venerdì 10 aprile 2015

Il Sole 10.4.15
Custodia cautelare. Il carcere diventa un’eccezione

Riforma approvata definitivamente dal Senato: la detenzione sarà prioritaria solo per mafia o terrorismo
In tutti i casi in cui finora era obbligatorio il giudice dovrà motivarne la necessità
Milano
di Giovanni Negri


Custodia cautelare solo in casi estremi. Con rafforzamento delle misure alternative e obblighi di motivazione più stringenti da parte dei giudici. Il Senato ha approvato ieri definitivamente il disegno di legge di riforma. In nome di un principio di civiltà, il carcere solo come misura estrema, e di una realtà tutta italiana (quasi il 35% dell’intera popolazione carceraria, 18.622 detenuti, è in attesa di giudizio e, dal 1991 lo Stato ha pagato più di 600 milioni di euro per l’ingiusta detenzione di circa 20mila persone anche per effetto di sentenze di assoluzione).
Esulta il ministro della Giustizia, Andrea Orlando: «È un provvedimento di grandissima importanza, che rafforza la riforma che stiamo portando avanti» sulle carceri e «consente di dare una risposta ulteriore e definitiva alla questione sollevata dalla Corte di Strasburgo» in materia di sovraffollamento carcerario.
La Corte di Strasburgo aveva condannato l’Italia per il sovraffollamento, chiedendo l’adozione di misure di contrasto. L’Italia ha presentato un piano che è stata valutato positivamente nel giugno 2014 e su cui c’è l’impegno di un’ulteriore verifica entro giugno di quest’anno in sede europea. «A maggio - ha infatti annunciato Orlando - mi recherò al Consiglio d’Europa per illustrare definitivamente i risultati ottenuti nel corso di quest’anno».
Risultati che hanno consentito di diminuire la popolazione carceraria e di aumentare il ricorso alle pene alternative. «Uno scenario nuovo, rispetto al quale c'è però ancora da fare in particolare riguardo all’esecuzione della pena», ha detto il ministro, che ha ringraziato il Parlamento per aver rispettato la tabella di marcia fissata sulla custodia cautelare.
Nel merito, il provvedimento esclude qualsiasi applicazione automatica della custodia cautelare, considerandola la “prima scelta” solo per mafia e terrorismo. In tutti gli altri casi, per i quali oggi è comunque prevista la presunzione dell’adeguatezza del carcere (reati a sfondo soprattutto sessuale), andrà motivata da parte del giudice la necessità della misura.
In generale, per giustificare il carcere, il giudice non potrà avere come punto di riferimento la gravità del delitto e le modalità della sua esecuzione. Per potere privare della libertà una persona, un peso maggiore andrà attribuito a elementi come i precedenti, la personalità, la condotta. Inoltre, il pericolo di fuga o che il reato possa essere ripetuto dovrà non solo essere concreto, ma anche attuale. Il carcere, poi, sarà possibile solo quando altre misure, come quelle interdittive (sospensione dall’esercizio della professione o di un’attività imprenditoriale, dalla potestà di genitori, dall’esercizio di un pubblico ufficio), o coercitive (arresti domiciliari, per esempio), sono impraticabili. In più, se le esigenze cautelari vengono ad aggravarsi, diventa anche possibile il cumulo di una pluralità di misure.
Più volte, anche da parte della Cassazione, è stata poi sottolineata la necessità per i giudici di non appiattirsi sulle richieste dei pubblici ministeri. La legge approvata ieri stringe le maglie sulle motivazioni. E lo fa sottolineando che non potranno più essere richiamati gli atti dell’accusa nelle decisioni sul carcere e che, anzi, andrà spiegato perchè le argomentazioni della difesa sono state ignorate.
Il Tribunale della liberta avrà poi tempi perentori per decidere e depositare le motivazioni, in caso contrario la misura cautelare perderà di efficacia. Misura che, salvo eccezionali esigenze, non potrà più essere rinnovata. Il collegio del riesame dovrà inoltre annullare l’ordinanza (liberando l’accusato), e non come oggi integrarla, quando il giudice non abbia motivato il provvedimento cautelare o non abbia valutato autonomamente tutti gli elementi. Tempi più certi anche in sede di appello cautelare e in caso di annullamento con rinvio da parte della Cassazione.
Quanto alle misure interdittive, si prevede:
la perdita di efficacia decorso il termine stabilito dalla relativa ordinanza;
l’aumento da 2 a 12 mesi della durata massima delle misure stesse;
la loro possibile rinnovazione per esigenze probatorie non oltre il limite di durata massima.
A uscire rafforzate ci sono poi anche misure. Come gli arresti domiciliari, la cui trasgressione, se lieve, non può essere - sottolinea la legge - la sola ragione per la revoca e il ripristino della custodia in carcere.