domenica 17 dicembre 2006

l'Unità 17.12.06
Giordano: Casini vorrebbe un governo dc eterno

ROMA La proposta lanciata da Pier Ferdinando Casini di un governo dei volenterosi che escluda le ali estreme del Parlamento, non suscita particolari inquietudini nel segretario di Rifondazione comunista Franco Giordano: «Casini è simpatico, vorrebbe un governo democristiano eterno. Un'aspirazione legittima ma non si può tradurre nella realtà italiana, che nel frattempo è molto cambiata». Quanto alla definizione di governo dei volenterosi Giordano replica con una battuta: «Noi tutti siamo volenterosi - dice - non capisco perché questa distinzione sulla sinistra radicale. Anche noi abbiamo tanta voglia di cambiare questo paese». «Più seriamente - aggiunge Giordano - c'è un disegno che porta al governissimo che vorrebbe snaturare il mandato elettorale. A quel punto non esisterebbe più l'Unione, ma non mi pare siamo in queste condizioni».

l'Unità 17.12.06
Indulto e pregiudizio:
Erba, l’immigrato e gli orrori di stampa
di Carlo Patrignani

Cara Unità, qualche giorno fa i maggiori mass media ci informano che un tunisino 25enne ha ucciso spietatamente tre donne (moglie, suocera e vicina di casa) e un bambino di due anni, suo figlio. Perché? Non ce lo dicono, quel che tengono a evidenziare è che il tunisino è in libertà grazie all’indulto, all’indigesto indulto. Colpa dell’indigesto indulto, allora, se un musulmano, il temuto extracomunitario, ha compiuto una strage familiare che mai un occidentale farebbe.
Tre dati concomitanti, dunque, la strage, il musulmano e l’indulto, assemblati insieme per confezionare una notizia che, rivelatasi falsa, sottintende ben altro che una svista, una distrazione, una disattenzione.
L’informazione in sé non esiste, esistono i giornalisti che o fanno servizi o scrivono articoli: dipende dal «fare informazione», la loro affidabilità e credibilità, la loro onestà. Appunto, in questi giorni mi son chiesto: cos’è l’onestà? È non rubare, non truffare, non far del male o altro?
«L’onestà è un modo di essere: cosa mi ha insegnato la vita? Ad esser onesto, prima di tutto». E non si è onesti per il timore di leggi più o meno severe o per la pena da scontare, per il carcere («queste - diceva - sono cose che appartengono al fascismo») ma «per la coerenza» tra dire e fare, tra enunciazione e comportamento, «per non ingannare mai gli altri».
In questo modo, Riccardo Lombardi rispondeva, a suo tempo, alla questione morale posta dal Pci: «non aspiriamo ad un governo degli onesti, ma un governo diverso, di sinistra».
Mi serve questa considerazione dell’ingegnere socialista per comprendere cosa c’è dietro la campagna mediatico-politica contro l’indulto, contro il musulmano, l’extracomunitario, che ovviamente ha un’altra cultura e religione: non sarà per caso che ciò che è «diverso» (e ci metto anche la donna) è temuto perché rende evanescenti e inconsistenti convenzioni e conformismi per quieto vivere?
Carlo Patrignani

il manifesto 17.12.06
VOI SIETE QUI
D'Alema ha sorriso

Ho fatto un mio personale sondaggio e ho scoperto che c'è solo una cosa che interessa alla gente comune meno del cricket e della vita dei lamellibranchi: il partito democratico. Eppure non mancano piccoli segnali, noterelle di costume, indizi che l'appassionante argomento sta prendendo piede nei cuori del popolo. Ecco degli esempi.
Un ragioniere di Modena è stato il primo italiano a risolvere il difficile rompicapo «Sudoku del Partito Democratico». E' riuscito a infilare tutti in un quadratino di nove caselle senza mettere sulla stessa riga la Binetti e Livia Turco. Ha ricevuto le felicitazioni di Palazzo Chigi e una telefonata di Rutelli. D'Alema ha sorriso.
Ancora misterioso il possessore del biglietto vincente della Lotteria Italia, quest'anno abbinato ai grandi leader del Partito Democratico. Il biglietto è stato venduto all'Autogrill La Macchia Est (Frosinone). Il tagliando vincente, F264294, abbinato ad Arturo Parisi, è probabilmente finito nelle mani di un automobilista di passaggio.
I ragazzi della 4° B dell'istituto tecnico Volta di Pescara hanno realizzato il Partito Democratico in laboratorio. «E' bastato capire a che temperatura si scioglieva la Margherita e a che temperatura i Ds. Poi li abbiamo mischiati allo stato gassoso». Unico incidente: Mussi non voleva sciogliersi ed è stato abbattuto a badilate. Congratulazioni dalle autorità scolastiche. D'Alema ha sorriso.
Al via il concorso di architettura per progettare il grande palasport dove si terrà il primo congresso del Partito Democratico. Alcune proposte innovative: le poltrone della dirigenza orientate verso il Vaticano, o le seicento stanzette singole per i 600 delegati al congresso, per simboleggiare l'unità e la coesione della nuova forza politica. Visti i progetti, D'Alema ha sorriso.
Esaurito in tutti i negozi (e introvabile fino a dopo Natale, lo dico per i genitori) il Partito democratico della Barbie. Il giocattolo più fortunato dell'anno è letteralmente andato a ruba, soprattutto per l'effetto sorpresa. Tolta la carta da regalo e i fiocchi, aperta la scatola, dentro non c'è niente. D'Alema ha sorriso.

