domenica 26 novembre 2006

agoranews.it
Nelle “stanze” dei sogni con la famiglia Morandini


2007. Puntuale in libreria la famiglia Morandini (oltre a Morando anche Laura e Luisa sono autrici dell’opera) con “Il Dizionario dei Film” che ci offre un punto di vista critico sull’annata cinematografica conclusasi la scorsa estate, fino alla partenza dell’ultimo Festival di Venezia.
Edito da Zanichelli, il Dizionario di 1984 pagine in cui sono presentati e recensiti circa ventiduemila film usciti in Italia (tra cinema, home video e televisione) dal 1902 al 2006, ha come allegato un utilissimo CD-Rom che, corredato da più 6500 schede complete di locandine o immagini di scena, presenta molteplici criteri di ricerca.

La copertina anche quest’anno è dedicata a un film italiano:”Il regista di matrimoni” di Marco Bellocchio, scelta dettata non solo dall’originalità e dal valore del film ma anche per mettere in evidenza un’attrice bella e brava come Donatella Finoccharo.

Del Dizionario non è bella solo la veste editoriale ma sicuramente i contenuti interessanti.
Infatti di ogni film, oltre al titolo italiano, troviamo: titolo originale, Paese di produzione, anno d’uscita, regista, principali interpreti, una sintesi della trama, una concisa analisi critica, durata, suggerimenti sull’opportunità di visione per i ragazzi, indicazione grafica sul giudizio della critica (da 1 a 5 stellette) e, unico nel suo genere, sul successo di pubblico (da 1 a 5 pallini).
E proprio in questa edizione le bramate 5 stellette di critica sono andate a tre film:”History of Violence” di David Cronenberg, “Volver” di Pedro Aldomovar e “Il vento che accarezza l’erba” di Ken Loach, Palma d’oro a Cannes 2006.

E ancora gli Indici e le Appendici con i Premi Oscar, i migliori film, i film della Mostra del cinema di Venezia 2006 e i principali siti Internet dedicati al cinema.

Insomma non solo un dizionario ma un testo completo per gli amanti del cinema e per coloro che vogliono cominciare a sbirciare nelle “stanze” dei sogni!

Il Morandini 2007-Dizionario dei film (con CD-Rom)
Editrice Zanichelli – Collana: Dizionari


nonsolocinema.com
TARGA CITTÀ DI TORINO - SOTTODICIOTTO FILMFESTIVAL A MARCO BELLOCCHIO

Dal 2001 Sottodiciotto assegna ogni anno la Targa Città di Torino - Sottodiciotto Filmfestival a un cineasta che si sia particolarmente distinto per coerenza e sensibilità nel mettere in scena il mondo giovanile. Nell’anno in cui vengono celebrate le passioni, la Targa viene conferita a un regista che ha fatto dell’appassionata ricerca nel cinema e nella realtà e di uno sguardo sempre lucido e attento sul presente e sul passato le proprie cifre stilistiche: Marco Bellocchio. Il pubblico del Festival potrà dialogare con il cineasta in un incontro esclusivo e ammirare su grande schermo dieci suoi film: Abbasso il zio (1961), I pugni in tasca (1965), Nel nome del padre (1972), L’ora di religione (2002), Buongiorno, notte (2003), Sorelle (2006) e altre opere, in una sorta di itinerario ideale attraverso quarantacinque anni di carriera di un autore sempre coerente con se stesso e volutamente scomodo, lontano anni luce dal buonismo e capace di raccontare l’Italia e i giovani senza ipocrisia.

Affari Italiani 24.11.06
Pensiero e proposte di Riccardo Lombardi sono uno dei filoni più vitali per l'identità di nuova sinistra. Parola di Folena e Cremaschi


