lunedì 11 dicembre 2006

l’Unità 11.12.06
CONVEGNO UNITI A SINISTRA, ARS, ROSSOVERDE
Mussi: «Le divisioni della sinistra rappresentano un peso per il Paese»


«Una sinistra nuova, per rispondere alla sfide del mondo contemporaneo»: questo il titolo del documento congiunto presentato ieri da tre associazioni della sinistra radicale - Uniti a sinistra, Ars, e associazione Rossoverde - riunite al teatro Piccolo Eliseo di Roma. «Serve un nuovo soggetto politico per una sinistra che già esiste», ha detto Pietro Folena, deputato indipendente del Prc, e tra i promotori dell'iniziativa, che ha aggiunto: «Una sinistra diversa che si metta alle spalle il fallimento del comunismo e quello della socialismo moderato. Una sinistra laica, del lavoro e delle libertà che non si può certo confondere con l'integralismo 'teodem'. Questa sinistra vorremmo costruire con uno sguardo particolare alle sinistre dei partiti socialisti che, in Italia e non solo, si interrogano criticamente sull'esperienza del socialismo moderato».
Fabio Mussi ha definito il documento presentato «un'utile piattaforma politica di forze di sinistra, con in testa un'idea di società alternativa a quella dominante, ma da un punto di vista di governo». A Porto, secondo Mussi, «nessuno, a differenza di quanto si fa in Italia, ha usato mai la parola riformismo». E, citando Ségolène Royal, il ministro della Ricerca e università ha sottolineato: «Ha richiamato la politica al posto di comando rispetto al dominio della Banca europea e della moneta» e ha riservato una forte critica alla «'Left of center' di Blair, che è finita nel mattatoio iracheno». Il leader della minoranza dei Ds ha rilevato la necessità di «prendere di petto la questione di una sinistra divisa, che è un peso nella storia del paese».
Presente all’iniziativa anche Cesare Salvi: «Occorre una sinistra che sappia dare risposte di alternativa e di governo», ha detto il senatore Ds, non risparmiando critiche alla Finanziaria, nella quale è presente «purtroppo l'impronta del monetarismo di Maastricht, anche se in questo quadro abbiamo cercato di fare il meglio possibile». L'esponente della sinistra Ds ha chiuso sottolineando come l'iniziativa in atto possa essere utile per «porre le basi di un grande e unitario soggetto della sinistra italiana, che non nasca da operazioni di vertice».

Repubblica 11.12.06
L'influenza di Pablo oltreoceano
Al Whitney Museum di New York la lezione dell'artista spagnolo


Moltissimi lo ripresero da Pollock a Jasper Johns, da Oldenburg a Lichtenstein
Dallo scrigno picassiano è possibile estrarre altre matrici in risposta alla geometria urbana: così avviene nel caso di Gorky
La mostra mette in risalto il costante bisogno dell'arte statunitense di portare ogni complessità a superficie

