Il Sole 10.4.15
Le prossime insidie del Governo tra tensioni sul rimpasto e numeri risicati al Senato
di Lina Palmerini
Il rimpasto può attendere. Messa a posto la casella di Palazzo Chigi con Claudio De Vincenti, per Renzi resta aperta la partita con Alfano. E si apre anche un altro fronte: i numeri risicati al Senato che mettono a rischio il Governo sull’ordinaria amministrazione. Cominciamo dal braccio di ferro con Ncd che ha a che fare con il timore che il premier voglia annettersi pezzi del partito, un po’ come è successo con Scelta civica. Un timore che confligge con una scommessa che Alfano sta tentando con le prossime regionali: costruire l’embrione di un nuovo centro-destra, una sorta di Ump italiano che però non ha ancora un Sarkozy.
Il primo test è riuscire a spuntare percentuali intorno al 10% in Puglia, in Campania e nelle Marche per dare qualche consistenza al progetto. A questo si sta dedicando Gaetano Quagliariello e si capisce perché abbia respinto l’offerta di Renzi di prendere il posto di Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato, che sarebbe stata trasferita a Palazzo Chigi per fare spazio al senatore Ncd. Spazio che lui non ha voluto e che ha spalancato le porte a De Vincenti. Restano le due offerte di Governo che il premier ha messo sul piatto: sottosegretario alle Infrastrutture e gli Affari regionali. Il punto è che Renzi vuole scegliersi i nomi dentro Ncd e che Alfano resiste per evitare che il premier, prima o poi, li annetta al Pd sbaraccando il progetto di centro moderato.
È chiaro che per il leader Pd il migliore scenario possibile è di avere all’opposizione solo Grillo o Salvini - e lavora per questo - ma tra Alfano, Fitto e Tosi il cantiere è aperto. Sembra che Raffaele Fitto possa formare i suoi gruppi in Parlamento anche prima delle regionali. E che potrebbe farlo anche Flavio Tosi. E soprattutto si aspetta il big bang di Forza Italia dopo le urne di maggio. È chiaro che se resta in piedi il tentativo, quando ci saranno le elezioni nazionali, Alfano si dimetterà dal Governo. E così dovranno fare gli altri ministri per non lasciarlo solo. Dunque, servono fedelissimi e per questo Alfano, finora, non ha ceduto sui nomi.
Ma il Governo ha i suoi problemi anche oltre Ncd. Sono i passaggi parlamentari, soprattutto quelli sull’ordinaria amministrazione - e soprattutto al Senato - a preoccupare. Lo segnalava, ieri, una e-mail di Luigi Zanda. Per una distrazione potrebbe saltare il Governo: era un po’ il succo delle parole del capogruppo Pd al Senato che ha scritto a tutti i senatori democratici. Forse il tono era meno allarmistico ma il senso era dare la “sveglia” dopo che nelle ultime votazioni si è sfiorato il rischio di mandare sotto il Governo. Qualche settimana fa sul provvedimento anti-corruzione, passato per soli tre soli voti, mentre ieri sul provvedimento della pubblica amministrazione si è andati avanti con appena 122 voti. Pochini. Il fatto è che i senatori Pd si cullano sulle assenze degli altri. Ma tra una decina di giorni si aspetta un passaggio che Giorgio Tonini, senatore e membro della segreteria Pd, descrive come «il mio peggiore incubo notturno»: il voto sul Def che sarà intorno al 20 aprile. Bene, lì serviranno 161 voti, ben 40 in più di ieri. È quello che richiede l’articolo 81 sul pareggio di bilancio e, siccome il Def lo rinvia di un anno, la modifica può passare solo se a votarla è la maggioranza assoluta dei componenti del Senato.
Ora è chiaro che sui provvedimenti importanti o sui voti di fiducia Renzi non rischia niente. Ma è nell’ordinaria amministrazione che si nasconde l’insidia dell’inciampo, della distrazione, di un eccesso di relax.