venerdì 25 febbraio 2011

l’Unità 25.2.11
«Destra e sinistra scendano in piazza a difesa della Carta»
Contro il premier e gli attacchi alla Costituzione, la manifestazione del 12 marzo promossa da Articolo 21, Anpi, Libertà e Giustizia. E che registra adesioni anche da destra, Farefuturo compreso, ma senza simboli di partito.
di Alessandra Rubenni


In una mano la Costituzione, nell’altra il Tricolore. Dal pienone al Palasharp di Milano, il 5 febbraio scorso, alla piazza delle donne, l’agenda delle mobilitazioni contro il governo Berlusconi continua, nel segno della difesa della nostra Carta. Appuntamento il 12 marzo con il C-day, «A difesa della Costituzione». Per dire «basta» a chi mira a «oscurare i diritti della persona» e a una riforma della giustizia «per introdurre leggi a uso e consumo» del Cavaliere nazionale, come dicono i promotori della nuova adunata.
Niente bandiere né simboli di partito, punto d’arrivo la stessa piazza
che il 13 marzo si è riempita all’inverosimile per la protesta delle donne. A quasi un mese di distanza, si replica con la giornata promossa da un cartello di associazioni, a cominciare da Articolo 21, con Cgil, Anpi, Libertà e Giustizia, Valigia Blu, Libera, Giuristi Democratici, Popolo Viola, Unione degli Universitari, ma anche Farefuturo (almeno in parte) come annuncia il direttore Filippo Rossi su Ffwebmagazine, il magazine della fondazione presieduta da Gianfranco Fini, come pure l’Idv. A sostenere la manifestazione, anche l’Unità che sul suo sito web ha chiesto: «Tu ci sarai?». Interrogativo al quale hanno risposto in migliaia, pronti a scendere in piazza.
Ancora prima come spiega il portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti questa mobilitazione, che si inserisce fra le tante che nelle scorse settimane hanno riempito le piazze di tutta Italia, è nata da diversi appelli e da un’idea di Vincenzo Vita, un senatore Pd, insieme a un esponente di destra, come Fabio Granata, deputato di Fli. «È la prima volta si unisce un mondo così variegato, che non sarà mai un partito né una coalizione di governo. Speriamo si uniscano a noi tanti semplici cittadini, ai quali chiediamo per un giorno di riconoscersi semplicemente nella Costituzione, contro il tentativo di chi vuole oscurarla e sottrarre diritti alla collettività», scandisce Giulietti.
La manifestazione principale, dunque, si svolgerà a Roma, con il corteo che partirà alle 14 da piazza della Repubblica per dirigersi verso piazza del Popolo. Con uno slogan che riprende quello del 13 febbraio: «Se non ora quando?». In contemporanea, i cortei e sit-in che si stanno organizzando a Firenze, Torino, Trieste, Pavia, ma anche a Sud, Bari, Lecce, Palermo, e all’estero, a partire da Londra e Praga, che per il tamtam puntano su facebook. Tutti i dettagli disponibili si trovano sul sito www.adifesadellacostituzione.it ( nei prossimi giorni anche su www.cday.it), che si arricchirà di informazioni man mano che la macchina organizzativa procederà nella messa a punto.
«Di fronte a un presidente del Consiglio che dice “questa volta nessuno mi potrà fermare”, usando tono e parole da resa dei conti più adeguati ad un film d’azione degli anni ’80 che ad un civile dibattito istituzionale, le possibilità sono poche», scrivono gli organizzatori. Ma ora, «si tratta di immaginarci da qui a trent’anni» e di immaginare quale Italia vogliamo consegnare ai nostri nipoti.