il manifesto 17.12.06
L'alleanza strategica contro l'anoressia

Nelle stesse ore in cui il tribunale di Roma respinge il ricorso di Piergiorgio Welby mettendo in rilievo l'inerzia legislativa del parlamento e del governo, un trionfale comunicato annuncia «l'alleanza strategica» contro l'anoressia stipulata fra il governo, nella persona della ministra Giovanna Melandri, e l'industria della moda. Coincidenza casuale e per certi versi macabra, ma illuminante della biopolitica ai tempi del centrosinistra prodiano. C'è da una parte il corpo malato e immobilizzato di un uomo condannato alla fine, che invoca di essere lasciato finire e fa di questa invocazione la sua ultima battaglia politica. C'è dall'altra parte il corpo dell'anoressica, mobile e imprendibile, anch'esso malato ma nella mente, anch'esso in perenne battaglia - con il sé, con l'altro, con gli imperativi dell'opulenza e del consumo... - ma silenziosamente, sintomo che domanda decifrazione. Il primo non trova ascolto nel vuoto della norma in cui si spegne. Il secondo trova un ascolto divorante, proprio quello che non cerca, in un'offerta di norme - estetiche, sanitarie, commerciali - che improvvisamente lo stringono, lo medicalizzano, lo vittimizzano.
Coincidenza nuova di una favola antica: l'incertezza e l'impotenza (e i veti incrociati, cattolici contro laici) della politica a trovare la bussola sui dilemmi sempre più complessi che la scienza e la coscienza impongono, si ribalta in certezza e potenza quando si tratta di normare e disciplinare il corpo femminile, dove la scienza diventa opinabile e la coscienza si fa finta che non ci sia. L'offensiva contro l'anoressia scatenata negli ultimi mesi nella Spagna di Zapatero, nell'Argentina di Kirchner, nell'Italia di Prodi, e prima nella Gran Bretagna di Blair, dà da pensare, per l'ennesima volta, sulla «tutela» delle donne di marca progressista. Non è forse per il loro bene che i governi si mobilitano? Non è forse per ottemperare ai loro doveri in materia di politica sanitaria che innescano le loro strategie di prevenzione di un sintomo così diffuso da avere tutte le caratteristiche di una malattia sociale? Di anoressia, come di bulimia, si può morire; il 3% della popolazione ha una diagnosi di anoressia-bulimia conclamata, e si tratta per il 95% di donne: di fronte a questi dati, non fanno bene Zapatero e Melandri a pretendere che almeno l'industria della moda la smetta di alimentare e diffondere il mito della magrezza?
Senonché ci vorrebbe una misura, e non solo nei vestiti che sfilano in passerella. Incompetente e approssimativa, la parola della politica sull'anoressia va fuori misura e diventa bulimica, spalleggiata dei media. Giornali, settimanali, televisioni si sono buttati in questi ultimi due mesi sulla magrezza femminile come su una grande abbuffata, in cui c'era da mangiare per tutti: esperti improvvisati, conduttori pietosi e pelosi, moralisti a tempo perso, dive e divette con le rotondità rifatte piene di buoni consigli per le donne-grissino. Con la diagnosi più facile e più pret-a-porter: è colpa della moda, delle modelle, del canone vincente della bellezza efebica, del culto dell'immagine. E di conseguenza: è colpa della subalternità femminile alla moda, alle modelle, al canone, all'immagine.
L'anoressia è un sintomo complesso. Chi se ne intende non nega che il canone e la moda lo supportino, ma si guarda bene dall'individuarvi le cause prime o seconde. Si guarda bene anche dal ridurlo a un «disturbo alimentare»: il sintomo si posa sul cibo, ma nasce altrove. Dove? Nella società grassa dell'opulenza, dove l'ingiunzione obbligata è al consumo e al godimento, e quel rifiuto di mangiare portato all'estremo segnala una resistenza estrema, un no a quell'ingiunzione, un desiderio d'altro: di qualcosa di non misurabile e non consumabile, che all'anoressica restituisca il senso dell'essere e non dell'avere. Disturbo dell'amore e della sessualità più che dell'alimentazione, segnale di una richiesta all'altro o di un rifiuto dell'altro, manovra talvolta di anestetizzazione fisica e psicologica dai dolori o dalla caduta di difese che la relazione con l'altro può provocare; strategia, talaltra, di libertà dai comandamenti di una femminilità tradizionale, quella che la tv ci somministra continuamente, che il corpo femminile lo vorrebbe sempre gravido, rotondo, accogliente, disponibile, pronto per l'uso.
La moda e le modelle in passerella intervengono, se intervengono, nell'ultimo anello della catena. Nel primo, c'è un trauma dell'esistenza affettiva che nessuna offerta di telepolitica può alleviare, ma semmai solo acuire: lo dicono le facce perplesse e disorientate delle ragazze magre intervistate in tv come esemplari di una specie da sorvegliare, medicalizzare, vittimizzare e alla fine, come sempre, colpevolizzare e punire: né più né meno che come ai tempi dell'isteria, di cui l'anoressia è il sintomo rovesciato, che incorpora un secdolo di mutamento della soggettività femminile. Nessuna punizione, al contrario, per l'industria della moda. Da qualche taglia 48 in più in circolazione per Natale e ai saldi di gennaio, piccol i e grandi loghi avranno solo da guadagnare.

