Il discorso del segretario del Pd
Bersani: «Qui si chiude una pagina vecchia. Apriamo noi la nuova»
Dieci minuti di intervento per demolire il fantastico mondo berlusconiano. «Chieda il Nobel per la pace», ironizza Bersani. Berlusconi ascolta e scuote la testa, sorride, cerca la complicità di Tremonti.
di Simone Collini
Compiono tutti e due gli anni ma è Bersani a fare la festa al premier. Il leader del Pd interviene in aula per le dichiarazioni di voto e in una decina di minuti demolisce il favoloso mondo di Berlusconi, «l’epoca gloriosa del ghe pensi mi» che doveva portare crescita economica e ha invece prodotto maggiore disoccupazione, «i cinque punti di ribollita» che dovrebbero rilanciare l’azione di governo ma neanche lambiscono «l’Italia, quella vera», «le promesse che marciano sulla Salerno-Reggio Calabria» e le «rivendicazioni di un ruolo internazionale»: «Chieda il Nobel per la pace!», ironizza alla fine Bersani tra gli applausi dei deputati dell’opposizione. E Berlusconi per tutto il tempo annuisce ridendo, oppure scuote la testa, o sorride, dà di gomito al vicino di banco Tremonti e con le mani giunte fa come per dire: ma che va dicendo?
«Voi oggi mettete una fiducia per debolezza, perché nessuno vuole in mano il cerino acceso della crisi. Questa è la fiducia del cerino, parliamoci chiaro», attacca Bersani che ormai con i suoi ragiona su come prepararsi per un voto che potrebbe arrivare in primavera. E che anzi sfida la maggioranza a dire apertamente quello che il ministro leghista Maroni (col quale Bersani si ferma a parlare in Transatlantico) va dicendo riservatamente (nel caso specifico, ieri intercettato dai microfoni di La7, a Vendola), e cioè che tra sei mesi si andrà alle urne. «Non veniteci a dire che abbiamo paura delle elezioni, ve le siete rimesse in tasca voi le elezioni, non noi, attenzione», dice Bersani puntando il dito contro i banchi del centrodestra. «Oggi qui non si apre una pagina nuova, qui si comincia a chiudere una pagina vecchia. La pagina nuova la apriamo noi».
Berlusconi gesticola, Tremonti lo asseconda, Bersani va avanti. «Il Paese ha bisogno di fatti veri e non di propagande di miracoli. Mi spieghi il misterioso motivo per cui lei, signor presidente del Consiglio, non va a Napoli o non lo cita neanche. Io ci vado domani. Vogliamo andare insieme a vedere dove è il miracolo dei rifiuti? Vogliamo andare insieme a L’Aquila per vedere a che punto si trova il programma di ricostruzione? Adesso ci stiamo andando noi. Venga anche lei a farsi un giro».
PARADISI FISCALI DELLA POLITICA
Applausi di qua, contestazioni di là, e Berlusconi in mezzo seduto al banco del governo che si liscia la cravatta, sorride, si sistema il nodo alla gola, scuote la testa, sospira e non sta fermo un attimo. Bersani parla di «un sogno» che poi si è rivelato «una favola» che si è poi «dispersa in mille bolle di sapone». Attacca la Lega «volete spiegarmi per quale diavolo di motivo avete votato tutte le leggi che hanno favorito la cricca?» denuncia la compravendita dei parlamentari «i deputati vanno e vengono, viviamo nei paradisi fiscali della politica, le carriere sono al portatore, le leggi sono al portatore» e difende Fini («non si deve dimettere»)
incassando l’applauso anche di Italo Bocchino quando dice rivolto a Berlusconi: «Lei fa dire ai suoi telegiornali che è l’uomo del fare e non del teatrino della politica. Guardi, lei è l’impresario di questo teatrino qui. La politica da quindici anni sta facendo il girotondo attorno a lei, alle sue questioni, e se lei, come si è visto questa estate, indica con il dito un malcapitato, quello lì va alla gogna per colpe che a lei sarebbero, e sono, mille e diecimila volte perdonate».
Alla fine tutti i deputati Pd sono in piedi ad applaudire. Walter Veltroni (citato dal premier nel suo intervento) si avvicina al segretario per stringergli la mano. Berlusconi aspetta che si spengano gli applausi per ascoltare le dichiarazioni di voto di Fabrizio Cicchitto, al quale intanto il premier ha inviato qualche “pizzino” («Dì che è la Iervolino che non fa la raccolta differenziata»). Il capogruppo del Pdl comincia a parlare e il premier finalmente si rilassa sulla poltrona. Ma ormai è andata, e mentre Bersani più tardi si dice certo che «è stato meglio il mio compleanno del suo», Berlusconi confessa al capogruppo dell’Idv Massimo Donadi, che incrocia in aula: «Sto passando un compleanno di m...».