l'Unità 25.2.11
Nomine e appalti nella sanità pugliese
Richiesta di arresto per Alberto Tedesco
Le pressioni di Vendola e il ruolo di Emiliano
Puglia, è bufera politica
Nelle carte dell’inchiesta barese gli interventi del presidente della Regione per far rimuovere il direttore di una azienda sanitaria. È indagato, ma per lui è stata chiesta l’archiviazione. I contrasti con il sindaco sulle nomine in giunta


Un consolidato sistema di malaffare incancrenito nel “sottosistema” della sanità regionale pugliese», in cui «i metodi dell’assessore Alberto Tedesco erano spesso utilizzati in maniera del tutto identica da altri assessori (regionali e comunali) (...) e da altri politici». Così, leggendo le carte dell’ampia inchiesta sulla sanità regionale pugliese che ha portato la Procura a chiedere l’autorizzazione a procedere nei confronti del senatore Tedesco, saltano fuori le presunte pressioni che fa il presidente della Giunta Nichi Vendola per sostituire un direttore generale Asl e le pretese, dello stesso governatore, di modificare una legge regionale per sostenere la nomina di un suo protetto. Poi ci sono gli interessi del sindaco di Bari Michele Emiliano, a conoscere le scelte del «management sanitario che riguardavano la Asl barese, dovendo curare gli equilibri delle varie correnti del suo partito». Ma non solo: anche il suo interesse specifico a che Tedesco non fosse sostituito, per decisione di Vendola, dall’assessorato alla Sanità, nell’estate del 2008, con l’ex direttore generale dell’Asl Bari Lea Cosentino, arrivando a dire all’ex dg, secondo quanto lei stessa dice agli investigatori, che «non ti conviene perché si scateneranno i sistemi, quelli più....diciamo leciti e non».
Tutto questo, e tanto altro, è racchiuso nell’incartamento giudiziario della sanità pugliese, dove una parte riguarda proprio gli interessamenti di Vendola alla rimozione di Franco Sanapo, direttore sanitario Asl Lecce, fatto che era costato al governatore l’iscrizione nel registro degli indagati per concussione, con conseguente richiesta di archiviazione della Procura giudicata dal gip abbastanza illogica, visto che per la stessa vicenda sono indagati Tedesco e Guido Scoditti, direttore generale dell’Asl Lecce, per cui è stato disposto l’arresto ai domiciliari.
Ma andiamo per gradi, perché la vicenda merita un’attenta analisi. Nel 2009 Vendola viene indagato per presunte pressioni su Scoditti finalizzate a rimuovere Sanapo da direttore Sanitario, sostituendolo con Umberto Caracciolo. Secondo la Procura, quella sostituzione è illecita, come emerge dal tenore di numerose intercettazioni telefoniche e scambi di sms. Tra
questi ce n’è uno tra Francesco Manna, capo gabinetto della Regione, e Tedesco, del 12 novembre 2008. «Dal testo quanto mai eloquente», afferma il gip, Manna dice «il presidente ha parlato con Scoditti (dg Asl Lecce, ndr) procedi con Sanapo-Caracciolo». Successivamente, il 17 novembre, «Manna parlava al telefono della questione Sanapo con Tedesco, chiedendogli “Procedo con l’operazione Sanapo?”». Poi, agli atti, ci sono conversazioni telefoniche tra il sindaco di Bari Emiliano e Tedesco, in cui il secondo dice «allora, così come d’accordo, abbiamo sostituito Sanapo». Questo sarà sostituito da Scoditti con una delibera impugnata e annullata davanti al Tar, ma che sarà ugualmente l’alibi del presidente Vendola per provare che non c’era stata intromissione politica nella scelta di sostituire Sanapo, ma che era nata su scelta della stessa Asl Lecce. Ma una volta chiesta l’archiviazione per Vendola, la Procura indaga anche su Scoditti, ritenendo che quella delibera di sostituzione fosse illecita. Scrive il gip: «Avviene oggi che con la presente richiesta di misura cautelare (...) a carico anche di Scoditti, si contesta agli odierni ex coindagati del presidente Vendola proprio quella condotta criminosa che non era stata ritenuta sussistente al momento della richiesta di archiviazione per il governatore, giustificata dal fatto che (...) Scoditti avrebbe agito con Tedesco in quanto collegato all’interno dello stesso sodalizio». Infine, il giudice si spinge ancora oltre, affermando che «anche (...) l’assenza, nel caso di Sanapo, di una vera e propria pressione psicologica fatta sullo Scoditti (da Vendola e Tedesco, ndr) (...) è stata diversamente valutata dalla Procura per tutti gli altri identici atti posti in essere in questa indagine da altri indagati (...) i cui “desiderata” nei confronti di direttori generale e sanitari sono stati ritenuti, peraltro correttamente, come espressione di vere e proprie concussioni».

