lunedì 13 aprile 2015

Corriere 13.4.15
L’ex vice di Vendola
Migliore, che aveva detto no: abbiamo già mediato, la sinistra voti l’Italicum
intervista di Alessandro Trocino


ROMA «Credo che in linea di principio, se necessario, si debba mettere la fiducia», dice il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Eppure la minaccia dell’arma finale, che spazzerebbe via emendamenti e dubbi, è controbilanciata dal monito della minoranza: attenti, rischiate di andare sotto nel voto finale. Il relatore di maggioranza, Gennaro Migliore si «augura» che la fiducia non venga messa e «che non si precipiti in una discussione sbagliata». La legge approda in Aula il 27 aprile. Mercoledì, alle 20, il gruppo del Pd sarà chiamato a mettere ai voti un sì o un no all’Italicum.
Meglio evitare la fiducia dunque?
«Sì, ma attenzione, non c’è più tempo da perdere: è arrivato il momento di chiudere la pagina della peggior legge elettorale degli ultimi tempi, il Porcellum».
All’epoca del primo voto, lei era capogruppo di Sel e votò contro l’Italicum.
«Vero, votai contro, ma della legge di allora è rimasto solo il nome, Italicum. Tutto il resto è cambiato. Per questo credo che sia coerente valorizzare i cambiamenti e votare a favore».
Quali cambiamenti?
«Molti. A cominciare dalla questione di genere. E poi, i partiti più piccoli. Nella prima versione c’erano tre soglie di sbarramento, che rischiavano di escludere pezzi enormi di elettorato. Bene, ora c’è uno sbarramento unico, al 3 per cento: il più basso da 20 anni a questa parte».
Resta un premio di maggioranza che alcuni considerano «abnorme».
«La versione del Nazareno sulla soglia minima era al 35 per cento. Poi è stata portata al 37, ora al 40. E se non la raggiungi, c’è un ballottaggio. Sono gli elettori che decidono realmente a chi va il premio. Non solo. Premio di maggioranza e soglia di sbarramento insieme garantiscono governabilità e rappresentanza».
Altro tema caldo, le preferenze.
«Anche qui, un grande cambiamento. Siamo passati da liste bloccate a un equilibrio tra indicazioni di partito, per i capilista, e scelte degli elettori».
Sì, ma per i piccoli partiti, eleggendo solo i capilista o quasi, la scelta degli elettori è praticamente azzerata.
«No, con le candidature multiple saranno molti di più gli eletti non capilista. Se Alfano, per intendersi, si candida in dieci collegi, in nove conteranno le scelte degli elettori».
Insomma, questo Italicum è da promuovere a pieni voti?
«È un ottimo punto di mediazione. Certo, tutto è perfettibile, ma preferisco fare una legge come questa, piuttosto che rischiare di non farla».
Lei che è fresco del partito, come si trova negli scontri tra maggioranza e opposizione?
«Trovo un fatto molto positivo che ci sia una dialettica maggioranza e opposizione. E vedo una grande e meritoria discussione nel partito. Ma credo che la rappresentazione dell’uomo solo al comando sia grottesca. Non mi piace che si descriva uno scontro tra minoranza e Renzi, come se gli altri fossero solo dei ripetitori di Renzi».
La personalizzazione c’è.
«La leadership non è un elemento negativo. Trovo che proprio chi critica l’eccessiva personalizzazione, poi finisca per personalizzare l’opposizione».
Il caso Ercolano racconta di un partito in difficoltà sul territorio, tra tessere false e infiltrazioni.
«Io credo che il Pd, proprio perché ha un tessuto sano, può e deve reagire con durezza a situazioni che non si possono più circoscrivere come semplici episodi».