sabato 23 dicembre 2006

il Riformista sabato 23 dicembre 2006
Heidegger proto-sessantottino, l'ultima trovata di Nolte
di Livia Profeti

Ernst Nolte, una delle figure più emblematiche del revisionismo storico, è stato protagonista il 14 dicembre scorso a Bologna del convegno «Martin Heidegger trent'anni dopo», organizzato dall'Università in collaborazione con il Centro italo-tedesco di Villa Vigoni e l'Associazione italiana studiosi di Estetica.
Allievo di Heidegger ed intimo della sua famiglia, Nolte ha elaborato il nucleo della sua posizione revisionista sin dal 1963, con il maestro ancora in vita. Ne I tre volti del fascismo, com'è noto, i crimini del nazionalsocialismo vengono inquadrati nell'ambito di una reazione “legittima”, sebbene forse esagerata, all'esistenza della Russia staliniana e più in generale all'“aggressione” dell'utopia del comunismo. Successivamente, in risposta alle rivelazioni di Farias e Ott sul periodo nazionalsocialista di Heidegger, Nolte scrive nel '92 una biografia autorizzata dal figlio di questi, Hermann, nella quale giustifica e approva tale coinvolgimento nei termini di un “diritto storico”, concetto che verrà esplicitato sei anni dopo ne L'esistenza storica. Emmanuel Faye rileva che in questo testo Nolte, definendo l'unicità della Shoah un “dogma” della sinistra, mira a trasformare l'Olocausto da verità storica in partito ideologico preso, quasi religioso (Religionsersatz) arrivando, con il concetto di diritto storico, a giustificare l'ingiustificabile: lo sterminio degli ebrei non è stato un orrendo crimine contro l'umanità bensì, in cupi e fumosi termini, la battaglia politica guarda caso «finale», che tale «esistenza storica» si è trovata costretta a combattere perché «minacciata» (E. Faye, Heidegger, l'introduction du nazisme dans la philosophie, in corso di traduzione in Italia). In questa collaudata strategia per riabilitare il nazismo e difendere il maestro, l'intervento di Bologna, dal titolo «Quotidianità e il quotidiano nel pensiero e nella vita di Martin Heidegger», ha presentato alcune sbalorditive novità ed un notevole passo in avanti in senso revisionista.
È noto, ha dichiarato Nolte, che nella filosofia esistenziale heideggeriana la vita autentica non è quella della quotidianità e dei rapporti tra le persone ma quella del «solitario precorrimento verso la morte», però non è detto che su questi temi Essere e tempo abbia esaurito tutti gli argomenti. Sicuramente non ha affrontato quelli della sessualità, che invece può riservare la possibilità di esperienze “autentiche” come nel caso della storia tra Heidegger e la Arendt. È infatti proprio nella vita privata del filosofo che Nolte cercherà numi per “migliorare” Essere e tempo affrontando, dopo la sessualità, il tema dell'azione politica e quindi dell'adesione di Heidegger al nazionalsocialismo. Su questo fronte Bologna non riserva grandi novità rispetto alle tesi collaudate, salvo lasciare nell'ascoltatore una vaga immagine di Heidegger affetto da mania di persecuzione quando viene citata una lettera del '50 dove il filosofo dichiara, a proposito di Stalin: «non mi lascio ingannare sul fatto che io e il mio pensiero siamo tra i più minacciati, quelli che vengono eliminati per primi». Interessante in questo senso la tesi di Denis Trierweiler il quale, oltre a notare che per Nolte la volontà di annientamento del nazismo non è stata altro che la risultante del terrore di subirlo, scorge sotto questo schema reattivo un'idea ossessiva di autodistruzione
Tornando a Bologna, dopo la parentesi politica Nolte passa a magnificare la vita familiare di Heidegger, a suo parere ben diversa dalla sua apparenza borghese. La moglie Elfride viene infatti definita «un'attiva femminista e riformatrice degli stili di vita (Lebensreformerin)», senza mancare al contempo di sottolineare che ella «poi divenne un altrettanto convinta nazionalsocialista». Quindi vengono ricordate le tante altre relazioni extraconiugali di Heidegger avute dopo la fine della guerra, delle quali Elfride era al corrente. Per finire poi con la “rivelazione” del 2005, quando è divenuto noto che Heidegger non era il vero padre del figlio Hermann, frutto in realtà di un tradimento di lei. Tutto ciò per arrivare ad appellare i due come «pionieri della “rivoluzione sessuale”», favorevoli alla «liberazione di tutte le inclinazioni», veri e propri sessantottini ante litteram.
