lunedì 20 aprile 2015

Corriere 20.4.15
Marek Halter
«Le nostre società stanche sono ormai incapaci di un gesto di altruismo»
intervista di Stefano Montefiori


PARIGI «Negli anni Settanta, quando scoppiò la crisi dei boat people vietnamiti e la gente annegava nei mari del Sud, con Bernard Kouchner e Yves Montand tra gli altri abbiamo affittato una nave e siamo partiti per andare a salvare dei naufraghi. Oggi nessuno pensa di mobilitarsi per fare un gesto del genere a due passi da qui, nel Mediterraneo. Lo trovo straordinario».
Lo scrittore Marek Halter, 79 anni, co-fondatore di Sos Racisme, parla della nota impotenza dell’Europa, della distrazione dei cittadini (abitanti di Lampedusa a parte), e in particolare della mancata mobilitazione dei musulmani.
Le crisi umanitarie ci hanno stancato?
«Le nostre società sono vecchie e stanche, ma quel che mi sorprende di più è che anche i musulmani che vivono qui in Europa sembrano non accorgersi di quel che sta succedendo nel Mediterraneo. Gli slanci di solidarietà scattano magari per Gaza o per altre crisi dal forte contenuto ideologico, ma nessuno che abbia pensato di attivarsi, prendere delle barche e andare ad aiutare i pescherecci che si ritrovano a caricare decine di naufraghi morenti ogni giorno. Eppure questi poveretti sono in gran parte correligionari islamici. Oltre al gesto di altruismo, pensate che avventura personale sarebbe, per tanti ragazzi delle banlieue».
Non sono le istituzioni a dovere agire per prime?
«Un’emergenza epocale simile non può essere gestita solo dalla marina italiana o dalle istituzioni europee. Mi dico che anche io dovrei fare qualcosa, allo stesso tempo ho una certa età e forse sono stanco. Ma dove sono quelli che dovrebbero prendere il testimone? Perché nessuno, neanche i musulmani, pensa ad andare a salvare i boat people del Mediterraneo?».
Oltre alla tragedia di centinaia di morti innocenti, quali sono le conseguenze di questi tentati sbarchi?
«Non abbiamo le prove, ma è lecito sospettare che a organizzare o almeno a incoraggiare le traversate siano elementi di Daech (lo Stato islamico, ndr ) che hanno preso il controllo delle coste libiche. Che i migranti innocenti muoiano a centinaia o riescano a raggiungere l’Europa, per i terroristi è comunque un modo per sfidarci e mettere in crisi ancora di più il nostro modo di vivere. Spendiamo già miliardi per la sicurezza negli aereoporti, nelle scuole. Ci costringono a cambiare vita, e sperano che i nuovi arrivi provochino xenofobia, tensioni, magari scontri tra europei e immigrati . La mia paura più grande è la guerra di religione».
Crede che l’incremento degli arrivi faccia parte di una strategia?
«Lo temo. I terroristi islamici sono barbari, malvagi, ma non stupidi. La loro logica è la guerra di religione, applicata persino ai barconi dei migranti, con il caso dei musulmani che hanno buttato a mare i cristiani. Spero che gli ebrei come me e i cristiani non cadano nella trappola. L’ho detto anche a papa Francesco: “non riusciranno a trasformarci nell’Occidente di Urbano II, il Papa delle Crociate”. I terroristi usano la tattica stalinista della provocazione e della quinta colonna alla Comintern, sfruttano ogni occasione — adesso è l’immigrazione — per scatenare il caos e provare a radicalizzare finalmente i milioni di musulmani che vivono in pace con noi».
Che succederà adesso?
«Non lo so, posso dire però che mi piacerebbe vedere i miei amici musulmani prendere l’iniziativa. Dovrebbero girare dei video in cui li si vede salvare dei naufraghi, altro che le immagini dei tagliatori di teste. Non è Voltaire che dobbiamo brandire di fronte al Corano. Quel che serve è Corano contro Corano, Allah contro Allah».