Repubblica 30.9.10
Il segretario parla di "fiducia del cerino". Casini: Berlusconi non faccia Alice nel paese delle meraviglie
Bersani attacca e scalda i Democratici "Dal premier 15 anni di favole, a casa"
di Giovanna Casadio
Anche Veltroni si complimenta col leader, poi riunisce "Movimento democratico"
ROMA «Un buon compleanno il mio, di certo meglio del suo. Comunque gli faccio gli auguri». Appena apprende i numeri della fiducia che consegnano Berlusconi nelle mani dei "futuristi" di Fini e dell´Mpa di Lombardo Pier Luigi Bersani ripete che sì, «qui si chiude una pagina vecchia». Quella nuova aveva concluso il suo intervento in aula la apriamo noi. I Democratici sono rinfrancati. Il segretario del Pd giudica il governo «ulteriormente indebolito, con una difficoltà vera ad andare avanti; articolato in quattro componenti che neppure sono riuscite a firmare la stessa mozione di fiducia», ma hanno avuto bisogno di presentarne quattro uguali. «Dovrebbero andarsene a casa. Questa è la fiducia del cerino acceso, perché nessuno di voi vuole rimanere con in mano il cerino della crisi. Berlusconi ha deciso di pattinare, galleggiare denuncia Andrà sempre peggio, non ci credono neanche loro, si apre un periodo di instabilità». Perciò, nel giorno del compleanno di entrambi 59 anni per Bersani, 74 per Berlusconi il leader democratico è soddisfatto.
Per lui standing ovation dei suoi, alla fine di un discorso che mira a smascherare il premier-illusionista. Concreto: «Sapete com´è messa la scuola? Quanti servizi salteranno per i tagli agli enti locali? C´è un paese in carne ed ossa...». Incalza, Bersani: «Lei fa dire ai tg che è l´uomo del fare e non del teatrino della politica, ma è l´impresario del teatrino della politica. Sono 15 anni che la politica fa girotondo intorno ai suoi affari. Invece di cinque punti di ribollita servono 3 punti (fisco, burocrazia, lavoro) da realizzare. Servono fatti, non propaganda». Con la propaganda, Berlusconi sembra essere pronto a chiedere «il Nobel per la pace». Lo applaude il capogruppo dei finiani, Italo Bocchino quando il segretario Pd difende Fini e accusa: «Se Berlusconi indica col dito un malcapitato, quello lì va alla gogna». E poi: «Viviamo nel paradiso fiscale della politica, i deputati vanno e vengono, le carriere sono al portatore». Veltroni, l´avversario interno, va a complimentarsi: «Ha svelato le illusioni di Berlusconi».
E se dai banchi del Pdl le contestazioni per Bersani sono contenute, poco prima l´emiciclo è esploso, si è diviso e svuotato per Di Pietro. Il leader di Idv pronuncia una requisitoria anti Berlusconi aspra: «Lei è uno stupratore della democrazia. Un pregiudicato illusionista; è bravo solo a comprare il consenso dei parlamentari; fa come il suo predecessore Nerone; sa fare dossieraggio e killeraggio; i suoi maestri sono quelli della massoneria deviata». Ingiurie che vanno fermate, gridano a Fini i deputati Pdl, battendo oggetti sugli scranni e lasciando l´aula. Il presidente della Camera interviene quattro volte; chiede a Di Pietro di usare un linguaggio «più consono». Ma a Berlusconi non basta. Perde la pazienza il premier e rivolto a Fini chiede di fermarlo. A gesti dà del matto a Di Pietro. L´ex pm non si scompone, però raccoglie gli applausi solo dell´Idv.
Lo attacca Casini l´ex alleato a cui Berlusconi volentieri avrebbe offerto l´agnello grasso purché tornasse da figliol prodigo nella maggioranza: «Lei non faccia Alice, non ci sono neppure le meraviglie. Questa giornata segna l´epilogo di una stagione di ricatti, dossier e odio». Un j´accuse sul «trasformismo cancro della democrazia». No alla fiducia annunciato anche da Tabacci per l´Api: «Lei ha galleggiato su Tangentopoli...». Per l´opposizione è però anche l´ora di essere pronti al "dopo Berlusconi". E ieri sera nasce il "Movimento democratico", la minoranza di Veltroni, Gentiloni, Fioroni. Oggi riunita Areadem. Nichi Vendola, il leader di Sel, in Trasatlantico commenta: «Berlusconi è la Vanna Marchi della politica». E Anna Finocchiaro a Repubblica tv definisce Berlusconi «imbarazzante e senza progetto». E non è nell´opposizione alla Di Pietro «ma nell´alternativa nel paese» che si costruisce la svolta.
l’Unità 30.9.10
La dichiarazione Onu dei diritti dell’uomo
Vecchie idee (ancora nuove) per la sinistra
di Francesco Lenci
Con fatica e con un senso di disperazione cerco di seguire la discussione che oggi si va svolgendo nel Pd e nella “sinistra” sulla necessità di “nuove idee”. Personalmente non
sento alcuna necessità di “nuove idee”. Ne ho presenti di “vecchie” (ma “come nuove”, forse perché poco o mai usate) che se costituissero patrimonio culturale e ideale da non tradire e fossero trasformate in guide di intervento non rinunciabili e non negoziabili permetterebbero di cambiare davvero il quadro politico di questo nostro povero Paese.
