venerdì 9 febbraio 2007

Repubblica 9.2.07
TUTTE LE MADRI DEL MEDITERRANEO
Una mostra sull'archeologia turca


Spicca una sculturina di diciannove centimetri, una divinità che ha molte gemelle nel mar Tirreno
Una "Camera delle Meraviglie" con pezzi molto antichi neolitici, assiri ed ittiti: sette millenni di storia
Pugliese Carratelli già trent´anni fa proponeva di cercare tracce "micenee" in Italia
Le teorie di Mommsen sull´incapacità degli Elleni antichi di navigare per mare
Tra i pezzi più interessanti c´è uno specchio usato da Solimano il Magnifico
La Chiesa di Roma ipotizzò che Maria sarebbe morta vicino alla città di Efeso

ROMA. «Una faccia, una razza!». Chissà se a dircelo per primi - a noi Italiani, almeno sei millenni fa - non sian stati proprio i Turchi? Certo a guardarsela per bene questa loro Dea Madre del IV millennio a. C. che apre la mostra "Turchia 7000 anni di civiltà", allestita da Louis Godart, al Quirinale, per festeggiare i 150 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Turchia, il sospetto viene: vien da pensare che a quel secolo e mezzo sancito dall´ufficialità, ne andrebbero aggiunti almeno altri 60 di secoli.
Seimila anni di preistoria e storie, un tempo comuni.
E una sculturina minima in calcare, questa Dea di Canhasan, 19 centimetri in tutto, e tutti inquartati nella posizione austera e accovacciata che i canoni di quell´epoca di fede le avevano affibbiato. Ha lasciato il suo Museo di Ankara per mostrare a noi e all´Europa di Bruxelles, quanto antiche siano la civiltà e la religiosità in Anatolia. E, ora, fa da pezzo forte a questa Wunderkammer tutta turca che chiuderà i battenti il 31 marzo prossimo dopo aver mostrato 46 reperti eccellenti, emblematici, scelti con cura, uno per uno da Godart, per rievocare le tappe fondamentali di quella civiltà (la mostra sarà poi allestita all´Archeologico di Napoli, ndr.).
Quindi: roba neolitica, e assira, e ittita; e sigilli (che fanno presupporre depositi e magazzini da tener sotto controllo); e scritture, appena nate; e i primissimi sistri di bronzo; e altri bronzi (che troveremo simili anche in Europa, ma molto dopo); e vasi lustrati ad arte, già nel III millennio a. C. Via via - accennando soltanto a Bisanzio - si arriva fino alle raffinatezze dell´Islam che lì affina l´arte nuova - ormai, senza più figure umane - fatta solo dei suoi caleidoscopici arabeschi simbolici. E gioielli, e boccali in cristalli di rocca, e Corani istoriati da non credere. C´è, in mostra, persino uno specchio - tutto giade, rubini, diamanti e turchesi - che era usato da Solimano, il Magnifico.
Lei, però, quella Dea Madre del IV millennio a. C., sembra saperla più lunga di tutti: viene da lontano, andrà lontano. Capelli raccolti dietro la nuca, occhi quasi a mandorla, faccia paffuta, un po´ tutta sovrappeso, come allora piaceva assai. Dimagrirà nel millennio successivo: si affilerà nel marmo bianco e nelle geometrie sacrali per unire - in un unico credo - il mare da Est a Ovest.
Del resto il suo compito era di tutto rispetto: opulenta prima, stilizzata poi, la Dea Madre in molte zone del Mediterraneo - in Turchia, nelle Cicladi, in Sardegna - doveva accompagnare nell´Aldilà il morto in modo che una volta arrivato laggiù, non si sentisse troppo solo e, soprattutto, non tornasse, per nostalgia, a disturbare i suoi cari.
Paciosa, morbida e tranquillizzante com´è, non si direbbe proprio che questa Nostra Signora dei Turchi sia arrivata qui da noi per seppellire definitivamente un dogma che - seppur datato alla metà dell´Ottocento - ha influenzato, ritardandoli, moltissimi ragionamenti archeologici del secolo appena finito.
Del resto a promulgarlo ex cathedra era stato nientemeno che Theodor Mommsen, e per di più l´aveva fatto nella sua Storia di Roma antica, dove - già nel II capitolo, come una premessa - sentenziò: «Indubbiamente le più antiche migrazioni di popoli avvennero tutte per via di terra, specialmente quelle verso l´Italia, le cui coste potevano essere raggiunte per mare solo da esperti naviganti ed erano quindi ancora al tempo di Omero perfettamente sconosciute agli Elleni».