Il Venerdì di Repubblica 25.2.11
In piazza
Perché nella patria di Giordano Bruno chi si ribella è solo
di Luigi Irdi


Dopo Giordano Bruno, solo accondiscendenza e vigliaccheria. È severo e malinconico il giudizio che Ermanno Rea pronuncia sugli italiani. Il suo ultimo libro, La Fabbrica dell'obbedienza (Feltrinelli) non dà speranze. Gli italiani sono un popolo piegato all'obbedienza, alla rassegnazione della coscienza, inutile parlar loro di libertà e di autonomia del pensiero o di responsabilità. L'ultimo grande no pronunciato nella storia del nostro Paese fu quello del frate di Nola mentre bruciava sul rogo di Campo de' Fiori il 17 febbraio del 1600 nella sua suprema sfida alla Chiesa. Da lì, la rinuncia alla libertà. Dal Concilio di Trento, che nel 1545 diede avvio alla Controriforma, al berlusconismo la strada è stata lunga, ma in realtà nulla è cambiato nell'anima profonda di un popolo che in fin dei conti preferirebbe la schiavitù.
Rea, la storia dell'effetto rimbambimento della Chiesa sul carattere degli italiani non è nuova. Ma possibile mai che sia tutta colpa dei preti? Che Santa Romana Chiesa sia ancora padrona delle nostre anime?
"Perché, le risulta che la Chiesa abbia mai allentato la morsa? Le faccio un esempio fresco fresco".
Si accomodi.
"Prenda il caso Marrazzo. Abbiamo un amministratore pubblico, e pure di sinistra, che va con i trans, e fin qui fatti suoi. Poi comprende lo scandalo pubblico, ammette e si dimette, benissimo. E poi che fa? Scrive una lettera al Papa per riconoscere i suoi errori. Che c'entra il Papa? Magari uno si sfoga con un amico, magari anche un prete, d'accordo, ma perché la lettera pubblica al Papa? Perché si deve sapere che io sono un pentito, piango e mi flagello, per evitare il rogo, perché l'ultima istanza è la Chiesa. Eccola l'Inquisizione, ancora dentro di noi".
Guardi che ci sono esempi anche più freschi.
"Ah, certo. Berlusconi è uno che appena può corre anche lui dal Papa. Ora siamo al caso Ruby, ma quando venne fuori la storia di Noemi Letizia, Berlusconi fece i salti mortali per farsi vedere con Benedetto XVI. A Palazzo Chigi passano ogni giorno al microscopio le parole del segretario di Stato Vaticano. È il ripetitivo riconoscimento di un'autorità superiore, quella che gestisce reati e peccati in un sol colpo. Pecca pure, tanto ci sono io che posso farmene carico e perdonarti. Un'idea che non ha nulla a che vedere con il concetto di responsabilità. Non siamo nemmeno capaci di peccare in santa pace".
Lei descrive anche Silvio Berlusconi come interprete secolare della cappa di obbedienza che ci ha instillato nel cuore la Chiesa.
"Io credo che questa mentalità italiana votata all'obbedienza, che nasce con la Controriforma, abbia generato vittime, ma anche carnefici, o per dirla con meno crudezza, gestori. Mussolini, per esempio. Oggi anche Berlusconi".
Sempre i preti tra i piedi? Questo fa di noi una democrazia imperfetta?
"Senza dubbio. Tutte le democrazie occidentali sono influenzate dalla religione. Che perfino Obama negli Stati Uniti debba trattare con formazioni e gruppi di ispirazione religiosa è cosa nota. Ma il cattolicesimo italiano ha qualcosa di più vigoroso e pervasivo".
Eppure qualche frattura laica nella nostra storia c'è: Porta Pia, i bersaglieri, il Risorgimento.
"Non si tratta di vere rotture, ma solo di inevitabili compromessi. Dopo Porta Pia, la Chiesa rinuncia all'ostracismo nei confronti della nazione, accetta l'idea che si formi uno Stato vagamente laico, ma sempre entro certi limiti. La sostanza profonda non muta. Continua la guerra della Chiesa contro la formazione di una cultura e di una coscienza italiana davvero laica. Cos'altro sono le battaglie del Vaticano per i finanziamenti alla scuole cattoliche?".
Ma ci sarà pure stato, e ci sarà, qualcuno capace di puntare i piedi.