Mi limito a fare un paio di esempi di “idee vecchie”, prendendo come riferimento un testo che dovrebbe essere conosciuto da tutti: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite del 1948 (la trovate su Internet all’indirizzo http://www. unhchr.ch/udhr/lang/itn.htm) i cui punti fondanti si trovano, chiarissimi, anche nella Costituzione della Repubblica italiana.
«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza... (Art.1); ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione... (Art.18); ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà... (Art. 25); l’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi... (Art. 26)».
È troppo auspicare che chiunque pensi di poter “guidare” il Paese, qualunque sia la sua età anagrafica, consideri irrinunciabile e non negoziabile il non accettare mai, senza se e senza ma, forme di accanimento “istituzionale” e “popolare” a fare la guerra, non alla povertà, ma ai poveri, ad emarginare chi avrebbe bisogno di accoglienza, a praticare ottusamente intolleranza e fondamentalismo, a perseguitare immigrati alla ricerca disperata di fonti di sopravvivenza? È troppo chiedere che un lavoro dignitoso venga riconosciuto come un diritto inalienabile per ogni cittadino e che venga rifiutata un’organizzazione del lavoro che combina forme di “dispotismo” arrogante (“se vuoi lavorare, queste sono le condizioni”) a mantenimento di sacche di disoccupazione e sofferenza? È troppo augurarsi che abbiano fine le squallide querelles tra i vari Renzi e Veltroni e si cominci a lavorare per il bene comune?
l’Unità 30.9.10
Intervista a Ignazio Marino
«È a rischio l’incolumità delle persone tutelata dalla nostra Costituzione»
di Mariagrazia Gerina
Non è più questione di singoli casi. C’è una vera e propria emergenza, in Italia. Riguarda ciò che accade nelle sale parto. La commissione sull’efficienza del Servizio sanitario presieduta Ignazio Marino ha già aperto una inchiesta. Cosa sta succedendo nelle sale parto? «Il governo dice che il parto in Italia è un evento sicuro. Ma è egualmente sicuro in ogni luogo del paese? La risposta è no. La mortalità materna al momento del parto varia dal 3,9 per centomila delle strutture d’eccellenza del Nord fino a un massimo di 22 per centomila in Sicilia. Se c’è una parte d’Italia dove il rischio è sei volte superiore, qualcosa non va. E siccome qui è “a rischio l’incolumità delle persone”, secondo il titolo V della Costituzione, il governo ha il dovere di intervenire in sostituzione».
Ma l’ultimo episodio si è verificato a Bergamo. «È chiaro che l’attenzione deve essere alta su tutto il territorio. Ma i numeri dicono che la situazione è molto più grave nel Sud, per mortalità al momento del parto che per numero di cesarei. Erano il 10% nel 1980, oggi è il 39%, tre volte di più del teto fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità al 13,7%. Nel cesareo il rischio è tre volte superiore: va eseguito se necessario, altrimenti no».
Una decisione delicata. Ma come è possibile che si litighi in sala parto? «Una lite non dovrebbe mai esplodere in un luogo di cura. Su Bergamo, per ora, abbiamo solo le notizie di stampa. Ma a Messina, invece, abbiamo documentazione che sia andata proprio così. E certo chi non è in grado di concentrarsi sul paziente dovrebbe stare lontano dai luoghi di cura. C’è un punto di metodo però. È normale che la donna al momento del parto voglia avere al proprio fianco il ginecolo che l’ha seguita. Però spesso il medico di guardia è un altro. In Toscana questo problema è stato risolto: il medico di fiducia può assistere la donna ma indossa un camice di carta per ribadire anche simbolicamente che la responsabilità è del medico di guardia. Al Sud ci si mette d’accordo e non sempre funziona. Un numero dà l’idea di quanto sia importante la professionalità del medico. In Campania il 62% dei parti sono cesarei. Però quel numero che è il più alto d’Italia, a Castellammare scende al 16,6%. In passato era al 53% anche lì».
