Coppie di fatto, il Vaticano guida l’offensiva
L’Osservatore attacca il governo: le unioni civili puntano a sradicare la famiglia
La destra annuncia barricate, crepe nell’Unione dopo il compromesso al Senato
Le coppie di fatto compaiono finalmente nell’agenda del governo e puntuale arriva l’anatema del Vaticano. «Con questo disegno di legge - scrive l’Osservatore Romano - si punta a sradicare la famiglia». L’attacco al governo del quotidiano del Vaticano è durissimo, si parla di «menzogna» e «ipocrisia». Prodi preferisce non replicare: «Non ho nulla da aggiungere». Ma il centrodestra non aspettava altro per rilanciare la sua crociata. Al Senato sarà presentata una mozione con l’obiettivo di dividere il centrosinistra. Con più di una speranza, almeno a giudicare dal fuoco di sbarramento che giunge dai settori più integralisti della Margherita dopo il compromesso raggiunto nei giorni scorsi al Senato.
l'Unità 10.12.06
«Basta ingerenze, le unioni civili si faranno»
Intervista a Mercedes Bresso: «Troppe volte qui in Italia la Chiesa si confonde con lo Stato»
«Nell’Unione compromesso faticoso, non si torna indietro. Al Senato i numeri ci saranno»
di Edoardo Novella
«SULLE COPPIE DI FATTO abbiamo un Programma frutto di un compromesso faticoso e che alla fine tutti abbiamo accettato. Adesso tornare indietro sarebbe inquietante. Si tratta di riconoscere diritti che giudico inalienabili, non possiamo mollare». Mercedes Bresso, presidente Ds della Regione Piemonte, commenta da Oporto - dove ha partecipato al congresso del Pse - sia l’impegno del governo per un disegno di legge sulle unioni di fatto entro fine genanio, sia le polemiche che immediatamente si sono sollevate: «Il no di certi cattolici? Inaccettabile. Soprattutto quello che viene da componenti dell’Unione. Il riconoscimento delle unioni, anche omosessuali, è il minimo che si possa pretendere da una coalizione progressista».
Da Mastella ai teodem, passando per i dipietristi: la strada però sembra in salita...
«Ma sostenere che così si danneggia la famiglia, usare la religione per discriminare, beh, credo sia un clamoroso errore. Dare diritti pubblici alle unioni civili non danneggia nessuno. La levata di scudi contro gli omosessuali è intollerabile».
Ma il governo rischia?
«Credo di no. Semmai si può “ballare” qualche volta in aula al Senato, ma vede, si potrà recuperare di volta in volta pescando nelle file del centrodestra, qualche liberale da quelle parti ci dovrebbe essere ancora... ».
Ma queste divisioni nel centrosinistra non finiscono per proiettare ombre anche sul destino del Partito democratico?
«Se non si è d’accordo su cose così centrali, ma quale Partito democratico... Tutte le formazioni progressiste, in Europa e fuori, hanno o stanno legiferando per riconoscere queste situazioni. No, altri compromessi al ribasso non hanno senso. E ripeto - come dice anche con semplicità Zapatero - : finchè le sfere della libertà si estendono, tanto meglio... ».
Il Vaticano è di parere contrario. Secondo l’«Osservatore romano» il governo vorrebbe addirittura sradicare la famiglia...
«Queste cose accadono solo in Italia. Nel resto dei paesi Ue si legifera tranquillamente, a parte qualche polemica come proprio in Spagna. Da noi il clima è invece questo, di indebita interferenza... no, le parole sono queste, comunque si voglia rigirare la questione. Perchè finchè la Chiesa esprime il proprio convincimento nessuna obiezione: è nella sua piena legittimità. Ma se l’obiettivo è quello di condizionare il legislatore, se vuole imporre il proprio magistero con la legge, beh, allora siamo di fronte ad un inaccettabile fondamentalismo. La si può indorare quanto si vuole, ma è proprio così».
La solita questione dei confini della laicità...
«Il fatto è che troppe volte la Chiesa in Italia è stata abituata a poter confondere se stessa con lo Stato. Io dico che è ora di smetterla».
Presidente, sul piatto della polemica però non ci sono solo le coppie di fatto. L’eutanasia, per esempio...
«No, un momento. Credo che tra un tema come le coppie di fatto e il caso Welby, per essere chiari, c’è differenza. E come. Quello del confine tra vita e morte è un problema molto più complesso. Si tratta di ragionare sul senso del limite, sul confine tra cura e accanimento. E io mi interrogo: quando una persona è attaccata a una macchina ma è in stato vegetativo, chi decide? Accettiamo di dire che la vita finisce quando non c’è più attività cerebrale... ma Welby è lucidissimo. Credo che nel suo caso non si possa nemmeno parlare di eutanasia. Piuttosto lui sta chiedendo aiuto. Aiuto a suicidarsi. Ma alla sua richiesta non so chi possa rispondere».