"Non è solo Giordano Bruno la bandiera del no. Penso ad Antonio Gramsci incarcerato. A quei dodici professori che rifiutarono il giuramento di fedeltà al Fascismo, nomi da incorniciare e venerare in una teca, al partigiano che, torturato a morte, non rivela i nomi dei suoi compagni, alla guerra di Liberazione, un momento eroico in cui questo popolo sa anche combattere per una buona ragione. Simboli che purtroppo si vanno sfocando".
Allora non stiamo messi poi così male.
"Di speranze nel breve periodo ne vedo poche. Ma certo, non siamo mica tutti uguali. Parliamo pure, per esempio, dei tanti voti che riesce a mietere il signor Berlusconi, ma parliamo anche dei tantissimi voti che non ha mai avuto e che non avrà mai".
Perché, lei pensa che a votare Berlusconi sia tutta gente che non sa dire no?
"Penso che in buona parte siano voti di chi è stato educato e condizionato a regalare compiacenza alla figura di Berlusconi, nelle sue ricchezze, nelle sue ostentazioni, nell'uomo che ci butta in faccia continuamente il suo cattivo gusto e il suo denaro. Un popolo che avesse un senso più acuto della propria dignità se ne sarebbe liberato da un pezzo, come ci fanno osservare spesso all'estero".
E invece?
"Invece sopportiamo lo stillicidio continuo di volgarità, di aggressività becera di un uomo che ritiene di poter comprare tutti, voti, coscienze, parlamentari, donne, ragazze. Io ho 84 anni e ricordo qualità ormai fuori mercato: la sobrietà, la serietà, il senso dell'onore".
Vorrei fermarla prima che Giuliano Ferrara la legga e organizzi una manifestazione antipuritana in un teatro qui sotto casa sua.
"Che le devo dire? Penso che sarebbe meglio non citare Giuliano Ferrara. È un testimone di come l'intelligenza umana possa inutilmente degradarsi".
Torniamo ai no che ci sono. Quello, di pochi giorni fa, delle donne italiane in piazza, per esempio.
"Un no entusiasmante. La dimostrazione che, nonostante tutto, esistono in questo Paese risorse straordinarie, probabilmente più nel mondo femminile che in quello maschile. Le donne hanno più energie, perché sono state più schiave. E il momento del risveglio può essere grandioso. Sono loro che possono per prime liberarsi di una visione gerarchica del mondo".
Preti permettendo, naturalmente.
"La Chiesa non lo permetterà mai. Non può".
Come lo vedrebbe lei un nuovo esilio avignonese?
"Non mi faccia dire cose difficili. Io ho solo scritto un libro che un commentatore ha definito una istigazione al pensiero".
Roba eversiva.
"Ah certo, istigare al pensiero è quanto di più eversivo si possa immaginare".
Lei non dà prospettive. Non possiamo nemmeno aggrapparci a Cavour con il suo "libera Chiesa in libero Stato"?
"Temo di no, a meno che non si voglia correggere in "troppo libera Chiesa in poco libero Stato"".
Lei è un mangiapreti.
"No. Non li digerirei".

Repubblica 25.2.11
Le nomine Asl di Nichi "Quello non è idoneo? Cambiamo la legge"
Emiliano: vuole impadronirsi del sistema
di Mara Chiarelli, Giuliano Foschini


BARI - «L´invasività della politica non era una cosa sporadica o una prassi che riguardasse soltanto le nomine dei primariucci. Ma, purtroppo, tutte le decisioni e gli indirizzi di politica sanitaria erano orientati quasi esclusivamente in una prospettiva clientelare». Non usa mezzi termini il giudice Giuseppe De Bendictis nelle 316 pagine di ordinanza di custodia cautelare. Non c´è la cupola, dice, ma come testimonierebbero le intercettazioni telefoniche tanto malaffare.
VENDOLA E TEDESCO
Il 20 novembre del 2008 il presidente della Regione parla con il suo assessore alla Salute di una nomina per un direttore generale. «Pur di sostenere il suo protetto il Governatore - scrive il gip - pretende il cambiamento della legge per superare, con una nuova ad usum delphini, gli ostacoli che la norma frapponeva alla nomina.
Tedesco: «Quello non ha i requisiti sta come direttore generale, quello che vuoi nominare!».
