martedì 14 aprile 2015

Corriere 14.4.15
Renzi alla conta finale sull’Italicum
di M.Gu.


Domani sera il confronto del leader con i deputati. Una sessantina di «ribelli» si asterrà In gioco il ruolo di capogruppo di Speranza. Napolitano: non disfate quanto costruito
ROMA La crociata dell’Italicum entra nella fase decisiva. Salvo clamorose sorprese, domani sera Matteo Renzi dirà ai suoi deputati che la legge elettorale va approvata così com’è, senza modificarne una sola virgola. Convinto di avere i numeri, il premier tira dritto. Gli ultimi tentativi di Roberto Speranza di arrivare a un accordo che ricompatti il partito sembrano destinati a fallire. «Non cambiare è sbagliato», insiste il capogruppo.
Nella giornata di ieri era circolata un’ipotesi di intesa, battezzata a Montecitorio «lodo Ginefra» dal nome del deputato che lo ha proposto: poiché la legge entrerà in vigore il primo luglio del 2016 l’idea è quella di approvarla adesso, concordando piccole modifiche da votare in un secondo tempo. Ma per ora il dialogo non si è riaperto e il capogruppo, con i deputati a lui più vicini, non mostra particolare ottimismo. Per favorire un accordo che scongiuri la frattura di Area riformista, nell’ultima direzione Speranza aveva messo a disposizione il suo ruolo e non è escluso che si veda costretto, se sarà rottura, a trarne le conseguenze dimettendosi.
Giorgio Napolitano invita a «non disfare quello che è stato faticosamente costruito», ma nonostante la moral suasion del presidente emerito passi avanti non se ne vedono. I 90 firmatari del documento con il quale Area riformista ha chiesto a Renzi di riaprire il dialogo si vedranno oggi, alla ricerca di una linea comune da portare in assemblea. Ad aprire la riunione domani sarà il leader e la relazione del capo verrà messa ai voti: una conta che potrebbe ufficializzare la dolorosa divisione del partito.
E se l’ala dura della minoranza sostiene che la sinistra resterà compatta, i renziani ostentano sicurezza. Al Nazareno si prevede che la gran parte dei firmatari del documento, una settantina, nell’assemblea del gruppo non voterà. Ma i renziani sono anche convinti che a maggio, nel voto finale, le cose andranno diversamente: i vertici del Pd si aspettano che il numero dei «kamikaze» antirenziani si ridurrà a una trentina di dissidenti, non di più.
Pier Luigi Bersani domani sera potrebbe prendere la parola e spiegare in assemblea perché, salvo miracoli dell’ultim’ora, non voterà una legge che ha chiesto con forza di cambiare: inascoltato. Ma quanti dei suoi lo seguiranno? Alfredo D’Attorre non vede aperture da parte di Renzi e pianta due paletti: «No alla fiducia e no alla disciplina di partito su materie costituzionali». Se il gruppo gli chiederà di lasciare il suo posto in commissione, il bersaniano resisterà: «Se c’è la fiducia non mi muovo, voglio garanzie che potrò fare la mia battaglia in aula. Dopodiché, il Pd può rimuovermi con un atto di autorità».
Renzi sembra pronto ad andare in aula al buio, contando sul senso di responsabilità, sulla voglia dei deputati di finire la legislatura e sul merito di una legge che realizza la vocazione maggioritaria sognata da Veltroni. Per la minoranza è un azzardo. D’Attorre assicura che i bersaniani non chiederanno il voto segreto: «Faremo una battaglia a viso aperto votando tutti i nostri emendamenti». Saranno le opposizioni a chiederlo e a quel punto, commenta il deputato, «non so proprio cosa potrà accadere». Progettate scherzi? «No, non faremo agguati. Ma registro una certa inquietudine anche tra qualche esponente della maggioranza renziana».
Su La7 , intervistato da Lilli Gruber e Massimo Franco, Massimo D’Alema si è difeso dalla «campagna di diffamazione» che ritiene di aver subìto sul caso Ischia e, per una volta, si è detto d’accordo con Renzi: «Sulla necessità di fare una legge di riforma sulle intercettazioni condivido l’approccio del presidente del Consiglio. È una notizia, no?».