Il pensiero di Riccardo Lombardi, le sue proposte, le riforme di struttura e la programmazione economica, la riduzione dell'orario di lavoro e l'autogestione, la modifica dell'organizzazione capitalistica e una diversa produzione dei beni di consumo, sono quanto mai attuali, sono uno dei filoni storici più vitali per l'identità politica di nuova sinistra. E' questa, in sintesi, la tesi di Pietro Folena, presidente della Commissione Cultura della Camera e del segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi, alla vigilia di due appuntamenti: l'Assemblea Nazionale di 'Uniti a Sinistra' a Roma e il convegno di Mantova 'Innovare la cultura di sinistra' promosso dal Forum 'Sinistra Europea' con il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero.
"Lombardi e la sinistra socialista - spiega Folena - sono uno dei filoni storici più significativi e vitali per la costruzione della Sinistra Europea: il riformismo rivoluzionario di Lombardi è parte integrante della nostra identità di oggi". Riformatore e non riformista, l'ingegnere socialista propose fin dal 1923 la riduzione dell'orario di lavoro per la piena occupazione ma anche per modello di vita più umano. "Va riaperta la questione della riduzione drastica dell'orario di lavoro - dice Cremaschi - oggi non solo c'è una questione di oppressione e subordinazione nel lavoro, ma c'è anche quella del tempo di lavoro che ha invaso la vita di ciascuno". E al convegno di Mantova non si parlerà solo di Lombardi, ma del socialismo di sinistra. "C'è una cultura, un patrimonio d'idee e progetti - è l'opinione di Ferrero - quello del 'socialismo di sinistra', da recuperare per i suoi contenuti: i nodi individuati già a quel tempo come la democrazia di base, la soggettività dal basso, l'autogestione, sono attuali".
A sinistra dunque si riscopre l'ingegnere dalla 'statura gigantesca', come lo definisce un rapporto della polizia fascista del 1943, conservata presso l'Archivio di Stato: il politico dalla "cultura vastissima - come lo descrive nel suo diario, la moglie Ena Viatto - leggeva, annotava, rielaborava ed attualizzava: la conversazione con lui era un arricchimento". E il ministro Ferrero precisa ancora: "Dobbiamo confrontarci con quella cultura davvero originale e straordinaria perché essa ci dice dei problemi d'oggi: la democrazia di base, la soggettività dal basso, la non-violenza, sono tutte questioni attualissime".
E Folena osserva, "il riformismo rivoluzionario di Lombardi era altro dal riformismo di oggi, non era il riformismo della Bce o del Fondo Monetario Internazionale: era qualcosa che chiedeva e pretendeva un cambiamento sociale profondo". Rimettere al centro la questione della riduzione dell'orario di lavoro e del tempo di lavoro e di vita, "è quanto mai urgente e ineludibile perché si sta andando ormai in una direzione che - precisa Cremaschi - vede il tempo di lavoro dilatarsi a dismisura: e in questo contesto si inserisce l'innalzamento dell'età pensionabile".
Ma perché tornare a riflettere su Lombardi, Basso, Panzieri e Morandi? "Per recuperare i due elementi che contraddistinsero quella cultura: il superamento da sinistra dello stalinismo e la straordinaria capacità d'analisi per il netto rifiuto di modelli precostituiti dei processi e dei mutamenti sociali", risponde il ministro Ferrero. "E la sinistra radicale - aggiunge Cremaschi - non può essere libertaria: il partito classico, quello nato dal leninismo, ha concluso la sua storia da tempo per cui prendere a riferimento quell'esperienza politica, da Lombardi ai Quaderni Rossi di Panzieri, è una via obbligata e giusta". Cancellata per decenni la Grande Utopia di Lombardi è così tornata d'attualità: costruire quella "democrazia socialista che non c'è mai stata", dove, "ciascun individuo abbia la massima possibilità di decidere la propria esistenza e la propria vita".
Nel suo diario, Ena racconta: "Era un politico che si salvava perché diverso e isolato ascoltato ed acclamato da molti imitato da pochi: si limitava ad offrire idee sostenute dalla conoscenza della realtà sociale non il potere né i mezzi per conquistarlo: Riccardo non ha mai potuto accettare che la scelta che egli aveva fatto per vocazione che è esigenza dello spirito potesse essere per i giovani compagni che tentava di formare un'opzione di carattere professionale: non poteva concepire che per essi far politica era una scelta di carriera, significava procurarsi strumenti per la conquista di un potere da usare per la realizzazione di un ideale in cui credevano o, meglio, ritenevano di credere".