Per altri interventi si può anche decidere di operarsi altrove. Ma di solito si partorisce nel posto più vicino. «Questo è un punto critico. La nostra rete dei punti nascita è stata disegnata negli anni del baby boom. Ed è capillare. Nel frattempo sono diminuiti i parti ed è cambiata la percentuale di donne che partoriscono dopo i 35 anni (meno del 10% prima dell’80, oggi oltre il 30%). Molti punti nascita oggi andrebbero chiusi. Almeno quelli con meno di 500 parti l’anno. Lo ha stabilito il ministero nel 2000. Meglio percorrere venti chilometri di più ma partorire in un luogo si è garantita maggiore sicurezza alla madre e al nascituro».
l’Unità 30.9.10
La protesta dell’Europa sociale
Sciopero e scontri in Spagna
Migliaia di lavoratori europei in corteo a Bruxelles contro le misure di austerity varate dai governi Tafferugli a Madrid e Barcellona, Grecia di nuovo paralizzata. La Cgil in piazza a Roma
Migliaia in piazza a Bruxelles, sciopero in Spagna, il primo dell’era Zapatero. Scontri con la polizia: 30 feriti, 80 fermati, auto e megozi presi a sassate. A Roma, Epifani chiede un «cambiamento della politica».
di Laura Matteucci
Decine di voli cancellati, servizi minimi per treni, metrò, autobus, ospedali e scuole, traffico stradale interrotto dai picchetti: la Spagna gira al rallentatore nella giornata del primo sciopero generale del governo Zapatero, nel giorno della mobilitazione indetta dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces) contro le misure anti-crisi introdotte dai governi, e per rivendicare misure in favore del lavoro e della giustizia sociale. Centommila persone da 30 Paesi diversi, soprattutto belgi, tedeschi e francesi, ma anche polacchi e slovacchi, si sono riversate oggi nelle strade di Bruxelles al suono delle «vuvuzela». La marcia era aperta simbolicamente da falsi «businessman» con manifesti dell’« Associazione europea imprese fraudolente» e dell’«Unione europea degli speculatori». «I lavoratori spiega il segretario generale della Ces John Monks hanno un messaggio chiaro per i dirigenti dell’Europa: siete ancora in tempo a cambiare strada. Perchè questi piani avranno un effetto disastroso sulle persone e sull’economia».
Protesta anche a Roma, con la Cgil (ma non Cisl e Uil) in piazza e il leader Gulielmo Epifani che lancia l’affondo contro il governo: «Con un esecutivo che affronta la crisi attaccando i diritti, lasciando solo il Mezzogiorno, non affrontando i problemi della competitività, non ci può essere nessun patto per la crescita del Paese, che reclama invece un cambio radicale delle politiche», scandisce. «Il patto sociale presuppone la condivisione delle scelte continua Io chiedo un radicale cambiamento delle politiche. Ecco perchè questo rende non possibile un patto sociale con tutti, mentre è possibile un cammino su singoli temi nell’interesse dei lavoratori».
FERITI E FERMATI
In Spagna, intanto, la protesta promossa dai sindacati Ugt e Ccoo attacca la riforma del mercato del lavoro, che diminuisce le indennità di licenziamento, congela le pensioni e gli stipendi pubblici. Le manifestazioni più importanti a Madrid e Barcellona, teatri anche di disordini, scontri con la polizia, con un bilancio di una trentina di feriti e 80 arresti, auto e negozi presi a sassate. Lo sciopero generale è arrivato alla vigilia della presentazione in Parlamento della Finanziaria per il 2011, in un Paese strangolato dal debito e dove il tasso di disoccupazione è al 20%, il più alto dell’Ue.
Manifestazioni e scioperi di trasporti e personale sanitario ospedaliero hanno creato molti disagi anche in Grecia. Ad Atene si sono fermati i mezzi pubblici, in tutto il paese hanno incrociato le braccia i ferrovieri. In sciopero anche i medici ospedalieri, cui si aggiunge la mobilitazione dei farmacisti contro i piani del governo di liberalizzazione.
Le proteste giungono mentre il paese si trova alle prese con il blocco degli autotrasportatori, che ha lasciato vuoti i supermercati delle principali città e isole. La Grecia deve ottemperare agli obblighi di austerity e riforme economiche imposte dall’Unione e dal Fondo Monetario internazionale in cambio di un megaprestito di 110 miliardi, che ha per ora evitato al Paese la bancarotta.
il Fatto (da The Guardian) 30.9.10
Rosa è il colore della rivoluzione
Carcere, torture e calunnie contro la rete delle attiviste iraniane
il Movimento Verde nato dopo il voto del 2009 ha messo al centro della protesta i diritti delle donne
di Peter Beaumont e Saeed Kamali Dehghan
Shahrzad Kariman è riuscita finalmente a vedere sua figlia Shiva Nazar Ahari per pochi minuti nel Tribunale di Teheran dove la 26enne attivista dei diritti umani era stata condotta per essere processata. “L’abbiamo appena vista”, ha detto Kariman. “Solo il tempo di abbracciarla. Ma non abbiamo nemmeno potuto chiederle come era andato il processo”.
I capi d’imputazione sono gravissimi per l’Iran: muharebeh (guerra contro Dio). In teoria un reato punibile con la pena capitale, mai contestato prima ai dissidenti politici. Ma l’accusa forse più grave – negata sia dalla sua famiglia che dalla sua organizzazione – è quella di collusione con il gruppo Mujaheddin-e Khalq ritenuto dal regime un’organizzazione terroristica. Secondo la sua famiglia Shiva Nazar Ahari condanna questo gruppo e il terrorismo. Arrestata due volte dopo le elezioni del giugno 2009 e detenuta nella famigerata prigione di Evin, Nazar Ahari, dal dicembre scorso non ha potuto comunicare con l’esterno.
