il Fatto 2.4.15
Il sociologo Luca Ricolfi
“Non si gioca così coi dati solo per un tweet”
intervista di Cdf
Sì,
mi sono accorto del putiferio”. Luca Ricolfi, sociologo che insegna
analisi dei dati all’Università di Torino, responsabile della fondazione
Hume ed editorialista del Sole 24 Ore non è stupito dalla figuraccia
incassata dal governo sui dati dell'occupazione. Giovedì scorso, il
ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha parlato di 79 mila contratti
stabili in più a gennaio-febbraio 2015, rispetto al 2014”. Salvo poi
ridimensionare non poco le cifre dopo essere stato chiamato in causa da
Ricolfi con un editoriale apparso domenica scorsa. Come in passato,
infatti, il ministro si era dimenticato di comunicare anche i contratti
nel frattempo cessati.
Lei ha parlato addirittura di “segnali di fumo” mandati dal governo.
Perché c'erano numerose anomalie in quei dati comunicati alla stampa da Poletti.
Quali?
Mancava
quasi tutto. I dati ufficiali sono trimestrali e relativi a tutti i
tipi di contratti e di settori, e inoltre includono anche le cessazioni.
I dati forniti dal ministro nei giorni scorsi, invece, ignorano le
cessazioni, sono al netto del lavoro domestico e della Pubblica
amministrazione e sono lacunosi (ci sono certi mesi dell’anno e non
altri).
Com’è possibile che un ministro arrivi a comunicare solo dati parziali, peraltro senza metterli per iscritto?
Perché,
come quasi tutti i politici, pensa che avere per un giorno i titoli dei
giornali faccia bene alla salute dell’anima e porti voti al partito.
Tanto poi se i dati sparati senza controllo vengono smentiti, quasi
nessuno si premura di dargli altrettanta visibilità.
Poletti ha mentito deliberatamente?
Non
credo vi sia alcun dolo, ma solo approssimazione, sciatteria,
superficialità e disorganizzazione degli uffici. Io immagino una catena
di comando di questo tipo (ma è solo una congettura) :
Renzi a Poletti: “Mi trovi qualche dato di cui possa entusiasmarmi con un bel tweet? ”
Poletti
ai suoi: “Mi tirate fuori dall’archivio delle comunicazioni
obbligatorie qualche dato che faccia vedere che il Jobs Act funziona? ”
Funzionario
agli informatici: “Andate un po’ a vedere se i dati delle assunzioni di
gennaio-febbraio 2015 sono meglio di quelli di gennaio-febbraio 2014”.
Informatico: “Eureka, abbiamo un incremento a doppia cifra! ”. Fine della catena, il tweet di Renzi è servito.
È un problema di malafede, di propaganda o di incompetenza dei membri del governo?
Si
tratta di un mix di spocchia e di ingenuità: spocchia perché si prende
la gente per abbindolabile, ingenuità perché a nessuno dello staff di
Poletti è venuto in mente di chiedere all’Istat se per caso non stavano
per uscire dati che avrebbero fatto fare una brutta figura al ministro.
Perché
molti grandi giornali (Repubblica, La Stampa, Corriere) sono così
acquiescenti con la pessima abitudine di “sparare” dati incompleti e
piegare i numeri solo per ottenere un beneficio immediato?
Perché
la maggior parte dei giornalisti non è in grado di valutare le
statistiche, e la maggior parte dei quotidiani italiani sono
istintivamente prudenti verso il governo in carica, quale che sia il suo
colore politico. Ed è quello che sta avvenendo anche in questi mesi.
Quasi nessuno dei grandi giornali si erge davvero a cane da guardia del
potere e difficilmente la realtà emerge con chiarezza.
Basta diffondere ottimismo statistico per rassicurare l'opinione pubblica?
L’opinione
pubblica, sfortunatamente, è distratta e interessata a cose più
frivole. Ed è facilissimo farle credere quel che si vuole se la stampa
non è severa e molto competente.
Dai dati di ieri si evince quello
che si temeva: buona parte dei contratti sono stabilizzazioni di
contratti precari, e l'effetto rimbalzo è dovuto alla corsa ai generosi
incentivi. Il Jobs Act creerà davvero molti posti di lavoro, come
sostiene il governo?
Secondo me ne creerà pochi, e per poco tempo.
Nel 2015 avremo una bolla occupazionale (perché l’incentivo scade il
prossimo 31 dicembre), ma nel 2016 saremo daccapo. Per questo, dalla
Fondazione Hume e dalla Stampa, abbiamo proposto il Job Italia, un
contratto che premia solo le aziende che aumentano l’occupazione e non
costa nulla allo Stato. Ma è stato completamente ignorato dal governo.