l'Unità 10.12.06
Il Vaticano: «Vogliono sradicare la famiglia»
Anatema dell’«Osservatore romano» contro il governo: sulle coppie di fatto menzogna e ipocrisia
Prodi: non ho nulla da aggiungere. Intanto la destra prepara le barricate a Palazzo Madama
di Anna Tarquini
«VOGLIONO SRADICARE la famiglia, vogliono costituire una legislazione parallela e mentono». Con un editoriale durissimo sull’Osservatore Romano il Vaticano ha aperto la crociata contro i Pacs, spalleggiato anche dalla Cdl che sta preparando un
contro-disegno di legge e soprattutto da Bondi che ha chiesto l’intervento immediato di Napolitano. Attacco alla Costituzione, dicono. Sovvertimento di tutte le regole, manomissione dei principi che riguardano famiglia, alla salute e alla tutela della vita. E questo nel giorno in cui il Papa mette un altro punto fermo: «La Chiesa ha il dovere di difendere i grandi valori e poi non è sana laicità escludere i simboli religiosi dai luoghi pubblici, da uffici, scuole, tribunali, ospedali, carceri». Nessuna tregua, nessun accordo. Nemmeno l’accettazione - che pure la Chiesa ha sempre sostenuto - del principio che il riconoscimento della reversibilità della pensione, del diritto alla casa, di quello ad essere ammessi in ospedale come i parenti nulla ha a che vedere con la minaccia di un’equiparazione tra matrimonio e coppie di fatto. Sì, perché il Vaticano si è sempre detto favorevole alla regolamentazione di questi semplici diritti, solo che ora - ad arte - il quotidiano della Santa Sede ribalta il problema, accusando il governo di voler far entrare l’equiparazione delle unioni civili al matrimonio dalla finestra. Un voltafaccia che ieri ha preso forma nel durissimo editoriale de l’Osservatore: «Con l'annuncio dell'impegno del governo a produrre un disegno di legge sulle unioni civili - scrive - si è ribadito nuovamente il carattere ipocrita di iniziative che mirano esclusivamente ad accreditare una forma alternativa di famiglia». «Quali che siano le norme - continua l'Osservatore - da inserire in quel disegno di legge, è chiaro che il tutto andrà fatalmente a costituire una legislazione parallela a quella del diritto di famiglia, il quale diventerebbe, come lo stesso matrimonio, un istituto relativo. Chi difende le coppie di fatto, eterosessuali e omosessuali, spesso afferma anche che riconoscere queste unioni non arreca alcun danno alla famiglia. Anche questa è una menzogna». E Avvenire - quotidiano della Cei - minaccia: «Ci impegneremo contro le unioni di fatto come abbiamo fatto per il referendum sulla procreazione».
Nell’Unione, dopo l’altolà di Mastella arriva quello dell’Italia dei Valori («Il disegno di legge Pollastrini? Così come è è irricevibile» dice il capogruppo alla Camera Massimo Donadi), mentre Prodi tiene la barra ferma: «Le polemiche? Non ho nulla da aggiungere».
Dall’altro lato Bondi suona la carica con un appello a Napolitano: il governo fa «sistematica opera di manomissione di alcuni principi fondamentali della nostra Costituzione attraverso atti amministrativi e legislativi illegittimi, assunti dalle regioni e dagli enti locali governati dalla sinistra» ha detto il coordinatore nazionale di Forza Italia. I teocon hanno annunciato una mozione in Senato per «mettere paletti preventivi» a un eventuale Ddl sulle unioni di fatto. Il testo porta le firme - tra le altre - di Mantovano (An) e Buttiglione (Udc) e servirebbe ad «impegnare l’esecutivo, nell’ipotesi di un varo del disegno di legge, a escludere qualsiasi parificazione, anche implicita, fra la convivenza e la famiglia come riconosciuta dall’articolo 29 della Costituzione». E di conseguenza «ad evitare che vi siano identici effetti sul piano delle successioni, degli assegni familiari, del fisco e degli alimenti tra famiglie e convivenze e a escludere convivenze plurime e contestuali». Ma non è tutto. La mozione chiede anche all’esecutivo a non parificare le convivenze omosessuali a quelle eterosessuali su questioni come adozioni e accesso alla fecondazione artificiale. Sulla mozione c’è però l’altolà di Storace: «Fa bene chi nel centrodestra vuole proporre al Senato una mozione su famiglia e unioni civili - ha detto - , ma credo che si farebbe malissimo se non la si discutesse prima di presentarla. A cominciare da Alleanza nazionale».
