mercoledì 15 aprile 2015

Corriere 15.4.15
Pisapia: «Se il premier fallisce fallisce anche il centrosinistra»
intervista di Aldo Cazzullo


Giuliano Pisapia è a Palazzo Marino, sul tavolo il suo libro «Milano città aperta» che Rizzoli sta per pubblicare, sotto le finestre il brusio della folla del Salone del Mobile.
Sindaco, Milano è piena di cantieri e di stranieri, sta per cominciare l’Expo. Perché non si ricandida? E perché lo dice proprio adesso?
«È una decisione maturata da tempo. Ho sempre parlato di un impegno per cinque anni. E il 20 maggio ne faccio 66. In questo tempo è cresciuta una classe dirigente di giovani che ormai è pronta».
Chi vorrebbe come successore?
«Nomi non ne faccio, ma ne ho in mente diversi: in giunta, nel consiglio comunale, nei consigli di zona, in città. Dovranno essere le primarie a decidere».
Non è che il suo successore sarà Salvini?
«Lo escludo. Con un leghista alla Regione, Berlusconi non può accettare un candidato leghista pure in Comune. Salvini è abile a sfruttare le criticità. Ma la maggioranza dei milanesi condivide i valori di accoglienza che abbiamo praticato in questi anni».
Lei stesso riconosce il disagio sociale che l’immigrazione ha causato nelle periferie. Guardi che pure in centro è difficile fare due passi la sera senza essere fermati da decine di questuanti di ogni tipo.
«Prima era peggio. Certo, con la crisi la povertà è aumentata. Ma molti immigrati si integrano. Guardi il sito di Expo: la maggior parte dei lavoratori sono extracomunitari. Senza di loro l’Expo non si farebbe».
E l’ipotesi Berlusconi sindaco?
«Con il partito a pezzi e le aziende da salvare, escludo che si assuma per cinque anni un impegno gratificante ma durissimo come questo. In ogni caso, ho battuto Berlusconi due volte; potrei sempre farlo una terza».
Perché due volte?
«Nel 2011 era il capolista di Forza Italia. E poi, su un piano diverso, l’ho battuto in tribunale: ero parte civile al processo Mondadori; Previti condannato, lui prescritto ma obbligato al risarcimento».
Lei ha detto che i vertici romani del Pd vogliono distruggere il modello Milano, l’alleanza con Sel. Si riferiva a Renzi?
«È stata estrapolata una frase da un contesto in cui dicevo una cosa molto diversa: quasi tutti gli elettori del Pd vogliono una coalizione di centrosinistra, non l’alleanza con l’Ncd. Capisco che i numeri in Parlamento per ora la impongano. Non so cosa abbia in mente Renzi per il futuro».
Qualche frizione con il premier lei l’ha avuta.
«Gli riconosco coraggio e determinazione. Stimo profondamente Enrico Letta, ma va riconosciuto che Renzi ha avuto un cambio di passo. Mi è anche simpatico. Se fallisce, fallisce il centrosinistra, e rischia di non ripartire il Paese. Però non condivido l’abolizione dell’articolo 18. E considero sbagliati i tagli a oltranza agli enti locali, che con le piccole opere possono creare posti di lavoro».
Nel libro critica pure lo stile del premier, il modo in cui si è rivolto ai sindacati e ai magistrati.
«Siamo profondamente diversi. Frasi come “Ce ne faremo una ragione” o “brr che paura” io non le avrei mai dette. A volte la sua determinazione sconfina nell’irrisione. È un errore cercare divisioni anche quando non è necessario. Se Renzi unisse di più, avrebbe più forza”.
Dal suo libro non esce benissimo Stefano Boeri…
«Ha fatto tutto lui. Dopo la vittoria mi chiese di fare il vicesindaco; ma spettava a una donna. Allora voleva fare il prosindaco; ma il prosindaco non esiste. Allora l’assessore all’urbanistica; ma come poteva un architetto che aveva lavorato con la Moratti e per società che stavano costruendo mezza Milano fare l’assessore all’urbanistica? Così è andato alla cultura».
E avete rotto.
«Aveva grandi idee ma ne trascurava la realizzazione. C’era un problema di sicurezza per un concerto all’ex Ansaldo, ma lui non se ne occupò; gli altri assessori dovettero stare lì tutta la notte a vigilare con la polizia locale».
Cosa si aspetta dall’Expo?