I loro volti visti da mezzo mondo
ASSIEME A LEI è stata arrestata Mahboubeh Abbasgholizadeh, attivista e cineasta che successivamente è riuscita a lasciare il Paese ed è stata condannata in contumacia a due anni e mezzo di reclusione. Nei 15 mesi trascorsi dalle elezioni-truffa, i volti di queste e di altre donne sono stati visti in tutto il mondo. Accanto ai loro ci sono i volti delle donne morte, come Neda Agha-Soltan, assassinata il 20 giugno 2009 durante una manifestazione di protesta. Oltre alle attiviste, altre donne iraniane sono diventate tristemente famose per-
ché minacciate di essere giustiziate. Emblematico il caso di Sakineh Ashtiani, la 43enne madre di due figli condannata alla lapidazione per adulterio. È semplice la ragione per cui c’è uno stretto legame tra le donne che si battono per i diritti e Sakineh Ashtiani. Le loro storie riflettono aspetti diversi della tragedia iraniana: il ruolo delle donne e la reazione del regime pronto ad accusarle dei reati più inverosimili e a processarle senza garanzie.
Una cosa è certa: il Movimento Verde nato sull’onda delle elezioni del 2009 ha messo al centro della sua protesta i diritti delle donne. La dottoressa Ziba Mir-Hosseini, un’attivista che vive e insegna a Cambridge, sostiene che, considerata la storia dei diritti delle donne in Iran, era inevitabile che le donne fossero in prima linea nella lotta tra “dispotismo e democrazia. È una tensione esacerbata dal contraddittorio atteggiamento della Rivoluzione islamica del 1979 nei confronti dei diritti politici delle donne. Le leggi sulla parità di diritti in seno alla famiglia e in materia di divorzio introdotte dallo scià, furono abrogate dopo la sua caduta. La Rivoluzione islamica permise alle donne di continuare a votare, ma gradualmente tolse loro diritti con il pretesto di difendere il loro onore’”. “Mohammad Khatami durante gli 8 anni di presidenza e di governo riformista istituì un ‘Centro per la partecipazione femminile’ grazie al quale il numero delle Ong femminili passò in Iran da 45 a oltre 500”, aggiunge Ziba Mir-Hoseini. “E si andò affermando nelle giovani generazioni il femminismo, parola che nei primi anni ’80 non poteva essere nemmeno bisbigliata. Nel 2006, un anno dopo l’elezione di Ahmadinejad, sebbene la campagna tutta al femminile “Un milione di firme” fosse riuscita a bloccare temporaneamente la riforma del diritto di famiglia voluta dal nuovo presidente che avrebbe reso la poligamia più facile per gli uomini e il divorzio più difficile per le donne, il ruolo sempre più attivo delle donne nelle manifestazioni di protesta finì per mettere le attiviste in rotta di collisione con i falchi del governo.
“Le donne erano in prima fila ed è anche per questo che tra i principali obiettivi del governo c’è l’attacco ai diritti delle donne”, dice Maryam Namazie dell’organizzazione ‘Solidarietà con l’Iran’.
Ma, con l’eccezione del premio Nobel Shirin Ebadi, l’attivismo delle donne in Iran era praticamente ignorato dagli organi di informazione internazionali prima del 2009. Poi c’è stato il cosiddetto “effetto Neda” e il mondo ha cominciato a occuparsi delle donne che in Iran si battono per la democrazia. Un ultimo elemento è la condanna a morte per lapidazione di Sakineh. La vicenda ha dimostrato al mondo quanto le attiviste iraniane andavano dicendo da tempo, vale a dire che era in atto il tentativo di azzerare completamente i diritti delle donne.
Arrestata a luglio 2009 mentre stava andando all’Università di Teheran, Shadi Sadr, avvocato, è stata rinchiusa nel carcere di Evin in isolamento e interrogata sulle attività dei movimenti femminili e sulle elezioni per poi essere incriminata di attentato alla sicurezza nazionale. Due giorni dopo l’inizio del processo Shadi Sadr è fuggita in Turchia. Parlando Shadi Sadr dice: “Non mi è mai stato permesso di vedere Shiva. Poi sono stata arrestata e, per ironia del destino, sono finita nella stessa cella dove era stata rinchiusa. Sul muro della cella c’erano ancora i messaggi scritti di suo pugno. Un avvocato e la sua cliente nella stessa cella. Una cosa impensabile. Non mi era stato permesso di ascoltare cosa aveva da dire, ma l’ho letto sul muro della cella. L’arresto di Shiva e in particolare l’accusa di muharebeh, sono un messaggio chiaro alle attiviste: smettetela se non volete essere uccise”.
