrebbe decelerare, secondo le stime dell’Fmi, fino al 6,8% per passare al 6% nel 2017 e negli anni successivi. Il rischio, però, è che la situazione sfugga al controllo e l’economia subisca un “atterraggio duro”, un hard landing: in sostanza una crisi, resa possibile anche dalla difficile situazione del credito.
Per scongiurare questo scenario, negli ultimi due mesi, la politica monetaria cinese è stata molto espansiva. La riserva obbligatoria delle banche è stata ridotta due volte, fino al 18,5% dei depositi (contro un minimo del 2006 al 7,5%), per stimolare il credito e i tassi di interesse sono quindi calati, pur restando piuttosto elevati: 3,25% il tassi sui depositi, 5,35% quello sui crediti (sicuramente lontano dal livello zero che potrebbe far parlare di quantitative easing). La nuova iniziativa, quasi più fiscale che monetaria anche se presa dalla banca centrale, ha invece l’intenzione di evitare la brusca interruzione dei progetti di investimenti pubblici delle province.