l'Unità 10.12.06
L’alt teodem: no al riconoscimento di diritti pubblici
In una lettera Binetti & co. denunciano: ostilità contro i cattolici, rischio di violenza
di Maria Zegarelli
Dicono di apprezzare solo alcuni contenuti della bozza di legge presentata dalla ministra Pollastrini, ma di fatto i teodem - i cattolici più intransigenti della Margherita - ne contestano l’«esprit». E non sono piccole sfumature, in questa delicata partita che si sta giocando nella maggioranza. Unioni civili, anziché Pacs - parola invisa oltretevere e sinonimo di «deriva zapateriana» - riconoscimento di diritti individuali privati, anziché suggello di un rapporto di diritto pubblico. In realtà sfumature non sono affatto perché cambiano sostanzialmente i termini della questione. Le armi sono rimaste nel cassetto solo poche ore, dopo lo stralcio dell’emendamento alla Finanziaria che avrebbe esteso ai conviventi le stesse facilitazioni che sono riconosciute ai coniugi. Da una parte la vittoria dei teodem - che in questo modo hanno «stoppato» il tentativo «di riconoscere di fatto le unioni civili», come spiega Paola Binetti -, dall’altra il successo dell’ala più laica della coalizione che è riuscita a far convergere l’intesa su un ordine del giorno che impegna il governo a presentare entro la fine di gennaio un disegno di legge sulla materia. Ognuno continua a scavare trincee. Anna Finocchiaro, capogruppo dell’Ulivo al Senato ha avvertito: c’è il rischio che a furia di tirare l’elastico si spezzi. «Ha ragione», risponde Binetti, «per questo bisogna lavorare ad una legge prudente, senza fughe in avanti». Perché alla fine «non possiamo rischiare che questa legislatura venga ricordata per i Pacs, la droga e l’eutanasia». Di un voto trasversale con la destra, dicono, non vogliono neanche parlarne. Purché «ognuno nell’Unione sia disposto a fare un a piccola rinuncia». Ieri insieme ad altri colleghi di «fede» politica e non solo, Binetti ha scritto una lettera denunciando un clima «anticattolico con rischi di violenza», in seguito all’iniziativa dei volantini del «manifesto» al passaggio del Papa. A firmare il documento che sembra un parlare a suocera perché nuora intenda, sono anche stati Luigi Lusi, Giuseppe Caforio, Benedetto Adragna, Emanuela Baio Dossi, Luigi Bobba, Daniele Basone, Fabio Giambrone. Dicono: «C’è un possibile clima di ostilità nei confronti di valori e tradizioni del cattolicesimo con cui alcuni si preparano a seguire l’elaborazione del ddl che dovrebbe riconoscere diritti individuali di quanti vivono in convivenze diverse dal matrimonio. Respingiamo l’atteggiamento adottato ieri da alcuni giornalisti de «il manifesto», così come respingeremo ogni atto di violenza da qualunque parte provenga e a qualsiasi parte indirizzata». La famiglia deve essere una soltanto, ripetono Binetti e Bobba. E in quel gesto contro il Papa vedono il rischio di una conflittualità «tra credenti e non credenti» che potrebbe compromettere il già precario equilibrio su cui si regge la partita. «Ci auguriamo - scrivono - che nessuno voglia seguire questo esempio increscioso, proprio per permettere a chi ne ha la responsabilità di lavorare con serenità su un tema che tocca in modo profondo valori che appartengono a tutti gli italiani». Da parte nostra, dicono, c’è «tutta la disponibilità a muoverci nel solco esigente disegnato dal programma per dire un sì convinto al riconoscimento dei diritti individuali». Ma davanti alle anticipazioni apparse ieri sui quotidiani sui contenuti della bozza di legge sono comparsi i primi maldipancia. «Sono d’accordo sull’assistenza ospedaliera e sanitaria, sull’obbligo morale e materiale per l’educazione e l’istruzione dei figli, ma non sulla reversibilità della pensione», commenta Binetti. I temi previdenziali rientrano nel diritto pubblico. Così come l’obbligo di assegni familiari in caso di separazione. «Io sono pronta a votare una legge che riconosca i diritti individuali dei soggetti coinvolte in un rapporto di convivenza» spiega la senatrice. «Non accettiamo tentativi di riconoscimento di altri tipi di famiglia diversi da quello sancito nella Costituzione», aggiunge Luigi Bobba. Che non condivide il «metodo adottato su questo argomento: o si apre un confronto sereno» o non si va da nessuna parte. Conferma Emanuela Baio Dossi: «Contrasteremo qualsiasi legge che possa mettere in pericolo la famiglia». Sullo sfondo il Cupolone.
l'Unità 10.12.06
Cercando il Socialismo
di Paolo Leon
Stiamo costruendo una fondazione di cultura politica per il socialismo e la democrazia e le abbiamo dato un titolo evocativo - «unasolaterra» - che ricorda quattro grandi campi di discussione: quello dei diritti umani, quello dell'unicità dell’ambiente planetario, quello dei diritti sociali e della solidarietà internazionale, quello della pace. È il declino della cultura politica, la sua afasia, la sua banalità che ci spingono a sollecitare una nuova intelligenza della nostra società.
In parte, questo declino deriva dal trionfo del capitalismo mondiale, ma in parte deriva anche dalla rinuncia ad osservare il cambiamento che quel trionfo sta determinando nella vita individuale e sociale. Il capitalismo ha messo a frutto nuove tecnologie, imponenti progressi scientifici e sconfitto la fame in grandi parti del mondo; ma dovunque cresce la disparità nei redditi e nella ricchezza, aumenta la variabilità dei mercati, si separa la finanza dalla produzione, si moltiplicano conflitti apparentemente insanabili. La politica è messa in disparte, nelle dispute internazionali, e la guerra sembra divenuta un fenomeno endemico. Nel frattempo, aumentano l'incertezza dei singoli e l'esclusione di grandi masse. Il capitalismo sconfigge la concorrenza e privilegia la competizione: crescono giganteschi conglomerati che dettano legge agli Stati e distruggono le regole create dai Parlamenti. L'idea dello sviluppo dell'economia è sostituita da quella della ricchezza proprietaria. L'uguaglianza è vista come un ostacolo al progresso, la giustizia sociale si trasforma in filantropia, la libertà si esaurisce nel successo individuale. Il lavoro, da strumento di dignità, torna ad essere semplice sfruttamento, e la precarietà colpisce giovani e donne, marginalizzando le forze vive della società. Il merito dovrebbe essere premio a se stesso, ma il capitalismo non lo distingue dalla fortuna, dalla violenza, dalla truffa.