Repubblica 24.11.06
Firenze, 16:01
BERTINOTTI: MOVIMENTO NO GLOBAL, STRAORDINARIA INTUIZIONE

"L'intuizione che e' alla base della nascita del movimento no global e' straordinaria, perche' e' la prima vera intuizione critica al di la' del '900". Lo ha detto il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, intervenendo a Firenze a un seminario dell'Istituto italiano di scienze umane. Bertinotti ha confermato la critica all'attuale capitalismo "totalizzante e divoratore", che ha dato vita a una presunta innovazione, "quella della globalizzazione". A fronte di questo elemento che vuole ridurre ogni cosa e ogni persona a una visione economica, ci sono state, secondo Bertinotti, due risposte: "quella identitaria, che tende ad escludere, a essere contro l'altro ed e' quindi regressiva e un'altra progressiva, che parla invece il linguaggio di una possibile alternativa, ed e' quella no global. Questo movimento costituisce una promessa perche', quale sia il giudizio che si voglia dare, rappresenta una critica all'esistente aperta all'altro e al futuro". Bertinotti ha quindi precisato di non voler presentare i movimenti "come sostitutivi rispetto ai grandi soggetti organizzati e alle grandi teorie politiche del '900, ma di fronte alla desertificazione imposta dalla globalizzazione sono un residuo attivo, che non esita a proporsi di fronte a una modernizzazione obliqua", negativa.

Repubblica 25.11.06
Giordano, leader di Rifondazione: non vorrei che fosse questo il programma del Partito democratico
"L´Unione ascolti il suo popolo e non subisca Montezemolo"


Cose buone Nella Finanziaria ci sono anche cose buone, ma la nostra gente si aspettava molto di più da tutti noi
i contratti Nella maggioranza vedo disponibilità di alcuni allo scardinamento della struttura contrattuale

ROMA - «Dopo la Finanziaria saremo di fronte ad un bivio: o ascoltiamo la Confindustria o ascoltiamo il popolo dell´Unione. Il partito democratico ormai subisce il programma di Montezemolo e soci, dal taglio delle pensioni alle liberalizzazioni. Noi invece vogliamo dare al popolo dell´Unione le risposte che attende. E per questo lanceremo una ripresa dell´iniziativa sociale». A Franco Giordano definire tutto ciò come la «fase 2» di Rifondazione, non piace. Ma il leader del Prc apre di fatto una nuova stagione di lotte del suo partito, contrapposta alla strategia messa a punto da Margherita e Ds. A cominciare da domani a Napoli, quando Rifondazione sarà in piazza contro la camporra e la precarietà (e oggi, sempre nel capoluogo campano, riunione a porte chiuse dell´esecutivo per definire i contenuti dell´offensiva). In testa alle richieste: un salario garantito per i giovani.
Segretario, Prodi dovrà aspettarsi allora tanti altri cortei, con i ministri di lotta e di governo che tornano i piazza?
«Eviterei di ridurre la questione ai nostri ministri o sottosegretari. Il punto è che la partecipazione e la mobilitazione democratica rappresentano il vero valore aggiunto di questo esecutivo. Se l´essere al governo determinasse una stasi nei movimenti, sarebbe un errore tragico».
Quindi, passata la manovra, voi alzerete il tiro.
«Nella Finanziaria ci sono cose anche buone, ma la nostra gente si aspettava e si aspetta molto di più, come dimostrato anche dall´insoddisfazione che si sente in giro. Ora, c´è nella maggioranza c´è chi pensa di allargare i consensi battendo la strada dei tagli alle pensioni, delle liberalizzazioni. Non solo. Vedo che perfino sulla flessibilità degli orari e sullo scardinamento della struttura contrattuale, cavalli di battaglia della Confindustria, circola una certa disponibilità in alcuni settori dell´Unione. Avverto subito: su quei punti non si tratta, non è materia disponibile».
Di quali settori parla?
«I settori centristi della maggioranza. Non vorrei che fosse proprio questa la metafora del Partito democratico. La piattaforma riformista che diventa una mera accettazione delle posizioni della Confindustria. Che non è più, diciamo così, un prodotto autoctono. Vengono presi pezzi e stralci altrui. Ormai mi pare purtroppo che siamo a questo punto».
Si può trattare invece su pensioni e liberalizzazioni?
«Sulle pensioni si può aprire un grande confronto ma sulla base di alcuni passaggi-chiave: restare al lavoro di più solo su base volontaria, e aumento delle pensioni minime».
Sul pacchetto di liberalizzazioni di Rutelli?
«Ma quel pacchetto formalmente non esiste neppure. Non fa parte del programma dell´Unione. E´ stata una personale iniziativa, non ne siano mai stati informati. E se il contenuto fosse poi quel che ho visto sui giornali, riceverebbe un no secco. Noi per esempio pensiamo ad un spazio maggiore in economia per il settore pubblico. Agli atti c´è invece il testo del ministro Lanzilotta: si può aprire una discussione, a patto che sparisca l´obbligo dei comuni a vendere. Vorrei tornare però al senso politico dell´operazione cosiddetta fase 2».
Torniamoci.
«Si sostiene che sarebbe questa la strada per rilanciare l´azione di governo, per allargare il consenso dell´Unione. Io penso invece che accadrebbe esattamente il contrario. Rischiamo di restringere il sostegno del popolo dell´Unione, parlo di quello materiale, vivo, vero, corriamo il pericolo di perderlo via via. Se non ritroviamo lo spirito originario, se non rilanciamo l´iniziativa sul terreno sociale».
Rifondazione a che cosa pensa, in alternativa al pacchetto riformista?
«Intanto, l´area riformista al proprio interno è tutt´altro che compatta e stabile, come per esempio hanno dimostrato le reazioni negative di Bersani all´uscita di Rutelli. Il centro della nostra iniziativa sarà il sud, la lotta alla precarietà, per arrivare a forme di reddito garantito per i giovani disoccupati. Siamo pronti ad una sfida e ad un compromesso».
Vale a dire, onorevole Giordano?
«Le imprese ci criticano per le nostre posizioni sulla flessibilità, ma la loro competizione è tutta basata su tagli e la ricerca del costo più basso. Ma è sul terreno della qualità, dell´innovazione, dei prodotti alternativi (a partire dall´energia) che il paese può vincere la battaglia. Coniugando qualità e diritti, novità e garanzie».