Una sorta di prolusione allo sbalorditivo finale nel quale Nolte esprime il desiderio che in futuro possa essere scritto un “analogo” di Essere e tempo nel quale il matrimonio di Heidegger, il suo coinvolgimento nel nazionalsocialismo, nonché i suoi “festivi” rapporti erotici, non vengano più relegati «nell'ambito del non filosofico». Tradotto in termini più espliciti Nolte è passato dal difendere il nazionalsocialismo di Heidegger al proporlo, assieme al resto della sua vita privata, addirittura come filosoficamente esemplare!
Il salto di Nolte era stato quasi prefigurato nel recente libro di Franco Volpi insieme ad Antonio Gnoli: L'ultimo sciamano. Conversazioni su Heidegger. In questo testo, infatti, gli autori assumono una posizione inversa a quella sostenuta in passato, con la quale minimizzavano il nazismo del filosofo sostenendo che i fatti personali dovevano essere separati dal pensiero. Al contrario, ne L'ultimo sciamano - che è stato anche il titolo della relazione di Volpi allo stesso convegno di Bologna - ad essere centrale non è la filosofia di Heidegger ma la sua dimensione umana che, come il titolo metaforicamente suggerisce, viene proposta come “terapeutica”. Ma se la vita personale di Heidegger diventa “filosofica” essa stessa e quindi non è più separata dalla sua filosofia, allora come è possibile escludere che anche quest'ultimo non sia “coinvolto” con il nazismo e proporlo come “insegnamento” per il pensiero?
Quale che sia la risposta a questa domanda, la particolare sintonia tra Volpi e Nolte si è manifestata nell'appendice pirotecnica a questo già stupefacente finale. Nella sessione delle domande, Volpi, riallacciandosi alla proposta finale di Nolte, è intervenuto per suggerire il titolo di questo fantomatico nuovo libro: Critica della ragione erotica e Nolte, per nulla scandalizzato, ha rilanciato affermando di preferire Elogio della sragione erotica (Lob der erotischen Unvernunft), specificandone il senso di riabilitazione di tale “irragionevolezza”.
Dunque, nel finale della giornata bolognese si rivela che questa apologia di un nazismo sessantottino, “gioioso” e “libero” si lega alla proposizione di un certo tipo di “irrazionale”. Particolarmente infida, perché il '68 si ribellò all'identità della ragione senza riuscire a trovare una nuova identità nella non ragione: libertà senza identità. Ora invece Nolte e seguaci, cogliendo l'eredità di Heidegger, cercano di proporre un'identità per questa libertà: l'identità nazista dell'onnipotenza che pretende di distruggere il “male”: ebrei, comunisti, zingari, omosessuali, malati di mente.

il Riformista sabato 23 dicembre 2006
TESTIMONIANZA Ho versato il sangue per votare quattro sì
di Piergiorgio Welby


Ho versato il sangue per la Repubblica! Non è stata, lo devo ammettere, quell'effusione sanguinis tanto cara a qualcuno; è stata una sbucciatura alla tibia con effusione di poco sangue, ma la Repubblica, nella persona del ministro Pisanu, per me, non ha effuso nemmeno l'inchiostro di una Biro usa & getta.
E sì, che, insieme all'associazione Luca Coscioni, avevo chiesto, per tempo, al ministro di rendere possibile l'esercizio del diritto di voto per quei 100.000 disabili gravi che non possono spostarsi se non a rischio di molte sofferenze o della stessa vita (in Ucraina per i disabili gravi erano stati istituiti dei seggi volanti…Evidentemente in Ucraina c'è una democrazia matura e in Italia c'è una democrazia troppo…matura!). Il ministro non ha risposto, forse era occupato a lavarsi le mani, o a fare la doccia. A dire il vero, la vita del ministro è troppo differente da quella di un disabile grave perché io possa immaginare come passi la giornata. Non molto tempo fa, con una lettera al Foglio, avevo chiesto, sempre come membro dell'associazione Luca Coscioni, a Ferrara e a Socci di scrivere almeno un articoletto sul diritto dei disabili gravi a leggere le novità editoriali in formato digitale. Non conosco come trascorra la giornata il ministro, ma credo di non essere lontano dal vero, se immagino che Socci passi la giornata a intervistare chi ha visto la Madonna e Ferrara a dilettarsi con gli orgasmi plurimi che gli procurano i discorsi di Rutelli. Perché dico questo? Perché né Socci, né Ferrara mi hanno risposto. Lo so lo so, in questi casi c'è sempre qualcuno che ti dice: non chiederti cosa gli altri possono fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per gli altri.