La necessità della protezione dei singoli dalla violenza del mercato si traduce in una sete di appartenenza, di esclusività, di riconoscimento. Si travolge la memoria e la storia, pur di proteggersi dalle insidie del mercato universale, e la democrazia s'indebolisce con il declino dello Stato. Più soli, gli individui si rifugiano nelle ideologie: cresce la divisione sociale, riappaiono le classi, si diffondono il populismo, il nazionalismo, il razzismo, ed il terrorismo è la forma estrema di queste involuzioni. Le religioni entrano in conflitto, e si disputano le proprie capacità consolatorie. La repressione, a sua volta, genera un circolo vizioso - che non si corregge finché non s'individuano le cause della solitudine degli esseri umani.
Non è la prima volta che l'espansione del capitalismo genera mostri: ma mentre nella seconda metà dell'ottocento lo sfruttamento e l'alienazione trovavano gli anticorpi nel sindacato e nel socialismo, oggi nel mondo, e anche in Europa, quegli anticorpi sembrano indeboliti. Il sistema politico, anche da noi, si trasforma in ceto politico, la rappresentanza s'indebolisce, e la solidarietà tra i lavoratori nel sindacato è considerata un concorrente dei partiti. Le nuove tecnologie, pur moltiplicando le capacità di comunicazione, non aiutano il formarsi di unità politiche più grandi, e non favoriscono la coesione sociale.
Riteniamo che solo il socialismo, pur nelle sue molteplici variazioni, esprima la necessità di contrastare il liberismo senza libertà. E il socialismo esige la presenza di uno Stato che non solo regoli e controlli i fallimenti del mercato, ma assicuri i diritti non negoziabili della democrazia: dallo Stato sociale universale all'offerta dei beni comuni, dalla considerazione della società nel suo complesso all'attenzione per le future generazioni. Dobbiamo riscoprire il socialismo, superare fratture, ripensare l'ossimoro del «socialismo liberale», perché non è vero che un po' di ingiustizia sociale faccia bene alla libertà.
È dall'Europa che si può partire per la ricostruzione di un mondo di pace e di solidarietà. Ma l'Europa non ha ancora risposto alle esigenze della trasformazione sociale in corso. Lo Stato nazionale è indebolito, ma non si è rafforzato uno Stato europeo: anzi, la moneta unica e la spinta alla liberalizzazione generalizzata, creano un deficit di democrazia e costringono gli Stati a minimizzare i diritti di cittadinanza e a monetizzare ogni forma di intervento sociale. Una dimostrazione dell'insufficienza statuale europea sta nell'abbandono della Costituzione: un effetto della somma di nazionalismo e populismo, frutto a sua volta di un'immagine d'Europa come sede di competizione e di divisione sociale. Del resto, il sindacato è appena tollerato, in Europa, e questo indebolisce anche i partiti di sinistra.
Il socialismo europeo è la sede dei nostri interessi: alla ricerca di uno Stato sociale europeo, della difesa dell'ambiente europeo come premessa per un pianeta sostenibile, della pace come missione europea, non pensiamo che annacquando gli ideali socialisti, si possa combattere l'involuzione del sistema sociale. Ma ciò implica lottare in Europa per quegli ideali, senza adeguarsi al pensiero unico.
Non vogliamo appartenere ad una corrente di partito, ma siamo parte della sinistra e vogliamo operare per correggere la direzione di marcia dei partiti di sinistra, per spingerli ad una rappresentanza vera degli interessi generali, per costringerli a difendere principi anziché poteri. Temiamo che unendo i cosiddetti riformismi, moderati e di sinistra, non si risolva altro che una sistemazione provvisoria del ceto politico. Definirsi riformisti, infatti, è come definirsi liberisti: i termini hanno sempre un doppio significato, e come il liberista, anche il riformista sostituisce il mercato alla democrazia.
