giovedì 16 aprile 2015

Corriere 16.4.15
La Resistenza fuori dagli schemi
Storia di piccoli e grandi eroismi
di Pierluigi Battista


Donne, studenti, contadini, militari: Aldo Cazzullo racconta la coralità della lotta
L a Resistenza di questo nuovo libro di Aldo Cazzullo, Possa il mio sangue servire (Rizzoli), è il racconto di una comunità intera, non l’epopea di un’esigua minoranza. È la rappresentazione di un sentimento corale che cementa l’appartenenza nazionale e ricostruisce il senso di uno stare insieme sulle macerie di una dittatura che tramonta, sul ritorno della libertà, sul riscatto per le persecuzioni inflitte e che avevano macchiato il nome e la reputazione dell’Italia. È una Resistenza di uomini e donne comuni, non di eroi dalla forza sovrumana.
Siamo abituati all’iconografia di una Resistenza armata e ideologicamente strutturata. Alle immagini dei «ribelli» con i mitra in pugno e i fazzoletti annodati al collo in sostituzione dell’uniforme regolare. Cazzullo si chiede come mai le memorie degli italiani siano così divise e conflittuali, e perché la Resistenza, oramai alla vigilia dei settant’anni dalla Liberazione del 25 aprile, stenti ancora così tanto a diventare patrimonio comune, storia di tutti gli italiani, data da celebrare in spirito di pace, con l’orgoglio per gli italiani che seppero combattere e resistere, e con l’omaggio a chi ha sacrificato la propria vita e versato il proprio sangue.
La risposta è contenuta nelle pagine di questo libro. Perché abbiamo avuto difficoltà a uscire dallo schema rigido della Resistenza di parte, tenendo fuori migliaia e migliaia di italiani che, anche se non sono saliti in montagna, anche se non hanno sostenuto scontri a fuoco con il nemico nazista o fascista, hanno compiuti atti da «giusti», hanno contribuito con la loro azione mai gridata, ma decisiva, al riscatto di un’intera comunità nazionale.
Il libro di Cazzullo è un’antologia di storie di piccolo e grande eroismo, che hanno rappresentato il vissuto di una nazione chiamata a rispondere nel momento più difficile della sua storia. La parola chiave di questo libro è «coralità»: sono le voci diverse, quelle più acute e quelle più sommesse, che alla fine compongono un canto intonato da tutti. C’è la voce dei condannati a morte, che Cazzullo raccoglie con spirito devoto come testimonianza di un’Italia che, anche nel massimo dolore e nell’attesa della fine, sa reagire con dignità commossa ma fiera. C’è la voce dei soldati di Cefalonia, che per tanto tempo non è stata ascoltata nelle celebrazioni ufficiali della Resistenza. C’è la voce di suor Enrichetta e di suor Giovanna, delle tante suore che hanno nascosto i fuggiaschi, dato asilo agli ebrei braccati, confortato i prigionieri torturati dai nazisti. C’è la voce del rabbino Pacifici, che ha la famiglia sterminata ad Auschwitz, rifugiato nell’istituto Santa Marta a Settignano. C’è la storia delle migliaia di internati in Germania (qui viene raccontata quella di Beniamino Andreatta, padre di Nino), che per decenni è stata trascurata dalle ricostruzioni della Resistenza, ma che condensa in sé un patrimonio di resistenza civile, di rifiuto dei diktat tedeschi, anche nelle condizioni terribili dei campi di internamento. Ci sono i sacerdoti di un capitolo intitolato «Vi accompagno io davanti al Signore», i circa trecento preti uccisi dai nazisti e dai fascisti, che si accanivano contro chi, con l’abito talare, si era schierato dalla parte dei partigiani. Ci sono le storie dei contadini che, malgrado il pericolo, non si sono rifiutati di nascondere chi era in difficoltà. Una Resistenza corale, di gesti carichi di significato, episodi di una nazione che si risolleva. Non solo la storia «gloriosa» e agiografica delle grandi gesta.
Nel libro di Cazzullo si narra la storia, che non molti conoscono, degli studenti di Montesacro a Roma. Della figura del colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo. Dei carabinieri trucidati alle Fosse Ardeatine. Poi c’è la storia terribile e tragica delle donne che vengono catturate, malmenate, torturate, violentate. Non è una storia che santifichi la Resistenza. Cazzullo non è reticente sulle pagine oscure che pure hanno macchiato quella vicenda. Non nasconde le divisioni interne del movimento partigiano. La lettura mutilata della Resistenza, che ha accreditato l’idea di un movimento partigiano totalmente egemonizzato dai comunisti. Né sono sottaciuti i crimini commessi per vendetta non solo sui fascisti sconfitti, ma su sacerdoti, «borghesi» e possidenti nel triangolo della morte. Ma è la forza con cui non vengono nascosti gli episodi più imbarazzanti che rende più vivida e credibile una rappresentazione più realistica della Resistenza. La sola che possa finalmente pacificare gli italiani con la loro storia, e che possa sanare conflitti ancora oggi aspri e carichi di rancori, che possa depurare la nostra memoria da veleni mai smaltiti.
A settant’anni di distanza la possibilità di riconoscere se stessi in una storia comune dovrebbe conoscere meno ostacoli. A patto di ritrovare quella coralità italiana che è la vera protagonista del libro di Cazzullo. Perché davvero il sangue versato possa servire.