Repubblica 26.11.06
Le invasioni barbaruiche del nostro tempo
di Eugenio Scalfari


VANNO di moda i barbari. Dico meglio: abbiamo scoperto di vivere in mezzo ai barbari. O addirittura: ci siamo tutti imbarbariti.
Di questa novità fanno fede alcune costumanze che da qualche anno si sono diffuse e continuano a diffondersi sempre più ampiamente specie tra i giovani; un lessico che attraversa la lingua e i dialetti; comportamenti e modi di vivere altrettanto trasversali; saggi, romanzi, film, trasmissioni televisive che accendono i riflettori sul fenomeno della barbarie e dell´imbarbarimento. Dunque il fatto esiste ed è largamente percepito.
Chi usa la parola "barbari" per definire un´umanità diversa e degradata, di solito pensa di non appartenere a quella tribù, i membri della quale dal canto loro non si sentono affatto portatori di barbarie. Poiché ogni individuo pensa di essere al centro del mondo, per ognuno di noi gli stranieri (i barbari) sono gli altri. Ma il caso di cui qui ci occupiamo è diverso. Non esiste infatti un confine territoriale definito e riconoscibile che divida gli uni dagli altri. I nostri figli e i nostri nipoti possono essere barbari nei costumi e nei pensieri nostro malgrado. Ecco un aspetto della questione che rende più difficile l´analisi e la diagnosi.
Va da sé che diagnosi e analisi riguardano soprattutto gli intellettuali, i filosofi, gli scrittori, i sociologi, gli antropologi. Infatti la discussione è vivace soprattutto tra le persone che esercitano il loro intelletto su fenomeni sociali e culturali. Le invasioni barbariche sono anzitutto un fatto culturale e mentale e quindi coinvolgono soprattutto gli addetti ai lavori. Non a caso uno dei primi a definire il concetto di barbari fu Aristotele.
* * *
Proprio in questi giorni è in vendita il libro di Alessandro Baricco intitolato appunto "I Barbari", pubblicato a puntate su "Repubblica". È stato già ampiamente recensito da Edmondo Berselli e da Antonio Gnoli e nulla ho da aggiungere a quanto già è stato scritto. Ma a me serve come stimolante punto di vista per meglio centrare la questione che mi interessa. Baricco infatti ritiene che i barbari di oggi costituiscano un fatto eccezionale, una mutazione genetica di quelle che accadono soltanto in epoche mutanti. I suoi barbari sono essi stessi mutanti e noi, tutti noi, mutiamo insieme a loro e a causa di loro. Viviamo, tutti insieme, in una società liquida, priva di punti di riferimento e di ancoraggi, una società surfista, ondeggiante e galleggiante. Non esiste un´arca di Noè che serva di rifugio in attesa che il diluvio abbia termine. Non esiste muraglia che divida gli uni dagli altri. Tutt´al più qualche convento di clausura sulla cima dei monti dove pochi monaci conservano a futura memoria le icone del tempo che fu.
Non ho capito bene se Baricco osservi la società barbara da uno di quei rifugi o stia in mezzo all´ondeggiamento generale riuscendo però a oggettivizzarlo mentre ondeggia anche lui insieme agli altri.
Il suo punto fermo comunque è l´eccezionalità. Non era mai accaduto secondo lui che l´intero pianeta imbarbarisse e - soprattutto - che l´epicentro di questo fenomeno epocale fosse l´Occidente, cioè la parte più ricca e colta del mondo.
Poiché si tratta d´uno scrittore ed un romanziere, la sua attenzione si concentra sulle mutazioni dell´arte e in particolare della letteratura. Si potrebbe ancora scrivere oggi un libro come la "Recherche"? La risposta è no. Non si potrebbe. «La vecchia e cara Europa di Thomas Mann e degli antichi parapetti di Dresda non conta più nulla».