Vendola: «O Madonna santa, porca miseria la legge non la possiamo modificare? Non possiamo modificare la legge in una delle prossime... «.
I "RICOTTARI"
È il 18 novembre 2008 quando Paolo Albanese, il poliziotto della scorta di Vendola, chiama Mario Malcangi, il segretario di Tedesco, avvisandolo che la cognata Roselli, finalmente, è stata preavvisata del trasferimento a Terlizzi dalla dirigente del personale come lui aveva più volta richieste.
Malcangi: «Allora la mandiamo a Terlizzi in oculistica (...) Digli... digli al tuo Presidente che diciamo stanno le persone che sanno... sanno fare i ricottari».
A. «Ma lo so! Mario io lo so... «.
M.: «Tu puoi fare una cosa, se non ti fa schifo..., vai da Marrone, tu lo minacci, tanto tu sei il capo della scorta... «.
A.: «Eh... eh!».
M.: «Tanto tu lo puoi minacciare, la pistola c´è l´hai... Gli dici che questa operazione l´abbiamo fatta io e te in due minuti (...) Poi quando mi arrestano mi porti le arance».
A.: «Mario, e che problema c´è!».
I SANTI IN PARADISO
Tedesco è al telefono con l´allora direttore generale della Asl di Bari, Lea Cosentino e parlano di una nomina, accennando alla «cabina di regia» che l´assessore vorrebbe costruire per gestire tutte le scelte. C´è da scegliere un direttore generale in fretta, perché sta per cambiare la legge.
Tedesco: «Enzo lo sistemiamo non ti preoccupare!».
Cosentino: «Ma ce la fate per venerdì?».
Tedesco: «Senti, io gli proporrò di convocare la Giunta per domani!»:
Cosentino: «C´è San Nicola, facciamo una bella cosa!»:
Tedesco: «San Nicola aiuta! Aiuta San Nicola!
Cosentino: «Guarda Alberto per come stiamo combinati soltanto un santo di quella portata!».
Tedesco: «Solo un santo può aiutarci!».
EMILIANO E IL PD
Tedesco è al telefono, nella primavera del 2008, con il sindaco e segretario del Pd, Michele Emiliano.
Tedesco: «Questa cosa lui (ndr, Vendola) se la è completamente rimangiata, nel senso che ha detto... ha detto che non e... che non ci sono novità dal punto di vista diciamo dall´interesse diverso da quello politico, solo che... «.
Emiliano: «Dice che è spezzato un filo ma... dice lui a noi... di fiducia... personale... «.
Tedesco: «E se mi dice su che cosa si è spezzato poi!...».
Emiliano: «Ma niente!... secondo me, questa è una operazione tutta politica, perché lui dice: "Io, in questa maniera, mi impadronisco del sottosistema e, ovviamente nelle prossime elezioni, l´Assessorato anziché stare in mano al Pd sta in mano a me", questo è tutto il discorso... o quanto meno sta in mano ad una logica che è diversa da questa...».
Il 5 febbraio del 2008 Tedesco parla con l´attuale assessore Dario Stefano.
Tedesco: «Il problema è arrivare a settembre, bisogna ridiscutere tutta una serie di cose perché a me sto fatto di questa invadenza di Frisullo, Loizzo e va beh ragazzi non è possibile che qua ci sia sia... C´è chi mette le mani addosso a tutti, non è possibile».
Stefano: «Alla Asl di Bari c´è uno di Loizzo?».
Tedesco: «La Asl di Bari sta tutta in mano a Loizzo».

Repubblica 25.2.11
La ribellione che parte dalle donne
di Adriano Prosperi


Se è vero che la legge sul "fine vita" è stata la moneta pagata da Berlusconi per rinsaldare il rapporto coi vertici vaticani nell´incontro celebrativo dei Patti Lateranensi, allora ha proprio ragione Ermanno Rea: ancora una volta la Chiesa di Roma si è rivelata come "la fabbrica dell´obbedienza". Eppure quest´ultimo libro di uno scrittore noto e amato (La fabbrica dell´obbedienza. Il lato oscuro e complice degli italiani, ed. Feltrinelli, marzo 2010) non è un libello anticlericale ma piuttosto una radiografia storica della debolezza morale dell´italiano.