Le vicende di Shadi Sadr, Shiva Nazar Ahari e Mahboubeh Abbasgholizadeh sono quanto mai istruttive. I loro casi sono stati utilizzati come pretesto per smantellare il movimento dei diritti delle donne e per ridurre al silenzio le donne agitando la questione della sicurezza nazionale. Il regime ha parlato di legami con il “terrorismo” o di collaborazione con Paesi stranieri allo scopo. Lo scopo, dice Parisa Kakaee, veterana del movimento dei diritti delle donne, è quello d’offrire alle attiviste 3 alternative: “Stare zitte, andare in prigione o lasciare il Paese”.
Sempre meno, e meno libere
IL MESE SCORSO è stata la volta di Nasrin Sotoudeh, 45 anni, avvocata e collega di Shirin Ebadi che nella sua carriera ha difeso molte attiviste. Nasrin è stata avvicinata da agenti dei servizi e minacciata di essere arrestata se avesse continuato a patrocinare la premio Nobel che è riuscita a lasciare il Paese un giorno prima delle elezioni. Qualche giorno dopo Nasrin Sotoudeh è stata arrestata.
Commentando il suo arresto, Shirin Ebadi dice: “La sola ragione per cui è stata arrestata è perché difende senza paura le attiviste incriminate per la loro azione politica. Dopo le elezioni si è intensificata l’azione di intimidazione nei confronti degli avvocati, in particolare delle donne. Molte sono state costrette a lasciare l’Iran e alcune sono in prigione. Nasrin era tra le poche avvocate e attiviste ancora a piede libero”. Shirin Ebadi è sicura delle ragioni per cui il regime ha paura delle donne: “Ricordate bene le mie parole: saranno le donne a portare la democrazia in Iran”.
Copyright The Guardian Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
Repubblica 30.9.10
Un saggio sulle rivoluzioni grafiche da Diocleziano a Gutenberg
Come la scrittura cambiò il mondo
Il modo di confezionare i libri era spesso il risultato di giochi di potere
di Agostino Paravicini Bagliani
Più di cinquecento anni fa, l´invenzione della stampa ad opera di Gutenberg inaugurò una fase nuova nella storia della cultura occidentale, sostituendo al libro manoscritto, di per sé unico, la possibilità di riprodurre un libro simultaneamente per un numero di copie potenzialmente illimitato. La stampa con caratteri mobili aveva così posto le premesse di una sempre maggiore democratizzazione del sapere. Nei secoli precedenti, il libro e la scrittura erano stati monopolio delle classi sociali elevate, religiose e aristocratiche, e persino le forme grafiche di scrittura erano il risultato di giochi di potere. È questa una delle linee di fondo dell´aggiornata e brillante storia delle scritture antiche e medievali a cura di Paolo Cherubini e di Alessandro Pratesi (Paleografia latina. L´avventura grafica del mondo occidentale, Scuola Vaticana di Paleografia, pagg. 785, euro 50).
Già il III secolo aveva conosciuto una rivoluzione grafica con la nascita di una scrittura latina vergata con lettere minuscole. La nascita del doppio binario grafico, maiuscolo e minuscolo, di cui ci serviamo ancora oggi aveva cause sociali e politiche. Nell´impero di Diocleziano, l´alfabetizzazione aveva raggiunto tassi elevatissimi, esigendo forme di scrittura capaci di assicurare una maggiore leggibilità.
L´alta cultura classica e la religione cristiana che si stava sempre più affermando volevano però disporre anche di libri di prestigio, un desiderio così profondo da far nascere una nuova scrittura, l´onciale, che per cinque secoli (dal quarto al nono) fu il principale vettore della nuova cristianità, da Costantinopoli alla Spagna, dall´Egitto all´Inghilterra. I codici che Gregorio Magno (590-604) affidò al monaco Agostino quando lo inviò in Inghilterra per convertire gli Angli erano stupendi codici scritti in onciale.
Gregorio Magno viveva in una nuova Europa, governata dai Visigoti in Spagna, dai Longobardi in Italia, dai Franchi in Gallia. In questa Europa, nata dalle spoglie dell´Impero romano, l´uniforme scrittura minuscola latina finì per lasciare il passo a scritture nazionali, insulari (Irlanda, Inghilterra), merovingiche, visogotiche e così via.
Intorno all´anno 800, l´affermazione dell´impero di Carlomagno produsse una nuova uniformizzazione della scrittura. Il rinnovamento degli studi voluto dal nuovo imperatore aveva bisogno di un supporto grafico chiaro, ordinato, elegante, per diffondere gli autori classici e le imponenti glosse dei loro commentatori oltre che la letteratura biblica e cristiana. Non a caso, a creare la scrittura carolina fu il consigliere culturale di Carlomagno, il monaco Alcuino, uno dei più alti intellettuali dell´epoca.
