sabato 4 aprile 2015

Corriere 4.4.15
Renzi non teme la fronda interna Aperture solo sul nuovo Senato
Italicum intoccabile
di Maria Teresa Meli


ROMA «La situazione si sta stabilizzando»: Matteo Renzi ne è convinto. In questi ultimi due giorni, prima di partire per le vacanze pasquali a Pontassieve, il premier ha fatto il punto con i collaboratori e i ministri più fidati.
«La congiuntura economica — è stato il succo dei suoi ragionamenti — sta cominciando a essere favorevole. Il centrodestra è diviso, non parliamo poi della nostra minoranza. I grillini in Parlamento continuano ad avere dei problemi. Perciò, avanti così fino al 2018».
Il che significa, naturalmente, «tirare dritto» sull’Italicum. Anche perché i suoi avversari dentro il Pd sembrano sempre meno propensi a seguire la linea di Bersani, il quale, peraltro, sta meditando di chiedere di essere sostituito in commissione Affari costituzionali dove l’8 febbraio approderà la riforma elettorale. E comunque, una parte considerevole della minoranza sta riflettendo sull’opportunità di fare dell’Italicum la madre di tutte le battaglie, visti quelli che il presidente del Consiglio definisce «gli ampi margini» della maggioranza su questa legge.
I toni, comunque, fatta eccezione per coloro che ormai vengono considerati dai renziani «già con le valigie in mano», si sono fatti meno aspri. Dentro Area riformista si moltiplicano le voci di chi propone una tregua. Persino un bersaniano doc come Davide Zoggia osserva: «Bisogna abbassare anche da parte nostra i toni». Nella minoranza si sta facendo pure strada l’idea di puntare più sul ddl costituzionale che sull’Italicum, pur senza rinunciare alla richiesta di modificare la legge elettorale.
Al Senato, infatti, i margini sono più risicati e secondo la minoranza sarebbe più facile ottenere delle modifiche. Ufficialmente, per la verità, la linea del segretario è di non toccare nemmeno quel provvedimento, ma c’è chi dice che, alla fine, potrebbero arrivare delle aperture, ma solo dopo che l’Italicum è passato.
Insomma, la legge elettorale non sembra turbare i sonni del presidente del Consiglio, il quale è convinto di «portare a casa il risultato» prima delle regionali.
Anche l’ultimo sondaggio riservato della Swg, che arriva settimanalmente al Nazareno e sul tavolo di Renzi, parrebbe confortante. Come ha spiegato il premier ai collaboratori non sembra «registrare nessun effetto negativo» degli ultimi scandali giudiziari. Secondo quei dati il Partito democratico è in crescita rispetto alle ultime settimane. Mentre i giudizi sull’efficacia dell’esecutivo sono immutati e lo stesso dicasi della fiducia degli intervistati nel governo (che è al 37 per cento).
Stando così le cose, il premier potrebbe procedere alla nomina del sostituto di Graziano Delrio già nel Consiglio dei ministri di martedì prossimo. Usando, come nello scopone, la tecnica da lui più volte utilizzata dello «spariglio», Renzi ha ristretto la scelta del futuro sottosegretario alla presidenza del Consiglio a tre nomi che nulla hanno a che vedere con il mondo a lui più vicino. Non è una mossa casuale la sua. Se prima il premier e i fedelissimi formavano una sorta di truppa d’assalto che doveva combattere praticamente contro tutti (i grandi burocrati, innanzitutto) per impratichirsi dei meccanismi del governo, adesso che, per dirla con Renzi, «la situazione si sta stabilizzando», le cose sono cambiate.
Il presidente del Consiglio ora può strutturare la squadra con maggiore tranquillità. Ecco perché i nomi di Valeria Fedeli, ex Cgil, vice presidente del Senato; Claudio De Vincenti, vice ministro allo Sviluppo Economico, che in passato non aveva fatto mistero delle sue simpatie bersaniane; Ettore Rosato, il vice vicario di Speranza, franceschiniano, che per Renzi ha svolto un grandissimo lavoro nel gruppo.
Quanto alla scelta del segretario generale di Palazzo Chigi, quella sembra già cosa fatta. Sarà Paolo Aquilanti, attuale capo dipartimento del ministero delle Riforme, gran conoscitore di tutti i meccanismi legislativi, proveniente anche lui, come Fedeli e De Vincenti, da un’esperienza di sinistra. Più spariglio di così...