È proprio così? Non nascondo che questa frase mi ha fatto sobbalzare. Per reazione mi sono sentito di slancio un conventuale dedicato alla custodia delle icone. Ma poi mi sono reso conto di non essere il tipo adatto a ritirarmi sul monte Athos. Perciò rimango anch´io a discutere e ad oggettivizzare, mutante tra i mutanti. Aggrappato però ad appigli ben solidi, zattere di salvataggio in cerca di terraferma.
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A supporto della tesi baricchiana sull´eccezionalità epocale mi viene in mente un breve saggio di Albert Camus sulla tragedia, del quale si parlò molto quando fu pubblicato, pochi mesi prima della sua morte.
Camus sosteneva che la tragedia - secondo lui massimo apice della letteratura - si manifesta soltanto in epoche di eccezionale transizione. Quella greca nel V secolo e la sua fioritura durò cent´anni, quanti ne corrono tra Eschilo ed Euripide; quella elisabettiana mezzo secolo, tra Marlowe e Shakespeare. Nel V secolo la società greca passava dalla cultura del fato a quella socratica della ragione consapevole; nel secolo XVII nasceva la cultura della libertà e della soggettività. Così all´incirca.
Ebbene, io non condivido la tesi dell´eccezionalità. Né come la spiegava Camus né come la descrive oggi Baricco a proposito dei suoi barbari. Penso che i barbari, per dire i diversi, si profilino all´orizzonte d´ogni generazione inalberando vessilli di utopie, di rivoluzioni ma anche di nuovi medioevi, destinati in gran parte a cadere sotto la falce del tempo. Qualcuno dei semi da essi lanciati sul terreno attecchiscono germinando nuove possibilità aperte al futuro. Altri fanno crescere gramigne che impoveriscono le colture e decimano i raccolti. A volte spingono avanti le ruote della storia, altre volte ne deviano il corso verso la decadenza e la rovina.
Così si susseguono le generazioni con mutamenti che sembrano sconvolgenti ai contemporanei ma che, viste dai posteri, appaiono lentissime.
Chi è nato agli inizi del secolo scorso è stato testimone e partecipe di molte invasioni barbariche, a partire dalla cosiddetta "belle époque" alla "décadence" ai nazionalismi, al socialismo, alle due guerre mondiali, ai totalitarismi, alla strage di cento milioni di persone, alla Shoah, alla bomba atomica. C´è stato l´orrore dei mattatoi ma anche la nobiltà e la dignità di chi ha portato in salvo i Lari e i Penati.
In questi cent´anni tutto è stato eccezionale, dal motore a scoppio alle stazioni spaziali, dall´elettricità ai chip informatici. Tutto è stato mutante ma al tempo stesso immobile. I barbari hanno viaggiato con noi dentro di noi e noi con loro dentro di loro. Così è stato sempre e sempre sarà. Quando tutto è (o sembra) eccezionale, vuol dire che nulla è eccezionale ma normale avvicendarsi delle stagioni, delle generazioni, del pendolo che scandisce gli attimi del tempo. Noi ci muoviamo nel tempo e il tempo esiste perché noi ci muoviamo con lui.
* * *
Se fissiamo l´occhio sui barbari di oggi e sulla società che essi caratterizzano scopriamo però due aspetti che li fanno diversi dalle mutazioni del passato: i nostri barbari costituiscono la maggioranza della società e la società è liquida, priva di appigli. Questi due aspetti - si dice - sono eccezionali. Ma è veramente così?