La ricorrenza del 150° anniversario dell´unità politica impone a tutti una riflessione che vada al di là della cronaca del presente. Dalla ricca e interessante intervista di Simonetta Fiori a Emilio Gentile (Italiani senza padri, intervista sul Risorgimento, Edizioni Laterza) abbiamo imparato molto sul tentativo fallito delle classi dirigenti liberali del secondo ´800 di far nascere una religione civile. Nelle celebrazioni del 1911 Ernesto Nathan integrò il santino patriottico della trinità laica Vittorio Emanuele, Cavour, Garibaldi, con la figura di Mazzini come apostolo della religione civile. Ma lo scontro che ne nacque con la religione della Chiesa dimostrò quanto questa fosse ben più radicata nella mentalità degli italiani. Rispetto a Gentile, Ermanno Rea si muove senza impacci su di una pista più lunga. Il suo è un libro-sfogo, nato dagli appunti di un corso per raccontare l´Italia a degli studenti sotto i limpidi e freddi cieli del Vermont: l´impresa dovette essere difficile già quando si svolse, ben prima che a renderla impossibile giungessero gli ultimi episodi (per ora), non solo delle feste e dei festini del nostro "Cesare" ma anche e soprattutto della confermata disponibilità ecclesiastica a coprirlo garantendo così l´indifferenza complice della società e coprendo di sacrale legittimazione il servile affanno del partito del padrone. Guardarsi nello specchio degli altri è sempre utile. Si legga il giudizio di Ingrid Thulin: "Per voi fare all´amore è peccato: da noi i bambini imparano a scuola come si fa... Voi vi raccomandate a Dio e ai filtri d´amore e vi assolvete confessandovi, noi paghiamo per i nostri sbagli... Per voi le donne sono come le lepri e le pernici, selvaggina; per noi sono individui".
Rea ha preso molto sul serio l´accenno alla confessione: è questa, secondo lui, la macchina inventata dalla Chiesa della Controriforma che ha la responsabilità originaria di avere creato questa Italia "corrotta e ridanciana, superstiziosa e corriva, irresponsabile e bigotta". Da allora, la storia degli italiani è quella di obbedienze servili e di ipocrisia, di lacrime di delinquenti pentiti accolti a braccia aperte - dall´Innominato manzoniano al devotissimo Bernardo Provenzano consumatore di feticci devoti in quantità industriale - e di rarissime, eccezionali ribellioni: quella di Giordano Bruno spicca su tutte. Ermanno Rea ha stilato un inventario di storie degli italiani come un popolo educato alla servitù, alla finzione e alla minorità irresponsabile sotto la guida di una religione maternamente comprensiva e pronta sempre a perdonare.
Le violenze di poteri vili e feroci si sono esercitate su di una popolazione che ha cancellato dai propri costumi perfino il principio fondamentale della "civiltà della vergogna", quella che impone all´eroe omerico Ettore di fare la sua parte e di non fuggire sotto gli occhi di tutti davanti all´invincibile Achille. Le agghiaccianti testimonianze dei disertori processati dopo Caporetto, raccolte anni fa da Enzo Forcella in un´opera memorabile documentano il fallimento della religione civile liberale e introducono al progetto fascista di una religione dello Stato con l´avallo e le benedizioni della Chiesa. Per Rea aveva ragione Curzio Malaparte a parlare del fascismo come il trionfo dello spirito della Controriforma.
Se oggi, osserva Rea, c´è ancora una metà della popolazione italiana che resta "fedele al suo ‘eroe´ nonostante i suoi festini, i suoi mercimoni, la sua rozzezza, il suo cattivo gusto, la sua disarmante comicità" è dunque per una debolezza morale radicata in profondità. Verrebbe voglia di sperare che non sia proprio così, di dire che forse qualcosa si muove nello stagnante scenario di un paese a lungo prigioniero di un grossolano ma efficace incantesimo. Come valutare ad esempio i segni di ribellione che trapelano dall´interno della Chiesa italiana? Mentre ai livelli "alti" della Chiesa è in atto l´arrembaggio a un governo debolissimo che non lesina concessioni fatte letteralmente sulla pelle degli italiani, ci sono cristiani praticanti che mandano vibranti lettere di protesta ai loro vescovi. Un gruppo di "cristiani della Chiesa di Modena" ha inviato al proprio vescovo un documento di denunzia dello scambio in atto tra "privilegi per la Chiesa e legittimazione per il governo". I firmatari sono persone che si dicono "sconvolte" dal "degrado morale" e dall´arroganza della "classe politica che governa questo paese". E parlano di una crisi che "rischia di compromettere l´unità stessa della Nazione". Segni isolati, voci flebili: ma forse il tempo dell´obbedienza passiva sta terminando perfino in Italia. E a risvegliare la speranza è soprattutto la ribellione che ha assunto per la prima volta nella storia d´Italia il volto di un popolo di donne.