Anche le università di Bologna e di Parigi dominarono per almeno due secoli il panorama grafico europeo, imponendo una nuova scrittura, la minuscola gotica, capace di accelerare la lettura di testi sempre più numerosi (sono ben più di 13.000 gli autori medievali stando al recente repertorio – Bislam – pubblicato dalle Edizioni del Galluzzo www.sismel.it), grazie anche alle numerose abbreviazioni, veri e propri ideogrammi indispensabili a una rapida assimilazione mnemonica. Insomma, anche le forme grafiche di scrittura hanno contribuito a costruire negli ultimi secoli del Medioevo un´Europa universitaria omogenea.
Verso la metà del Trecento, Petrarca, Boccaccio ed altri preumanisti si dissero però insoddisfatti delle litterae scholasticae, perché troppo ricercate e poco leggibili, e incominciarono a sognare una scrittura più adatta a sostenere la nuova cultura cui aspiravano. La realizzazione di questo sogno avverrà all´inizio del Quattrocento a Firenze, per opera di uno dei primi umanisti, Poggio Bracciolini, il quale, nel tentare di ritrovare la scrittura dell´antichità romana creò la scrittura umanistica che è di fatto un´imitazione geniale della carolina del dodicesimo secolo... Come già la riforma scolastica di Carlomagno o le nascenti università medievali, anche l´umanesimo ebbe dunque bisogno di un supporto grafico uniforme quale veicolo di comunicazione di profonde idealità culturali.
Repubblica 30.9.10
Marilyn quella bambina che guarda nell'abisso
Così Norma Jeane sognava di essere una farfalla
di Antonio Tabucchi
Anticipiamo un brano dello scrittore che introduce le riflessioni inedite dell´attrice americana
Questi testi rivelano l´altra faccia della luna C´è l´anima di una donna colta e poetica
Se fosse un film sarebbe un flashback. Si vedrebbe una bambina dal viso dolce e gli occhi grandi che si chiama Norma Jeane, indossa una calzamaglia con due alucce trasparenti sulle spalle che la fa sembrare una creatura uscita dal mondo di Peter Pan, cammina su un cavo teso in alto, molto in alto, come un´acrobata, con le braccia che fanno da bilanciere, avanza in precario equilibrio, eppure sembra sicura di sé, con la sicurezza inconsapevole dei sonnambuli. Ma non dorme, è ben sveglia; che strano, non è un cavo d´acciaio, l´obiettivo si avvicina, è un filo di seta che oscilla pericolosamente nell´aria. Come può un filo così sottile reggere una bambina sospesa nel vuoto?
La bambina guarda in basso, verso l´abisso. Da una parte, c´è una casetta modesta a cui il misterioso regista del film ha fatto togliere il tetto affinché si possa vedere l´interno come nelle maquettes delle agenzie immobiliari.Dentro c´è una donna dall´aria disperata, indossa una vestaglia, ha una bottiglia di liquore sul comodino, il letto è disfatto, accanto a lei c´è un marinaio dall´aria rozza che ride, ma senza che si possa udire, e che tende le mani verso la bambina per afferrarla. Ha braccia mostruosamente lunghe, anzi, che si stanno allungando fino a sfiorare i piedi della bambina. Ma lei avanza senza paura e guarda dall´altra parte del filo, verso la parete di un grattacielo di New York; allora appoggia i gomiti nell´aria come se si affacciasse a un balcone. In fondo all´abisso, sul marciapiede di una strada percorsa dalle automobili, c´è una folla che la invoca con ampi gesti, la acclama, tende le braccia verso di lei, e tutte quelle braccia di tutta quella folla cominciano ad allungarsi mostruosamente fino a sfiorarle i piedi. La vogliono, la reclamano, urlano. Ma si vedono solo bocche spalancate, perché il film è muto e in bianco e nero. Da quale parte scendere?
A questo punto nel film irrompe una voce off. Viene dalla bambina, ma lei non apre bocca: dolce e un po´ nasale, infantile ma adulta, sembra implorare la vita di guidare i suoi passi.
Vita –
Ho in me entrambe le tue direzioni
Restando come appesa all´ingiù
più spesso
ma forte come la tela di un ragno al
vento – esisto di più nella fredda brina scintillante.
Ma i miei raggi perlati hanno i colori che ho
visto in un quadro – ah vita ti hanno
imbrogliata
La voce off sta recitando una poesia di Marilyn Monroe. Non è più un flashback, è un flashforward. Non è più un film, è la vita vera, siamo a questo libro. Un libro che ci rivela a posteriori una personalità intellettuale e artistica che i più non potevano sospettare, neppure i biografi e gli esegeti più attenti. I documenti che questo volume ci consegna rivelano un´altra Marilyn rispetto all´immagine che il cinema ha lasciato di lei: un´immagine in cui prevale, al di là di quella di registi come Huston e Hathaway che l´hanno chiamata per ruoli complessi come la sua personalità meritava, la figura di una bellissima donna bionda, all´occorrenza candida, o comunque dotata di un´intelligenza che non disturbi l´intelligenza maschile, una donna affascinante, quella del cinema, affascinante e nata con la funzione di sedurre gli uomini: la donna che ogni uomo sognerebbe di avere soprattutto "quando la moglie è in vacanza".