Dobbiamo riunirci, in Italia e in Europa, dobbiamo discutere, mettere in campo le diverse esperienze, raccordare tutti quelli che temono il pensiero unico, il nazionalismo, il populismo, il confessionalismo. Il campo da arare è grande, le cose da dire e da fare molte, le persone, i gruppi e le associazioni da legare tra loro numerosi: se ce la facciamo, vogliamo mettere a frutto l'indignazione e superare la delusione, la noia e il distacco.
l'Unità 10.12.06
Vi racconto le Mille e una notte
Mille e una notte per mille e un popolo
di Vincenzo Cerami
NARRAZIONI L’universo al centro della celebre raccolta rappresenta una società in tutti i suoi ranghi e le sue classi. E molti degli episodi del capolavoro della letteratura orientale si apparentano a tanti della mitologia greca e della Bibbia
Il destino, che di quest’opera è protagonista assoluto, crea gli incroci più improbabili, incongrui, quasi sempre inattesi: il popolo che si muove nel ricco e variegato paesaggio dei racconti va a caccia d’avventure dall’esito incerto e sorprendente. La presenza assente della sorte muove le genti, dà loro voce e silenzi, turbamenti e furie, passioni e meschinità. La vita di ognuno obbedisce a un disegno criptico e iniziatico di Dio, «signore generoso, artefice degli uomini e del creato», che qui è l’oscuro burattinaio di esseri indaffarati e affannati, brulicanti, ritratti mentre creano e combattono prodigi, seducono e si lasciano sedurre, tramano nel caos per intascare pezzi di vita, tra amori casti e sospirosi, e violente scene d’alcova.
L’universo delle Mille e una notte è una società rappresentata in tutti i suoi ranghi, dalla vetta più alta della piramide a lerci bassifondi. Nel popolo sopravvivono, come un residuo della coscienza arcaica, gli spiriti dei jinn, di quella miriade di feticci e simboli pagani cancellati dal monoteismo musulmano, buttati all’aria da Maometto, come fece Cristo con le blasfeme merci del mercato di Gerusalemme. Le paure aleggiano in forma di spiritelli e oggetti incantati, colorando le storie di infantile, favolistico trasognamento e lasciando nel lettore l’impressione di attraversare, sì, il paese delle meraviglie, ma muovendosi lungo una linea di confine tra sincronismo del bambino e diacronia dell’adulto, tra preistoria e storia. Di qui il vitalismo scatenato, dionisiaco, metalinguistico del freudiano principio di piacere, di là l’esistenza codificata del principio di realtà. Nelle Mille e una notte si assiste spesso a forti collisioni tra le categorie dello spirito radicate nell’atavismo creaturale e il tessuto sociale, di arcaica e normale crudeltà. Talvolta a trionfare è l’ovvia giustizia, ma più spesso ha la meglio l’enigmatica, impenetrabile giurisprudenza del destino. Vita e anima sono corpi di uno stesso Io, il quale è felice se le due parti diventano una sola cosa, e rischia di essere infelice se vivono separate.
(...)
È interessante notare come nella mitologia greca esistano episodi che girano intorno agli stessi temi. Basta pensare alle tre mele d’oro che sono servite a Milanione per conquistare la bella Atalanta, cacciatrice velocissima nella corsa. (...) Tre mele compaiono nella sessantanovesima notte, fanno da perno a una vicenda di malanni e infedeltà. E riappare anche, intorno alla settantesima, la figura narrativa dello scrigno-bara che tiene celato un corpo: una bellissima giovane tagliata in diciannove pezzi viene tirata fuori da una cassa pescata con la rete nel Tigri. Quando re Shahriyar e suo fratello Shahzaman, dopo aver scoperto il tradimento della regina (tra l’altro disprezzata dal triviale seduttore Masud che la chiama addirittura «sporcacciona»), se ne vanno in giro per scoprire se nel mondo esistono donne onorate, si imbattono in una fanciulla che invita entrambi a giacere con lei. I due tentano di sottrarsi, ma la ragazza li spaventa minacciando di svegliare l’ifrit, un jinn addormentato sulla spiaggia accanto a lei, che potrebbe ucciderli e gettare i loro corpi in mare. Prima uno e poi l’altro soddisfano la scellerata richiesta della fanciulla. Ma quale è la storia della fanciulla? Vive dentro una cassa di vetro, tenuta sotto chiave da quel demone empio che adesso dorme saporitamente sulla sabbia dopo averla liberata solo per un piccolo lasso di tempo. L’ha rapita il giorno delle nozze e crede di proteggerne la castità segregandola appunto nella cassa. Non sa il mostro che ogni volta che la lascia libera e fa il suo pisolino, lei si accoppia con chiunque passi nei paraggi. Ha già fatto l’amore novantotto volte,e adesso, con i due nobili fratelli, è arrivata a cento. Poi, riferendosi all’ifrit, dice: «Mi ha tenuto protetta sotto chiave, nell’intento di farmi restare casta e pura, senza sapere che niente può mutare o impedire le cose decretate dal destino, e che quando una donna vuole qualcosa non c’è nessuno che possa opporsi».
La figura della cassa che custodisce la castità (simulacro della vita), si trova anche, con diverse varianti, nell’universo mitologico greco e in quello ebraico. Abramo, che non aveva mai avuto rapporti d’amore con Sarah, accortosi della sua bellezza mentre lei si specchiava sull’acqua del torrente che separava l’Egitto da Canaan, sapendo quanto svergognati fossero gli egiziani, nascose la donna dentro una cassa, non prima di averla vestita con i suoi ornamenti più belli e preziosi.
