Repubblica 24.2.19
Se questa è l’élite meglio la Thatcher
La provocazione di Donald Sassoon
di Donald Sassoon
Non
credo che si possa insegnare un’identità. Non credo che si possa fare
dell’Europa uno stato-nazione di stati-nazione, il che non significa che
la lenta e dolorosa costruzione dell’Unione europea, nonostante i
problemi, gli errori, le sciocche regole, il deficit democratico e la
bassa affluenza alle urne, non sia la cosa migliore successa nella
storia europea. Bisogna inoltre riconoscere che in certi paesi alcuni
elementi d’identità europea si sono sviluppati anche grazie alla valuta
comune, all’abolizione del passaporto nell’area Schengen, allo scambio
universitario noto come programma Erasmus.
Quello che manca è
l’insegnamento adeguato della storia degli altri paesi europei. Ma non
dimentichiamo che la maggior parte delle persone non basa le proprie
conoscenze storiche solo su quanto è stato appreso a scuola. La storia
che conoscono la ricavano in parte dai ricordi distorti e dai pregiudizi
di genitori e nonni, in parte dagli incompleti riferimenti al passato
che racimolano nei telegiornali, nei quotidiani, nei libri (romanzi in
particolare) e, soprattutto, alla televisione e nei film. (...) Per
costruire una nazione, la cosa migliore è avere uno stato, esigere
tasse, controllare l’istruzione e i media, avere una forza di polizia e
un esercito. All’Unione europea mancano questi meccanismi e pochi
vorrebbero che li avesse. È impossibile costruire l’identità europea nel
modo in cui è stata realizzata quella francese, britannica o tedesca.
Inoltre,
proprio ora, mentre lo stato-nazione resta il principale focus
dell’identità, una crescente porzione di europei è arrabbiata con i
propri politici e vota sempre più massicciamente per partiti
euroscettici antisistema di destra, partiti che agitano lo spauracchio
dell’immigrazione, o non vota affatto. Si votano anche persone che non
sono mai state politici, come se un lavoro nel campo immobiliare o in
quello televisivo ( Donald Trump e Silvio Berlusconi), nella finanza (
Emmanuel Macron), nell’intrattenimento (Beppe Grillo), o nell’industria
alimentare (il leader ceco Andrej Babiš) offra garanzie d’integrità
politica.
Anche nel caso di Jeremy Corbyn, il suo ovvio
disinteresse verso la convenzionale politica di partito, nonostante una
vita spesa in politica, è stato un vantaggio. I commentatori hanno
notato che “il popolo” è arrabbiato con le “élite”. Bisognerebbe
dedicare più tempo a esaminare come mai la qualità del personale
politico in Occidente sia tanto scaduta. Spero non sia visto come un
aggrapparsi ai “bei tempi andati” fare confronti tra i vecchi leader
come Harold Macmillan, Harold Wilson, Margaret Thatcher, Helmut Schmidt,
Willy Brandt, Konrad Adenauer, Giulio Andreotti, Enrico Berlinguer,
Aldo Moro, Charles de Gaulle, François Mitterrand, Adolfo Suárez, Felipe
González, Andreas Papandreou e suo padre Georgios e i nuovi leader
politici. A favore dei primi.
Ma a fare la differenza non sono i
grandi uomini e le grandi donne, bensì le circostanze che li producono.
Dove sarebbero Franklin Delano Roosevelt, De Gaulle e soprattutto
Churchill senza la Seconda guerra mondiale? I russi non avrebbero pianto
in massa la morte di Stalin nel 1953 se non fosse stato considerato il
vincitore della guerra, invece del paranoico assassino che era. In
epoche morbose la metafora latina nanos gigantum humeris insidentes
(nani sulle spalle di giganti) non funziona. Questa è un’epoca di pigmei
che dei giganti non hanno alcuna memoria.