il manifesto 17.12.06
divino / Fede e ragione ratzingeriane

Se la gerarchia cattolica si era prefissa una forte presenza nei mass media bisogna ammettere che in queste ultime settimane lo scopo è stato raggiunto. Dai pacs all'eutanasia, sembra che non si parli d'altro. Giornali, tv, ma anche aule parlamentari. In primo piano proprio i temi dei quali si occupa la gerarchia cattolica, che con la moltiplicazione degli interventi sta dividendo il paese. Non tanto in credenti e non, quanto in obbedienti e non; per non dire in teocons e laici. Ma quello che sta accadendo si può veramente considerare come un successo per la gerarchia (il papa e il cardinale Ruini)? Se ne può, a dir poco, dubitare. Non è chiaro se questa maggiore presenza rappresenti un passo avanti, come vorrebbe il Vaticano, nel livello di cattolicità del nostro paese. Al segnale di questa maggiore presenzialità nei mass media e nella politica bisogna accostare altri segnali, ben diversi se non addirittura contrari. Lo stesso aumento delle unioni di fatto, di cui tanto si discute, dice un accrescimento della laicizzazione, non certo della evangelizzazione. Così la costante diminuzione della frequenza alla messa domenicale; così le difficoltà per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole, soprattutto superiori. Così il continuo e costante spostamento degli interventi ecclesiastici: sempre più verso il sociale e politico, sempre meno nel campo strettamente evangelico. Si ha l'impressione, soprattutto con questo papa, che il testo base sia il diritto naturale più che il vangelo.
Uno spostamento che risponde ad una logica ben precisa: il papa cerca di parlare a tutti gli italiani, non soltanto ai credenti cattolici. Logico, allora, l'uso dello strumento della ragione più di quello della fede. La ragione è per tutti. Logico, allora, il continuo sforzo per dimostrare il collegamento fra la fede e la ragione. Ma questo abbraccio ratzingeriano fra fede e ragione non è esente da limiti e da difficoltà. Da una parte e dall'altra. La ragione, da parte sua, risulta come limitata, nel tempo e nello spazio. Basti pensare allo stesso matrimonio: è difficile considerare irrazionale - e quindi da condannare - il matrimonio che una larghissima parte dell'umanità pratica in maniera diversa da quello della «nostra» ragione. Non è facile , ai nostri tempi, parlare di una ragione al singolare. Sono lontani i tempi di una ragione universale, valida per tutti e della quale il Vaticano sarebbe custode. Ma l'abbraccio comporta difficoltà anche sul versante della fede. La sua razionalizzazione comporta la eliminazione di quegli aspetti di «follia della croce», che pure sono essenziali al vangelo. Finiscono in soffitta le lezioni sugli ultimi che dovrebbero diventare primi, sui bambini e sui poveri dei quali dovrebbe essere il regno e così via.
L'abbraccio fra fede e ragione, dunque, rischia di offendere sia la moderna ragione, inevitabilmente relativa, sia la radicalità del messaggio evangelico.