Ma un simile trattamento non è riservato solo alle donne. Subisce lo stesso destino Osiride, chiuso in una cassa sigillata col piombo fuso e gettato nel Nilo. Iside, in preda alla disperazione, va in cerca del suo sposo, e quando lo trova fa ricomporre la salma: si accorge che gli manca il pene. Allora ne prepara uno d’oro (viene in mente il fallo fiammeggiante di Marte, che tolse la verginità a Rea Silvia). Con un incantesimo resuscita Osiride e trascorre con lui una notte d’amore. Anche nella vicenda di Perseo e di sua madre Danae c’è una cassa. Anzi, prima ancora, c’è una cella, nascosta sotto terra, dove la donna viene imprigionata dal padre, re Acrisio. L’oracolo di Delfi ha predetto al sovrano che un nipote lo ucciderà. Siccome Danae è la sua unica figlia, egli la condanna ad eterna sterilità, rinchiudendola in una stanzetta affondata negli abissi. Giove, innamorato della fanciulla, si trasforma in una pioggia d’oro (il seme più prezioso) e, penetrando dalle fessure del soffitto, seduce la vergine. Nasce Perseo. Infuriato, il re fa rinchiudere madre e figlio dentro una cassa, che affida alle onde del mare.
Il mito di Atalanta, cacciatrice cruda e restia, ha molto in comune con il percorso narrativo di re Shahriyar e con il clima favolistico delle Mille e una notte. Quando il padre vuole che Atalanta si sposi, lei pone come condizione che i suoi aspiranti mariti gareggino con lei nella corsa a piedi, dove pensa di essere imbattibile. Il pretendente che accetta la sfida, se perde, deve essere pronto a farsi uccidere da lei. Milanione vincerà la gara grazie a tre mele d’oro: durante la corsa ne getta una alla volta a terra e Atalanta, attratta dallo splendore di quei frutti, si ferma a raccoglierle. Nel frattempo lui taglia da vincitore il traguardo.
Il tesoro di storie dalla forte carica simbolica che è la mitologia greca, basa la sua ricchezza drammaturgica nel politeismo, nelle incessanti e sempre vive conflittualità tra la volontà degli dei e il libero arbitrio degli umani. La stessa parola mito ha come principale significato racconto. Attraverso il fascino della narrazione il sapere riesce a mettere radici nell’uomo. Il racconto mitologico svela il mondo favolistico che si muove di pari passo con quello apparente. L’inganno dell’invenzione serve a smascherare gli inganni delle apparenze. Divinità, maggiori e minori, e creature soprannaturali mettono in scena tensioni sempre vive nelle categorie dello spirito, in quella zona più profonda dell’uomo dove sopravvivono i nostri primitivi impulsi a capire e a dare senso alla vita. Non c’è popolo che non abbia costruito le proprie mitologie, antropomorfizzando i misteri della natura, reificando le paure, popolando la fantasia di mille episodi che, simbolicamente, rappresentano il mondo. Il sole, la luna, la pioggia, i fulmini, la grandine, il fuoco, la vita, la morte… e poi la procreazione, l’amore, la convivenza, la ricchezza, il denaro, il commercio, la forza, la debolezza, le credenze religiose, e così via, sono i veri personaggi, spesso mascherati, degli antichi racconti popolari. Le combinatorie tra tutti questi valori-personaggi sono praticamente infinite. Di qui la ricchezza di ogni mitologia. Su quella greca si poggiano i fondamenti del pensiero occidentale. Il contesto antropologico delle Mille e una notte, seppure più recente (stando ai testi fino ad oggi a nostra disposizione), anche rispetto alla tradizione biblica, si presenta al lettore come costellazione mitologica dell’Oriente. E chi sa quanto materiale mitico politeistico e quanto folclore mediorientale, esclusi dalla Bibbia, sono contenuti nei racconti di Shahrazad.
Repubblica 10.12.06
CHI NON AMA I DIVERSI NON È CRISTIANO
di Eugenio Scalfari
Il fatto nuovo e rilevante di questi giorni è l´accordo tra il governo e la sua maggioranza, per una volta unanime, sul tema delle coppie di fatto. Dopo molti mesi durante i quali i problemi dell´economia e della fiscalità hanno interamente occupato la scena suscitando non piccola confusione ed eccitando egoismi corporativi che hanno messo a rischio ogni sentimento di solidarietà sociale e ogni visione di interesse generale, finalmente si sono cominciate ad affrontare questioni eticamente sensibili.
Sarò magari un laicista vituperando, di quelli contro i quali il Papa non cessa di lanciare ogni giorno il suo monotono anatema, ma a me pare che quell´accordo sulle coppie di fatto rappresenti una svolta positiva della quale si sentiva urgente bisogno. Tanto più positiva in quanto è stata voluta e sottoscritta anche da cattolici militanti di sicuri sentimenti democratici, che professano allo stesso tempo rispettosa attenzione ai valori della loro religione e a quelli altrettanto onorandi della Costituzione repubblicana, alla dignità della famiglia e ai diritti indiscutibili degli individui, al magistero della Chiesa e all´autonoma sovranità dello Stato.
L´accordo sulle coppie di fatto ha suscitato consensi e dissensi di vario tipo e colore. C´è chi l´ha giudicato un pericoloso arretramento dal punto di vista laico, chi una forzatura irritante e controproducente rispetto alla lenta evoluzione del costume e chi vi ha visto addirittura la mano del diavolo col suo puzzo di zolfo e le impronte del suo piede caprino.