Ero uscito dal coma da tre giorni, non sapevo se ci sarei rientrato per sempre, quando si avvicina al mio letto il professor Arcangeli, primario del reparto di rianimazione del Santo Spirito e mi dice: «Il dottor Ricci del Gemelli vorrebbe prelevarti alcune provette di sangue per spedirle a Torino dove si sta cercando il gene della tua malattia che è molto rara. Se accetti batti una volta le palpebre. Se rifiuti battile due volte. Non sei tenuto ad accettare». Io pensai agli altri, battei una volta le palpebre e…versai il sangue.
Ieri, il sangue l'ho versato per andare a votare. Stavo per “versare” qualche altra cosa; il ventilatore polmonare dal quale mi ero dovuto staccare per poter entrare nell'ascensore, una volta arrivato al pianterreno, non si voleva riaccendere. Ho pensato - il ventilatore è in panne, se l'ascensore, come spesso accade, si rifiuta di partire, faccio la fine di un pesce rosso saltato fuori dal vaso. Sarei morto tra rantoli e colpi di tosse, come Violetta nell'ultimo atto della Traviata. A tenermi la mano ci sarebbero stati Marco Pannella, Emma Bonino, Sergio Stanzani, Daniele Capezzone, Rita Bernardini. Che cosa ci facevano lì? Erano venuti per rendere possibile il mio voto e per far sentire ai 100.000 disabili gravi una voce che rompesse il silenzio delle autorità. Ecco, già vedo i risolini furbetti, le ammiccatine ironiche, il darsi di gomito degli apoti. Ma sì, questo è il paese dei furbi di tre cotte, siamo tutti smagati, adulti e vaccinati. Questo è il paese dove, se una donna ha le ovaie bruciate dalla radioterapia o un uomo i testicoli asportati per un tumore e, nonostante tutto, vogliono, grazie all'eterologa, un figlio loro, i furbastri si danno di gomito e pensano che lei sia un po'«mignotta» e lui un po' cornuto; questo è il paese dove, se una madre portatrice di una malattia genetica spera che suo figlio, grazie alla selezione pre-impianto, non debba nascere con la stessa patologia conclamata, i furbastri si danno di gomito e le dicono in faccia che è peggio di Mengele; questo è il paese dove, se i malati distrutti dalla Sla invocano una ricerca a tutto campo, i soliti furbastri si danno di gomito e gli dicono in faccia che non sono altro che degli assassini disposti a strappare il cuore ai bambini per poter guarire.
In questo paese un uomo, Umberto Veronesi, che ha dedicato la vita a salvare le donne dal tumore, viene sbertucciato dai versi sciolti degli editoriali di un Elefantino, o due Premi Nobel per la medicina, Renato Dulbecco, premio Nobel 1975 per la Medicina per le sue scoperte in materia di interazione tra virus tumorali, e Rita Levi Montalcini, Premio Nobel 1986 per la Medicina per la scoperta dei “fattori di crescita” del sistema nervoso, vengono annichiliti da una battutina più stupida che velenosa: «Io dei Nobel non mi fido», o il dottor Vescovi, che notoriamente è retribuito con acqua San Pellegrino e pane e cicoria, mette in guardia quei mammozzi un po' ebeti che sono i ricercatori di mezzo mondo, dagli interessi malvagi della Spectre delle multinazionali.
Questo è il paese dove il cardinal Ruini predica: « […] Non siamo contro la scienza e i suoi progressi: al contrario, ammiriamo e sosteniamo i frutti della ricerca e dell'intelligenza, che è il segno dell'immagine di Dio nell'uomo. Vogliamo dunque che la scienza sia al servizio del bene integrale dell'uomo: non si tratta, pertanto, di arrestare od ostacolare il cammino della scienza, ma di orientarlo […] » e nessuno delle pere furbastre di tre cotte osa ricordare che «l'orientamento» a cui allude il cardinale si «orientava» a perseguitare Andrea Vesalio perché dissezionava i cadaveri e a «censurare» Christian Barnard perché trapiantava gli organi.
Per contrastare questo orientamento, ho votato 4 Sì, ho versato il sangue, ho riportato uno stiramento allo sternocleidomastoideo e un arrossamento all'osso sacro…no, all'osso laico! (la sola cosa laica su cui Ruini non può mettere le mani!).