il Fatto 25.2.11
Emma Bonino
“Il colonnello si può fermare; con la forza, dell’Onu”
di Roberta Zunini


Ieri Emma Bonino ha distribuito ieri ai senatori video di miliziani europei e italiani che combattono per Gheddafi. La vice presidente del Senato, una delle sostenitrici della istituzione della Corte Penale Internazionale, nel 1998 incontrò in Senegal i rappresentanti dei paesi africani per la ratifica del trattato. La Libia, assieme al Sudan di Bashir, non aderì. Nei confronti   del presidente sudanese, lo scorso anno, la Corte ha spiccato un mandato di arresto internazionale. Che però non ha sortito alcun effetto pratico.
Dopo questa dimostrazione d’impotenza, come si può intervenire efficacemente nei confronti di Gheddafi? Con una no fly zone, come nella guerra del Golfo?
Bisogna che il cielo libico venga chiuso immediatamente all'aviazione di Gheddafi. Anche   perché gli attacchi più micidiali sono venuti dall'aria. Mi dispiace che il Consiglio di sicurezza Onu non abbia preso questa decisione prioritaria. Ancorché tardiva, c'è da esortare l'Onu a proclamarla quanto prima.
 La Corte Penale Internazionale potrebbe agire in tempi rapidi? E ci sarebbe una presa di posizione unanime, all'Onu ?
La velocità d'azione e di pronuncia della Cpi dipende anzitutto dalla rapidità decisionale del Consiglio di Sicurezza nel deferirle il caso libico. Ovviamente una decisione di questo tipo rischia di scontrarsi con il possibile veto di Cina e Russia, che non sono estimatori della Corte. Quello che si potrebbe rapidamente fare ora è istituire una commissione d'inchiesta indipendente sui crimini contro l'umanità, così come chiesto anche dall'Alto Commissario per i diritti umani. Ma per ora il consiglio di sicurezza non ha preso alcuna decisione. 
Dopo Serbrenica e il ruanda, come si potrebbe rendere efficace l’intervento dei Caschi Blu? È il momento di inviarli come forza di interposizione?
Intanto la no fly zone è propedeutica a qualunque altra azione. È vero che l'esperienza delle forze d'interposizione dell'Onu in generale non si è dimostrata molto efficace ma è a causa delle regole d'ingaggio che possono essere cambiate e che vengono decise di volta in volta.
E come potrebbe intervenire l’Europa per far cessare i bombardamenti sui civili?
Nel Consiglio di Sicurezza siedono come membri permanenti importanti paesi europei. Quella è la sede dove prendere decisioni sulla no fly zone.
Cosa possono fare i singoli Stati?
L'Italia dovrebbe immediatamente e unilateralmente sospendere il Trattato di amicizia italo-libico che ha offerto la base giuridica a Berlusconi per dire   che non intendeva disturbare il dittatore mentre commetteva stragi. L’unica preoccupazione italiana sembra quella di essere “invasi”.
Ma ha ragione Maroni nel dire che l'Europa lascia sola l'Italia davanti al problema dei profughi?
Dopo aver privilegiato l'approccio bilaterale, l'Italia torna a invocare l'Europa. Come sa bene il ministro Maroni, gli stati dell'Unione possono farsi carico della redistribuzione degli oneri solo su base volontaria. Grazie a questo criterio, nel passato l'Italia ha potuto guardarsi bene dall'offrire accoglienza agli sfollati dell'est dopo il crollo del Muro di Berlino o ai profughi dall'ex Jugoslavia. Ovviamente fa comodo alla Lega, elettoralmente parlando, lo spauracchio della migrazione biblica ma è irresponsabile. Serve un atteggiamento più equilibrato nell'affrontare un'emergenza che, tra l’altro, non c’è ancora stata.