Il Sole 26.4.15
Austerity e investimenti
Il paradosso della parsimonia
di Paul Krugman
Come ha fatto notare l’economista Francesco Saraceno, il dipartimento di ricerca del Fondo monetario internazionale, che è sempre stato eccellente, da quando è arrivato Blanchard è diventato una straordinaria fucina di informazioni e idee. In particolare, ormai, il World Economic Outlook, che esce due volte l'anno, fornisce quasi immancabilmente intuizioni nuove e di alto profilo su come funziona il mondo. E l’ultima edizione non fa eccezione.
La grande novità di questo World Economic Outlook sul piano del dibattito intellettuale è il capitolo 4, che si concentra sugli investimenti privati . Come osserva il rapporto, la debolezza degli investimenti delle imprese è una delle principali ragioni della debolezza economica globale. Perché le imprese investono così poco?
In generale, ci sono due opinioni al riguardo. Una è che sia un problema di carenza di fiducia da parte delle imprese, motivata dalle prospettive incerte dei bilanci pubblici, dall'incapacità di fare le riforme strutturali necessarie e magari addirittura dai discorsi sconsiderati dei politici.
L'altra opinione è gli investimenti delle imprese sono fiacchi perché l'economia è fiacca. In particolare, la tesi è che gli effetti degli sforzi delle famiglie per ridurre l'indebitamento e la stretta sui conti pubblici abbiamo prodotto un rallentamento della crescita, che ha ridotto gli incentivi a incrementare la capacità produttiva – l'effetto «acceleratore» – e ha portato a un basso livello di investimenti che ha ulteriormente frenato la crescita.
Il Fmi si pronuncia con forza per la seconda ipotesi. Anzi, osserva che gli investimenti hanno tenuto un po' meglio di quello che ci si sarebbe potuti aspettare di fronte alla debolezza dell'economia.
Ma aspettate, non è tutto.
Per affrontare il problema della retrocausalità – meno investimenti possono causare crescita debole, e viceversa – il Fmi adotta un approccio delle «variabili strumentali». Approssimativamente parlando, il Fondo va a cercare episodi di crescita debole che sono chiaramente originati da altri fattori, per essere sicuro che il calo degli investimenti sia un effetto e non una causa. E lo strumento che il Fondo usa è il risanamento dei conti pubblici: in altre parole, trova casi in cui il taglio della spesa pubblica o l'aumento delle tasse, o tutte e due le cose, deprimono la domanda e di conseguenza gli investimenti.
Quello che il Fondo non dice esplicitamente è che usando questa procedura riesce, en passant, a confutare una convinzione molto diffusa (ma falsa) sui deficit di bilancio e a confermare una tesi keynesiana fortemente contestata.
La falsa convinzione è che i deficit di bilancio «estromettono» (crowd out) necessariamente gli investimenti, e che quindi riducendo il deficit si libererebbero fondi che portano a maggiori investimenti. Non è così, dice il Fmi: quando i Governi introducono misure per la riduzione del deficit, gli investimenti scendono invece di salire, e questo indica che i deficit non estromettono gli investimenti, al contrario.
C'è anche un altro modo per guardare alla faccenda: quando i Governi introducono misure di austerità, l'obbiettivo è ridurre l'indebitamento netto, in pratica incrementare il tasso di risparmio.
Quello che ci dice il Fmi è che questi sforzi per incrementare il risparmio in realtà portano a una riduzione e non a un aumento degli investimenti, e visto che i risparmi sono pari agli investimenti, i risparmi in realtà diminuiscono. Insomma, siamo di fronte a una conferma empirica della veridicità del paradosso della parsimonia!
(Traduzione di Fabio Galimberti)