Tralascio per il momento quest´ultimo tipo di reazione sul quale bisognerà tuttavia tornare perché coinvolge anche forze politiche di notevole rilievo. Prima conviene infatti esaminare il contenuto e il senso politico di quest´accordo e dell´ordine del giorno che lo contiene, votato all´unanimità dal gruppo senatoriale del centrosinistra e accolto all´unanimità dal governo nel quale siedono i rappresentanti di tutta l´Unione.
***
L´accordo prevede che entro il 31 gennaio sia presentato un disegno di legge sulle coppie di fatto nel quale vengano riconosciuti i diritti degli individui che abbiano deciso di vivere insieme stabilmente ma al di fuori del vincolo matrimoniale. Questi diritti riguardano aspetti rilevanti della convivenza, dall´assistenza reciproca tra i conviventi alle decisioni da prendere in casi di malattie di uno di essi, alla successione ereditaria, alla reversibilità della pensione, al pagamento degli alimenti in caso di separazione, all´uso comune dell´abitazione, ai diritti e doveri verso i figli e la loro educazione. Insomma tutti gli aspetti che configurano i rapporti interpersonali di una convivenza duratura, quale che sia l´età la razza la religione e il sesso dei due conviventi.Questi i principi e i temi sui quali dovrà applicarsi la normativa della legge; il termine tassativamente indicato è, come s´è detto, quello del 31 gennaio 2007; il ministro incaricato di redigere il testo è la Pollastrini di concerto con la Bindi, ministro della Famiglia. Il Consiglio dei ministri, entro quella data, dovrà discutere e approvare il testo trasmettendolo poi al Parlamento per la sua trasformazione in legge dello Stato. I gruppi parlamentari dell´Unione sono tenuti a votare quel testo sulle cui finalità hanno già dato unanime e favorevole parere.
A me pare, da vecchio e vituperato laicista, che si tratti di un ottimo accordo né mi sembra possa essere criticato lo stralcio d´un articolo della Finanziaria sulla fiscalità successoria che il governo ha ritirato per reinserirlo più coerentemente nel disegno di legge in questione.
Capisco che i laicisti "arrabbiati" temano che il disegno di legge sia stravolto nel suo iter parlamentare sicché le componenti cattoliche del centrosinistra abbiano sottoscritto l´accordo incrociando nascostamente le dita per tradire poi la parola data nel momento conclusivo. Li capisco perché i laici di analoghe delusioni ne hanno sofferte non poche. Penso però che in questo caso il gioco valga la candela. Per due motivi importanti: è stato deciso di presentare una legge sulle coppie di fatto e non di considerarle vincolate soltanto da un semplice contratto privato; si è deciso altresì all´unanimità che la legge e le sue norme regolino tutti i tipi di convivenza indipendentemente dal sesso dei conviventi, riguardino cioè eterosessuali e omosessuali. L´unanimità raggiunta su questi due punti è essenziale. È chiaro che se qualcuna delle forze politiche si ritirasse dall´accordo già sottoscritto – obbedendo agli anatemi lanciati anche ieri dall´Osservatore Romano – ciò segnerebbe la fine dell´Unione e del governo che ne è l´espressione.
* * *
Perché la Chiesa cattolica dovrebbe opporsi ad una legge ispirata a questi principi? Perché non dovrebbe considerarla anzi come parte integrante e conforme al messaggio che emana dalla predicazione evangelica? Non è la tutela dei diritti individuali uno dei cardini di quel messaggio? Non è il rispetto della persona e la sua dignità? Non è l´includere una finalità dell´amore del prossimo e l´escludere un vero e proprio peccato di egoismo e di superbia? Non fu Gesù di Nazareth a salvare la peccatrice, a riscattare gli schiavi, ad amare i diversi e i deboli? Non è l´amore del prossimo ad aver reso grande il Cristianesimo e affidabili i veri cristiani anche da parte di chi non ne condivide la fede?Ho letto ieri sulle pagine di Repubblica l´intervista di Ferzan Ozpetek, il regista di Fate ignoranti che pone, appunto, queste domande. Le condivido in pieno e penso che dovrebbero condividerle tutti i cristiani e tutti i cattolici. In particolare – e non si dica che è un paradosso – la gerarchia, i vescovi successori degli apostoli, il Papa vicario di Cristo. Dov´è l´amore? Dov´è l´inclusione? Dov´è la pietà?
I sacerdoti con cura di anime dovrebbero far sentire la loro voce su temi così coinvolgenti che arrivano nell´intimo della carne e dell´anima. Il laicato cattolico dovrebbe parlare e agire nella propria autonomia per il bene della Chiesa. Dov´è il coraggio cristiano per la difesa del prossimo?