NEW YORK. «I giovani artisti dovrebbero appropriarsi delle nostre ricerche per poter reagire con forza contro di noi - c´è un mondo intero prima di noi, ogni cosa aspetta di essere creata, non di essere semplicemente rifatta». Questo afferma nel 1935 il Gran Cannibale dell´arte, Pablo Picasso, che nel corso della sua vita, mozartiana (per precocità) e tizianesca (per longevità creativa), ha gustato i linguaggi della sua epoca, degustato quelli del passato e anche pregustato quelli dei futuro.
In ogni caso P. P. rappresenta per eccellenza l´unico esempio risolto di uno strabismo culturale capace di tenere insieme una polarità global ed una altrettanto no global. Ha influenzato interi continenti dell´arte, compreso quello americano (senza mai essere stato negli Stati Uniti) e, nello stesso tempo, ha sempre marcato la propria identità di artista europeo, portato alla memoria degli stili e alla forma compiuta.
La mostra Picasso and American Art a cura di Michael Fitzgerald al Whitney Museum di New York (fino al prossimo 28 gennaio) sta a dimostrarlo pienamente. Artisti americani in pellegrinaggio a Parigi nei primi decenni del XX secolo ed altri nella seconda metà del dopoguerra sono stati toccati dall´opera del grande Andaluso che ha irradiato eroticamente, si può dire, la propria influenza anche oltre oceano. Tra l´altro furono proprio i collezionisti americani a premiare per primi la sua opera, tra New York, Chicago e la California. La febbre dell´oro é parallela ad un capitalismo che sperimenta nuove condizioni produttive ed una curiosità verso le sperimentazioni dell´arte del XX secolo, in sintonia con lo spirito puritano del grande sistema industriale americano.
L´arrivo dell´opera picassiana negli Stati Uniti avviene nel 1909, nella valigia del pittore Max Weber, la campagna culturale in suo favore di Arshile Gorky e John Graham nel 1930, fino a Roy Lichtenstein e Jasper Johns dagli anni Sessanta in avanti.
La mostra approfondisce la diretta influenza dello spagnolo su Weber, Stuart Davis, Graham, Gorky, Wilhelm De Kooning, David Smith, Pollock, Lichtenstein e Jasper Johns e anche Marsden Hartley, Lee Krasner, Claes Oldenburg, Andy Warhol e Louise Bourgeois.
Il curatore ha incluso nella mostra quegli artisti influenzati da Picasso vivente, prima della sua morte avvenuta nel 1973. Secondo un principio vitalistico, propriamente americano, secondo il quale la forza di relazione (scambio e confronto) é maggiore quando i vari protagonisti sono in vita.
Si desume il rapporto diretto, la conoscenza fisica delle opere di Picasso, la possibilità di ricostruire le mostre più influenti, contenenti sue opere, come quella sull´arte contemporanea europea del 1921 al Brooklyn Museum ed una su Picasso e l´arte africana al Whitney Studio Club del 1923. Sostenuti dal diritto affermato di Picasso di potersi appropriare di ogni ricerca altrui per piegarla nella propria, gli artisti americani furono spinti, se non proprio al saccheggio, sicuramente a partire dal suo fertile deposito linguistico. Cleptomania intenzionale o involontaria, l´arte americana del XX secolo non trova soltanto in Duchamp e nel suo Armory Show (1913) l´unico antenato nobile (l´eredità del ready-made e de l´objet trouvé) ma anche nella tellurica pittura di Picasso. Pure per la scultura, che pratica il famoso adagio «non cerco, io trovo», con l´opera di David Smith.
La mostra mette in risalto un trend all´affioramento dell´immagine, il costante bisogno dell´arte americana di portare ogni complessità a superficie, a vetrinizzare il linguaggio dando evidenza alla pura bidimensionalità della pittura. Questo avviene per Man Ray e più esplicitamente per Max Weber, Jan Matulka, Graham.
Influenzato dal contesto artificiale, consumistico ed urbano, Stuart Davis introietta la lezione scompositiva di Picasso e realizza un´immagine pellicolare che, per gli emblemi riportati, preconizza la Pop Art. La scomposizione cubista, portata all´ordinata disarticolazione della forma, trova una propria unità convergente e cromaticamente squillante nel bisogno di rappresentare la nuova metropoli, la città americana. Ma dallo scrigno picassiano è possibile estrarre altre matrici rivolte alla rappresentazione dell´organico, in risposta alla geometria urbana, come nel caso di Gorky, che trova così fertilità per i suoi giardini della forma, dove la trama pittorica cerca sempre una linea curva per accedere alla metamorfosi. Pollock invece desume da Picasso l´erotismo della sovrapposizione e la forza del gesto netto che fanno corto circuito e fondono un´immagine guerriera, uno spazio corporale dell´arte entro cui poi felicemente precipita l´artista col suo dripping. Sicuramente dietro il figurabile di De Kooning si agita il fantasma di Picasso surrealista, un linguaggio che porta ad ossimoro iconografico la scomposizione cubista e l´affioramento dell´incubo erotico dell´eterno femminino.
Lichtenstein a sua volta porta all´estrema conseguenza l´iconografia picassiana facendone un´offerta di superficie per lo sguardo di una società di massa allenata al fumetto e alla riproduzione dell´immagine. Jasper Johns nella sua opera capovolge il proprio linguaggio aniconico e lo trasferisce in un gioco combinatorio di citazioni di Picasso figurativo. Se Warhol riprende da Picasso la pelle della pittura come idea, la Bourgeois mantiene stretto il contatto col mondo organico del Surrealismo dell´artista spagnolo spostandolo sull´affermazione conflittuale della propria identità, il femminile.
In definitiva la mostra rappresenta una sorta di scena madre di Urano, anticipatore anche di New Dada, Pop Art, Nouveau Realism, Transavanguardia. Dimostrando valida la diagnosi di Paul Valéry: «in Picasso il circolo è chiuso». Il Gran Cannibale ha piegato con la sua arte a venire il mondo presente al suo consenso: Museo e Denaro.