«Si può davvero arrivare a venti milioni di visitatori. Mi interessano le infrastrutture che rimarranno. E i temi: fame nel mondo, sprechi alimentari, sana alimentazione; alla cascina Triulza ce ne occuperemo con le varie associazioni anche dopo l’Expo. Con Slow Food noi della giunta e altri volontari ospiteremo nelle nostre case oltre mille pescatori e campesinos, altri saranno accolti dalla Curia».
Teme contestazioni?
«Massima apertura a chi non è d’accordo; ma non si possono permettere disordini e violenze» .
Lo sa che fioriscono allarmi terrorismo e anche leggende metropolitane?
«È arrivata pure a me la mail con la storia dell’arabo che perde il portafoglio e come ricompensa avverte la donna che glielo riporta: “Non prenda la linea rossa della metro il primo maggio…”. Non ci ho dormito la notte».
E poi?
«Ho ricostruito la catena: una mia amica mi ha detto di averlo saputo da una persona di cui si fida, la quale a sua volta… Alla fine ho scoperto che veniva da un gruppo di ragazzi che hanno fatto uno scherzo. E che la stessa leggenda è stata diffusa alla vigilia delle Olimpiadi di Londra e di altri grandi eventi. Questo ovviamente non significa che si possa abbassare la guardia. Ma almeno quell’allarme, che in un primo tempo mi sembrava verosimile, è stato chiarito».
Lei scrive che Milano è la vera capitale d’Italia. E Roma?
«Non è una mia opinione: lo dicono tutte le statistiche. Milano è prima per car e byke sharing, per co-working, per start-up. Per i diritti: registro delle unioni civili, testamento biologico, fecondazione eterologa. Per la raccolta differenziata è la prima in Europa. La ripresa parte da qui. Lo ripeto: Milano oggi è la vera capitale d’Italia. E sta tornando a essere la capitale morale» .
E i ladri dell’Expo?
«L’amministrazione non è stata toccata. Gli intercettati parlano di me come di un rompiballe» .
Una capitale in vendita. Gli sceicchi comprano i grattacieli di Porta Nuova. Che effetto le fa?
«Mica li possono portare via. So per certo che molti grandi gruppi attendono di vedere se l’Expo avrà successo per fare investimenti a Milano. Sono già arrivate e arriveranno le sedi di diverse multinazionali. A tutte chiederemo quel che abbiamo chiesto per Porta Nuova: fare anche qualcosa per la città. Prima c’era Ligresti che comandava. Ora è cambiato tutto. Per me gli immobiliaristi non sono nemici; sono interlocutori con cui si può collaborare».
Avrebbe mai detto, anche solo vent’anni fa, che l’Inter sarebbe diventata indonesiana e il Milan forse cinese?
«Mai. Però ho incontrato Thohir tre volte. È davvero innamorato della squadra. Da interista mi fa piacere».
Quindi non tifa per il ritorno di Moratti?
«Moratti è un mio amico. E per Milano Moratti è ancora l’Inter».
Con il cardinale Scola come si è trovato?
«All’inizio mi ha confuso con mio fratello Guido, che era suo compagno nella Gioventù studentesca di don Giussani… Abbiamo lavorato molto bene insieme. L’ultima volta si è rivolto “ai credenti, ai non credenti, e ai credenti che credono di essere non credenti”, guardandomi negli occhi».
Cioè Scola la sta convertendo?
«No. Mi sono formato negli scout, i valori cattolici sono i miei valori. Ma non ho la fede. Sono molto affascinato dal buddismo. L’incontro con il Dalai Lama è stato tra i più belli, accanto a quelli con papa Francesco e con i bambini delle scuole. Vado spesso a mangiare in mensa con loro. Arrivo all’ultimo momento, senza avvisare. Come quando da parlamentare andavo a trovare i detenuti…».
Il ministro Orlando vuole chiudere San Vittore. E lei?
«Io sono contrario. Finché la condizione dei reclusi non migliorerà, finché le carceri saranno piene di presunti innocenti, l’attenzione della città deve restare alta. E poi le visite di parenti, avvocati e magistrati sarebbero più scomode».
Lei scrive che non sapeva neppure come votasse la sua segretaria. Possibile?
«Per le nomine non ho mai guardato all’appartenenza ma alla competenza. Dopo aver letto il libro, mi ha confidato che è più a destra».