No, non è così. I totalitarismi novecenteschi furono un fenomeno di massa in tutte e due le loro forme estreme del fascismo e del comunismo. La secolarizzazione è stata anch´essa un fenomeno di massa. Il socialismo e il sindacalismo riformisti sono stati anch´essi fenomeni di massa. Tutti questi movimenti e le idee che li suscitavano nacquero come entità diverse e minoritarie ma poi si massificarono e invasero le società in seno alle quali avevano piantato i loro germogli.
C´è una pagina di Montale che descrive la condizione in cui si trovò la sua generazione durante il fascismo, ma che possiede una valenza che va al di là del caso specifico. Sta nel libro "Il nostro tempo", pubblicato nel 1973. Ne traggo questa citazione: «L´uomo d´oggi ha ereditato un sistema nervoso che non sopporta le attuali condizioni di vita. In attesa che si formi l´uomo di domani, l´uomo d´oggi reagisce alle mutate condizioni non opponendosi agli urti bensì facendo massa, massificandosi».
È esattamente ciò che è avvenuto durante l´invasione barbarica dei totalitarismi novecenteschi e - in situazioni diverse - avviene anche oggi: la presenza dei nuovi barbari massifica la società e questo è il modo con cui la democrazia metabolizza il gene della barbarie. Un modo inquietante, effetto e causa del generale imbarbarimento.
Resta la questione della liquidità. S´è mai vista prima d´ora una società liquida?
Si è vista e si vede quando gli individui perdono qualcuna delle loro dimensioni e assumono forma piatta, si massificano e sprofondano nell´anonimato che è la vera tragedia della modernità.
L´uomo nell´acqua perde peso e non fa ombra. L´uomo verticale fa ombra, lunga o corta che sia secondo l´inclinazione del sole. L´ombra è l´immagine nostra che si prolunga all´esterno. Essere senza ombra significa essere senza immagine.
Nella società liquida la personalità si appiattisce, decadono le istituzioni intermedie, le masse delegano i poteri ai demagoghi e ai tiranni di turno, la democrazia si svuota di contenuti. Da questo punto di vista massificazione, semplificazione e liquidità sono pressoché sinonimi. La gente ha altro da fare che occuparsi della res-publica. La sua occupazione principale è quella di uscire dall´anonimato, magari per qualche minuto o addirittura per qualche frazione di minuto. La fortuna dei quiz televisivi dipende da questo bisogno che la Tv appaga. I conduttori sono diventati espertissimi sacerdoti di questi riti. Fanno sognare, ti rendono celebre presso gli amici del tuo paese, del tuo quartiere, del tuo condominio. Lo potrai raccontare ai figli e ai nipoti col supporto di un cd o di un dvd. Sei esistito. Che vuoi di più?
Perfino i Papi, i Vescovi, i Dignitari delle chiese, hanno bisogno del tubo catodico per significare. Imparano a gestire il proprio corpo. Roteano gli occhi, fanno mosse e vocine, scelgono il camauro e le tiare dai colori adatti. Non parliamo dei Capi di Stato e di governo, dei ministri, dei politici, dei Vip.
Abbiamo linciato Prodi perché non sa comunicare. Questa è la civiltà mediatica, "darling". Anche se fa il verso a se stessa, non è anch´essa un´invasione barbarica in piena regola?
* * *
Poiché ho scelto Montale come mio Virgilio in questo breve viaggio tra i nuovi barbari, concluderò citandolo ancora una volta.
Da "La primavera hitleriana" pubblicata nel 1956 nel volume "La bufera e altro":