S´invoca la famiglia, ma una legge equa sulla convivenza non mette a repentaglio alcuna famiglia. Io non credo che le famiglie in quanto tali si sentano in pericolo per la convivenza in quanto tale. Non credo che esista un problema di supremazia sociale tra famiglia e convivenza, tanto più di fronte ad una legge che non pretende di parificare quei due istituti. Non credo che i figli nati o comunque esistenti all´interno d´una convivenza debbano suscitare affetti e diritti minori dei figli nati all´interno d´una famiglia. E perciò pur non essendo cristiano ma apprezzando, rispettando e ammirando il messaggio evangelico, resto stupefatto e dolorosamente colpito dall´egoismo e dalla superbia e dalla sfrontata certezza con cui la gerarchia e coloro che ne seguono le prescrizioni si schierano in battaglia contro il riconoscimento d´un fatto che esiste, è un prodotto d´amore e che è ispirazione del diavolo voler cancellare, disconoscere, discriminare, punire.
* * *
Benedetto XVI parlando ieri ai giuristi cattolici ha pronunciato parole e concetti in gran parte già noti, sui quali ormai ritorna con insistenza.Ha detto che la religione non può più esser considerata un fatto privato ma ha diritto di esprimersi nello spazio pubblico. Nessun laico dotato di ragione ragionante contesta questa affermazione cui anche di recente il presidente della Repubblica italiana, dichiaratamente non credente, ha dato il suo autorevole avallo.
Ha detto che la religione in quanto Chiesa organizzata e corpo visibile, ha il diritto di propagandare la (sua) verità in tutti i domini dell´etica ed anche della politica laddove essa incrocia temi eticamente sensibili. Nessuno contesta questa sua affermazione. Noi, laicisti vituperati, non solo non impediamo (non lo potremmo e non lo vogliamo) ma anzi desideriamo che la Chiesa parli e i cattolici si esprimano. Ci stupiamo anzi del loro silenzio ostile e del silenzio altrettanto ostile della gerarchia e del clero che cura (dovrebbe curare) le anime per il silenzio e l´ostilità contro i conviventi. Contro i diversi. Non sono anch´essi da considerare figli dell´unico Dio? C´è un´inquietante e ottusa mancanza di amore in questa brutale crociata indetta dalla gerarchia, che mette in dubbio l´autenticità del messaggio cristiano e rischia di trasformarlo in un fondamentalismo della peggiore specie.
Di questo noi non credenti ci rammarichiamo; in questo, lo ripeto, vediamo un peccato mortale di superbia e di orgoglio, una lacuna d´amore, una ferita profonda di quel messaggio che Gesù lasciò come retaggio ai suoi discepoli.
Mi stupisce che questo messaggio così platealmente tradito venga fatto proprio da cattolici che dicono d´esser pervasi dalla fede ancorché l´abbiano a loro volta tradita nei comportamenti della loro vita privata. L´hanno tradita in nome dell´amore e non saremo certo noi laici a censurarli. Tutt´altro. Ma non comprendiamo perché l´amore che li ha ispirati sia da essi stessi negato a tutti gli altri simili a loro. Questo sì, resta incomprensibile a meno di non pensare che la convenienza politica li accechi e getti polvere nei loro occhi.
Così ho ascoltato con stupore l´anatema di Pier Ferdinando Casini contro ogni legge che si occupi delle coppie di fatto e in particolare contro le coppie di fatto omosessuali. Quasi che l´omosessuale sia un reietto, un individuo residuale, una fonte di male per definizione, un aborto biologico da isolare. E tutt´al più da curare e redimere biologicamente.
È questo il preteso leader dei moderati e anzi dei liberali moderati? Se non mi trattenesse la tolleranza che è propria molto più dei laici che non dei cattolici ossessionati, pensando a personaggi che fanno della lotta alla convivenza uno slogan per una vergognosa crociata reazionaria direi "libera nos a diabolo". Non è con questo tipo di fedeli che la religione entrerà in contatto con la modernità e arginerà la secolarizzazione. Non è odiando l´amore diverso che si possa diffondere amore, perché l´amore non sopporta aggettivi come non li sopporta la libertà. L´amore è uno, è un sentimento ineffabile, nasce come e dove nasce e va sempre rispettato. Così come la persona. Avete combattuto per secoli, voi cattolici, contro lo schematismo dei manichei. State dunque attenti a non resuscitarlo nella vostra stessa anima, della quale forse dovreste avere maggior cura.
Post scriptum
Il ministro Livia Turco visiterà nei prossimi giorni Welby che invoca la morte dalla gabbia di dolore in cui da anni è rinchiuso. L´iniziativa del ministro è apprezzabile.
La Turco ha chiesto all´Istituto di Sanità di sapere se la situazione di Welby rientra nella fattispecie dell´accanimento terapeutico o in quella dell´eutanasia. Conoscere prima di decidere. Anche questo è apprezzabile. Ma il ministro Livia Turco ha detto che quando il responso del Consiglio superiore di sanità sarà dato e risultasse conforme ai desideri del paziente Welby, vedrà se sia il caso di proporre al Parlamento una legge in proposito.
Questo, onorevole ministro, non è affatto apprezzabile. È un atteggiamento da Ponzio Pilato. È furbesco, è ipocrita. Non è degno della sua integrità e onestà morale. È un tradimento della politica nel senso alto del termine. Se questo è il suo pensiero si risparmi quella visita al letto di un ammalato ingabbiato e torturato. Sarebbe solo un´esibizione umiliante per lei e una nuova pena per la vittima.