Questo libro è l´altra faccia della luna, e tuttavia non nega l´immagine-icona della Marilyn cinematografica, quel meraviglioso naturale involucro del quale la natura dotò Marilyn, anzi lo anima di un´energia incredibile. Dentro quel corpo, che in certi momenti della sua vita Marilyn portò come si porta una valigia, viveva l´anima di un´intellettuale e di un poeta che nessuno sospettava.
Come sarebbe stata la storia se Marilyn, invece di avere quella straordinaria bellezza che la rese celebre per il cinema, fosse stata una donna dall´aspetto comune? Avrebbe pubblicato in vita quello che noi leggiamo ora e probabilmente si sarebbe suicidata come si è suicidata Sylvia Plath. E forse si sarebbe detto che come Sylvia Plath si era suicidata perché era troppo sensibile e troppo intelligente, e le persone troppo sensibili e troppo intelligenti soffrono di più delle persone poco sensibili e poco intelligenti e tendenzialmente si suicidano (questo lo sostengono gli psichiatri e le statistiche). Se le persone scarsamente sensibili e intelligenti tendono a far del male agli altri, le persone troppo sensibili e troppo intelligenti tendono a fare del male a se stesse: chi è troppo sensibile e intelligente conosce i rischi che comporta la complessità di ciò che la vita sceglie per noi o ci consente di scegliere, è consapevole della pluralità di cui siamo fatti non solo con una natura doppia, ma tripla, quadrupla, con le mille ipotesi dell´esistenza.
Questo è il grande problema di coloro che sentono troppo e capiscono troppo: che potremmo essere tante cose, ma la vita è una sola e ci obbliga a essere solo una cosa, quella che gli altri pensano che noi siamo.
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Idolo nel senso etimologico della parola (greco eidolon, il doppio "aereo" di un vero corpo), Marilyn sembra fuori da se stessa, o accanto a se stessa, come se avesse un´aura a lei identica ma imprendibile, e lei coincidesse più con quest´aura che con il suo corpo.Una donna di una carnalità così gioiosa, con un doppio fatto d´aria per la malinconia. È mai possibile?
Siamo sulla spiaggia di Long Island. È il 1949, e André de Dienes la sta fotografando. È la fine della seduta fotografica, Marilyn per tutto il pomeriggio ha prestato il suo corpo all´obiettivo, ora stanno parlando, come si può parlare sulla spiaggia: ipotesi, sciocchezze, cose astruse, altre vite possibili dopo questa vita terrena. Tutti noi, lo ricordiamo, una volta abbiamo parlato di cose così, d´estate, sulla spiaggia, cose tipo reincarnazioni ed altre metafisiche tascabili. All´improvviso Marilyn ha un´idea. È allo stesso tempo una premonizione e una inconsapevole presa di coscienza, come può succedere solo a coloro che riescono a vedersi dal di fuori. Sibilla di se stessa, Marilyn si vede come farfalla: «Un giorno, mentre la stavo fotografando, ci avventurammo in una lunga discussione sulla reincarnazione. Eravamo all´aperto, sotto un bel cielo dove correvano le nuvole. Marilyn era contenta e rideva. Mi confessò che nella sua prossima vita avrebbe voluto essere una farfalla. Inseguendo le nuvole le dissi: "Guarda, Norma Jeane, intorno a noi c´è una forma di reincarnazione palese. Una buona parte del nostro corpo è fatta di acqua. Quando moriamo, quest´acqua evapora e si trasforma in nuvole. Le nuvole diventano pioggia e la pioggia fertilizza la terra, dove crescono le piante che gli animali e gli uomini mangeranno. È così che il ciclo della vita si ripete di continuo". Marilyn mi rispose: "Vuoi che diventi una nuvola? E allora fotografala!". Spalancando le braccia mi corse incontro, il viso rivolto al cielo, i capelli al vento...». (André de Dienes, Marilyn, Taschen, 2004).
Marilyn non è solo un mito o un´icona (pare che l´immagine del suo volto sia conosciuta nel mondo quanto La Gioconda di Leonardo). Forse, mentre André de Dienes la sta fotografando Marilyn ha visto la propria "essenza", e ha pensato di offrirla all´obiettivo. Ma l´aura non può restare impressa nella pellicola, sarebbe come fotografare una cefalea – e infatti André de Dienes cercherà di fare un montaggio infilando Marilyn fra le nuvole.
Marilyn non lo sa, ma il suo è già un commiato, quasi una psicoanalisi "selvaggia" di se stessa, il desiderio di staccarsi dalla vita corporea per volare come farfalla verso il suo Nonsodove. Sta guardando il suo Phantasma. (...)
© Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano
© Antonio Tabucchi 2010