«Folta la nuvola bianca delle falene impazzite
turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,
stende a terra una coltre su cui scricchiola
come su zucchero il piede
.........................
e l´acqua seguita a rodere
le sponde e più nessuno è incolpevole».

A volte un poeta esprime meglio di qualunque dotto ciò che è accaduto e accade perché non osserva la superficie ma scende e scava nelle miniere dell´anima.
Ricordiamolo: più nessuno è incolpevole.

l’Unità 26.11.06
Socialismo europeo e nuova costituente: la sfida è aperta a sinistra
Giordano, Prc: va ricostruito il campo della laicità. Folena, Uniti a sinistra: è possibile lanciare un ponte tra riformisti e alternativi


IL PARTITO DEMOCRATICO? «È come se fossimo schiacciati tra Clinton e Amendola, e nel 2006 non è il massimo...». Una battuta, quella di Franco Giordano.
Ma il segretario di Rifondazione non l’ha buttata là per caso. Intervenendo all’assemblea di Uniti a Sinistra, l’associazione di Folena e Falomi, il successore di Bertinotti critica la deriva verso una piattaforma «liberaldemocratica», che poi non è che «l'acquisizione tout court del paradigma della società attuale», e «nel migliore dei casi la tensione verso l'impostazione classica di tipo socialdemocratico, come 50 anni fa». Dunque, tra Clinton e Amendola.
In platea, al teatro Colosseo, ci sono il diessino Cesare Salvi, Armando e Maura Cossutta, Giovanni Russo Spena, Sandro Curzi. Pietro Folena sottolinea la «precarizzazione di ogni forma di lavoro» e richiama alla manifestazione del 4 novembre stigmatizzando la «pretestuosa e precipitosa» dissociazione della Cgil: «Dovesse prevalere l'idea di un governo amico, di un sindacato molto decisionista e istituzionale creerebbe un drammatico corto circuito nella rappresentanza sindacale e nella democrazia italiana. Speriamo s’inverta la rotta, altrimenti la Cgil sarebbe la prima vittima della “fase 2”».
Uniti a sinistra spera in una sinistra unitaria europea, che s’ispiri alle migliori esperienze di Prc, Sinistra Ds «e delle tante forze vive della sinistra sociale»; così da richiamare al rispetto del programma dell’Unione e bloccare il neocentrismo della fase 2. Per Folena bisogna accelerare verso la «costituente della sinistra»: il nuovo soggetto unitario «o nasce dal basso, democraticamente, o non nasce». Cesare Salvi ascolta con interesse: «l'unità della sinistra è la proposta strategica che porteremo al congresso, chiaramente alternativa al Pd. Tanto più se si guarda al socialismo europeo». E infatti «Uniti a sinistra» si propone di promuovere la «Sezione italiana della Sinistra europea». «Vogliamo essere il primo mattone di un ponte tra la sinistra alternativa e il riformismo di sinistra presente nel Pse e nell'Internazionale - sottolinea Folena - lavorando sulla suggestione lanciata da Oskar Lafontaine qualche settimana fa».
Per Giordano va ricostruito «il campo della laicità» per combattere le «ingerenze delle gerarchie ecclesiastiche nella produzione legislativa delle nostre istituzioni». Non è solo questione di Pacs o bioetica, ma «è venuta meno una delle forme di mediazione della cultura di centro. La vecchia Dc aveva proprio questa funzione. Oggi la debolezza del ceto politico rende indispensabile ricostruire il campo della laicità politica». Il Prc guarda le recenti polemiche interne alla Cgil con preoccupazione: «Il problema vero è uscire dalla logica del taglio del lavoro e dal costo di produzione. Occorre uno spazio pubblico per investire e questo significa un ritorno a una politica di programmazione». Giordano attacca Confindustria la cui politica «trova così ampio ascolto nella fase due» e si chiede perchè gli industriali italiani critichino «la Finanziaria nonostante si sia giovata di 2 miliardi e mezzo per il prossimo anno. Da gennaio a marzo si apre una partita decisiva da cui dipenderà l'identità sociale del prossimo governo». Tema caldo, le pensioni: «Chi penserà di brandire la spada per tagli su pensioni e liberalizzazioni si sbaglia».