Oggi si sa che non è così. Ma - con questa sua frase (che, però, sottende tutta l´opera del grande antichista tedesco) - il Mommsen riuscì a semplificarci il Passato Remoto: i riflettori e le attenzioni di molti antichisti, italici e ortodossi, puntarono tutto sulle Super Razze e si accoccolarono nello studio dell´autoctonia dei Popoli, mettendo al bando ogni comparativismo.
Nacquero persino le teorie del «hic et nunc», il «qui e ora» delle etnie: da studiarsi soltanto sul posto. Radici o migrazioni diventarono off limits per gli studiosi più seri. I racconti degli Antichi? Fiabe pazze da prender con le pinze.
Già il grande grecista Giovanni Pugliese Carratelli, aveva rischiato l´accusa di eresia quando, una trentina di anni fa, stimolò gli archeologhi affinché cercassero tracce «micenee» qui da noi, in Italia. Presto, però, la ricerca gli diede ragione: in Sicilia, a Ischia, in Sardegna, Puglia, persino in Veneto, saltarono fuori e riconosciuti reperti datati al XIII e XII secolo a. C. - proprio l´età raccontata da Omero - a legare strette strette le genti mediterranee e a fare assai più grande il mondo e il mare degli Antichi.
Eppure - e proprio grazie a quel dogma promulgato da Mommsen - in certi ambienti ci si continua ancor oggi a stupire se, di tanto in tanto, relitti di bastimenti del II millennio a. C. restituiscono merci dell´intero Mediterraneo.
Ora questa madonnina turca del IV millennio, quasi gemella alle sue coetanee neolitiche di Sardegna. A riguardarsela da vicino vicino - adesso che troneggia in vetrina, lì, al Quirinale - sembra materializzarci le antiche rotte di cui favoleggiarono i Sargon prima, gli Ittiti poi, con l´Anatolia a far da grande imbarcadero della civiltà: Terra Madre!
Solo che, ormai, nessuno se lo ricorda più: né al Museo di Ankara (dove normalmente questa statuina è esposta), né in quelli sardi, (dove sono in mostra le sue sorelle) e neppure all´Archeologico di Bruxelles (dov´è un´altra loro parente stretta, con la testa un po´ più sottile, trovata nelle Cicladi), vengono sottolineati questi loro gemellaggi transmarini.
Eppure l´ha sottolineato con scrupolo in catalogo, Godart: «Fin dal neolitico le scoperte e le conquiste culturali di cui le terre anatoliche sono state teatro hanno segnato profondamente la civiltà europea e, a sua volta, la civiltà occidentale ha plasmato in parte il volto della Turchia moderna». Figurarsi che, ormai, c´è chi - come Gray & Atkinson, su Nature del novembre 2003 - assicura che gli Indoeuropei proprio da lì siano partiti per regalarci lingue tutte apparentate, insieme ai semi giusti per l´agricoltura e ai cento segreti dell´allevamento.
Ed è una storia infinita quella nostra che s´intreccia con la loro.
A dare ai Greci quel che è dei Greci, ormai, ci siamo abituati. Spesso, poi, però, ci si dimentica di ricontrollare quanto la Grecia classica si sentisse debitrice con l´Anatolia, il paese dell´alba: l´altra metà del suo cielo. Omero? C´è chi ce lo giura mezzo turco. Esiodo, il teologo? Lo racconta lui stesso - proprio mentre sta costruendo un Pantheon agli Elleni - che suo padre era emigrato da Cuma eolica «non certo fuggendo gli agi, né la ricchezza e il benessere, ma la cattiva povertà che Zeus assegna ai mortali».
Per non parlare di Dioniso che - parola sua, ma grazie alla penna dell´Euripide di Baccanti - nel V secolo a C. si autocertifica così: «Mia patria è la Lidia». Tanto che Penteo, con cui il Dio della Vite sta dialogando, gli ribatte: «E com´è che vieni ora a portare questi riti nell´Ellade?». E son targati Turchia anche uomini che sembrano dèi - come Mida, e Creso - insieme a dèi che soffrono come uomini, come Prometeo. E Demetra/Madre Terra da dove ci arriva se non dalla Dea Madre di Ìatalh´y´k («Un pezzo che rimpiango: l´avrei voluto qui, in mostra» confessa Godart) che - datata VI millennio a. C., ritratta trionfante in trono mentre sta partorendo - si prende il primato delle divinità femminili mediterranee che via via si materializzeranno nell´elaboratissima Artemide di Efeso, pregata in mezzo mondo, fino su alla Marsiglia dei Focei, lupi di mare d´antan.
Roba vecchia? Cose turche? Solo turche?
Fino a un certo punto: dopo mille cautele la Chiesa di Roma, nel secolo scorso, decise che proprio in una casa a pochi chilometri dalla Efeso di Artemide, (ritrovata dagli archeologhi, grazie alle visioni di una mistica austriaca), sarebbe morta Maria, la madre di Gesù.
Nel 1967 Paolo VI si recò lì a pregare l´ultima nostra Dea Madre.