Repubblica 26.11.06
Giordano: schiacciati tra Clinton e Amendola
La riunione di "Uniti a sinistra": spazio a chi non crede del Pd


ROMA - «Come se fossimo schiacciati tra Clinton e Amendola, nel 2006 non è il massimo...». Tono sarcastico del segretario del Prc, Franco Giordano a proposito di partito democratico. C´era una volta la Rifondazione comunista, che prima del varo della Finanziaria, si muoveva all´unisono con il sindacato, con la Cgil. C´è oggi invece una frattura tra l´organizzazione dei lavoratori e il Prc certificata ieri nella riunione di "Uniti a sinistra", l´associazione animata da Pietro Folena. Le ultime scelte di Guglielmo Epifani non sono piaciute a Giordano: «Mi preoccupa la distanza della Cgil dalla politica, distanza che la costringe in una visione istituzionalizzata». Severo anche il giudizio di Folena: «Se la Cgil dovesse chiudersi in una fase di recriminazione a sinistra rischierebbe di essere, come chiede un giorno sì e l´altro pure Montezemolo, la vittima designata della "fase 2"». La critica alla Cgil è netta. Quasi un ammonimento preventivo di fronte alla scadenze del dopo-Finanziaria: riforme e fase due. «Nessuno pensi di brandire le pensioni come metafora della fase due - dice il segretario del Prc Giordano - . E non pensino di mutare la natura del nostro programma e il vincolo di mandato che ci ha fatto vincere sulla piattaforma opposta a quella degli imprenditori».
"Uniti a sinistra" ieri ha visto parecchi ospiti, da Cesare Salvi ad Aldo Tortorella a Armando Cossuta, sempre più in rotta di collisione con le scelte del suo partito, il Pdci. «Sono liberamente comunista, punto», dice Cossutta. Per Folena la sua associazione dev´essere un ponte tra la Sinistra europea e il Partito socialista europeo. «Per una sinistra unita il tema dell´adesione al Pse si pone oggettivamente - ammette Cossutta - . Ma viene dopo la costruzione di un soggetto popolare e democratico che oggi non c´è e che deve rivolgersi a Rifondazione, al Pdci, a quella parte dei Ds che non si riconosce nel Partito democratico. E a tante forze esterne che non si riconoscono in nessun partito».

il manifesto 26.11.06
Noi Lombardi, voi Amendola a sinistra è sfida tra classici
di D. Cir.


Roma. La sinistra torna ai classici. Pietro Folena, promotore di Uniti a sinistra - che aderisce al progetto di Sinistra europea con Rifondazione comunista - candida la sua associazione a fare da ponte tra la sinistra radicale e «il multiforme mondo del socialismo europeo». Per farlo ritorna a un socialista doc (per altro molto amato e spesso citato da Fausto Bertinotti). «Riprendiamo e attualizziamo l'intuizione straordinaria di Riccardo Lombardi - ha detto Folena aprendo ieri a Roma l'assemblea di Uniti a Sinistra, davanti a molti ex di Pci oggi variamente collocati come Aldo Tortorella, Armando Cossutta e al segretario di Rifondazione Franco Giordano e a uno dei leader della mozione di sinistra per il prossimo congresso Ds Cesare Salvi -, riprendiamo la sua idea di riforme di struttura».
Stabilire un ponte tra il socialismo europeo (quel Pse dove Uniti a sinistra chiede di essere ammessa come osservatore) e il gruppo di partiti comunisti o ex comunisti che in Europa compone la Sinistra europea, significa in Italia candidarsi al ruolo di mediatore tra Rifondazione e quella parte dei Ds che si oppone alla nascita del Partito democratico. Naturale dunque che Salvi abbia apprezzato tanto il richiamo a Lombardi - «la sua lezione di riformismo rivoluzionario è di grande attualità» - quanto «la riflessione sul socialismo europeo». Già sperimentate l'intesa tra Folena e Giordano. Il segretario del Prc ha invitato a «imprimere una forte e decisa accelerazione al progetto di Sinistra europea». E ha poi criticato il costituendo Partito democratico tirando in ballo il più celebre «destro» della storia del Pci, Giorgio Amendola. Secondo Giordano «il Pd oscilla tra Clinton e Amendola, tra una cultura liberaldemocratica e una socialdemocratica degli anni Cinquanta, non mi pare una cosa eccellente».
Più che oscillare, il Pd sembra impossibilitato a muovere anche un solo passo, visto che anche il cambio di statuto previsto al prossimo congresso del Pse non convince la Margherita che rimane dell'idea di non aderire a nulla che sappia di socialista in Europa. Il segretario dei Ds Piero Fassino però insiste: «E' semplice, il Partito democratico si collocherà con i progressisti e i riformisti europei che sono rappresentati dal Pse». Dunque invito ripetuto agli scettici della Margherita perché considerino il fatto che «il Pse diventerà la nuova casa dei socialisti, laburisti, socialdemocratici e democratici».