lunedì 4 marzo 2019

Repubblica 24.2.19
La forza della Chiesa e le marionette in Italia
23 Febbraio 2019
Sovranismo e populismo nel nostro Paese sono strettamente alleati e Di Maio in questa fase politica desidera dimostrarlo in tutti i modi possibili. A cominciare dall'appoggio a Salvini affinché eviti il processo che hanno chiesto giudici di Catania
di Eugenio Scalfari


Ci sono molte cose che accadono in questi giorni in Italia, in Europa e in tutto il mondo. Parleremo soltanto di alcune di esse, quelle che più da vicino interessano la nostra vita e cominciamo con la riunione sugli abusi sessuali del clero convocata da papa Francesco per "inchinarsi sulle ferite".
Ne parla con molta chiarezza l'articolo di fondo di Andrea Monda, direttore de L'Osservatore Romano ricordando l'episodio di San Tommaso (uno degli apostoli) che incontra insieme agli altri suoi compagni Gesù, che era ormai non più un Dio incarnato, ma dopo la crocifissione era ormai trasfigurato. Tommaso e gli altri suoi compagni stentano a riconoscerlo ma, per salutare i suoi apostoli prima di averli con lui in Paradiso alla loro morte, Gesù si reincarnò di nuovo. Tommaso ebbe qualche dubbio sull'immagine che gli stava dinanzi e chiese al Signore di potergli toccare la ferita causata da un colpo di lancia infertogli da una guardia romana nel costato mentre agonizzava sulla Croce. Se quella ferita esisteva ancora, se non altro come cicatrice, Tommaso sarebbe stato certo che si trattava del loro Signore. Gesù socchiuse il manto che lo circondava si fece toccare la ferita ormai rimarginata ma tuttora esistente da Tommaso, il quale trovò naturalmente la cicatrice e disse: "Mio Signore e Mio Dio".
Questo ricordo è ridiventato valido e aleggia sulla riunione convocata da papa Francesco e aperta da un intervento del cardinale Tagle.
In un certo senso ha dominato la riunione che è tuttora in corso alla presenza di 190 vescovi, presidenti delle conferenze episcopali delle rispettive nazioni dove il cattolicesimo è diffuso. Il cardinale Tagle ha precisato che la Chiesa cattolica fa un passo indietro inchinandosi rispetto al male altrui e volutamente si abbassa dal suo normale livello per mostrare pubblicamente quello che sente di fronte al male che alcuni dei suoi membri hanno recato al prossimo, ai giovani e addirittura ai bambini con ripetuti soprusi sessuali. I sacerdoti di tutto il mondo perdono il loro prestigio se l'umiliazione per quanto è accaduto non è considerata un male terribile da tutto il clero: anche da chi non solo non ha partecipato ad essa ma condanna quelli che l'hanno effettuata.
Nell'articolo de L'Osservatore Romano c'è questo passaggio significativo: "La Chiesa indica il mistero dell'incarnazione di Cristo, il Dio che si "abbassa" diventando uomo, assumendo la natura umana. È quello che deve fare la Chiesa fedele a Gesù: abbassarsi, farlo sempre e soprattutto oggi di fronte ai minori abusati con le loro ferite che gridano giustizia". Questo è quanto sta avvenendo e papa Francesco è il primo a incitare la Chiesa da lui guidata a toccare le ferite inferte da alcuni suoi membri e a sentire dentro di sé un dolore estremamente profondo. Questa è un'altra delle iniziative di papa Francesco che svela con un dolore estremamente autentico quello che è diffusamente accaduto nelle file del clero. Alcuni suoi critici, a cominciare dal vescovo Viganò, lo avevano contestato perché non aveva punito chi già dentro la Chiesa aveva commesso quei reati sessuali. Ora papa Francesco ha dimostrato quello che già chi lo conosce profondamente aveva intuito: non ha punito i singoli colpevoli, ha voluto che l'intera Chiesa sentisse quel dolore come proprio ed estirpasse per sempre quanto è accaduto.
La Chiesa è la Chiesa ma l'Italia è l'Italia e l'Europa - per parlare del Continente di cui facciamo parte - è l'Europa. In casa nostra accadono molte cose, cominciando da quel che accade al movimento-partito dei Cinque Stelle. Nelle elezioni in Abruzzo si sono dimezzati nel voto: dalla media cui erano arrivati di circa il 40 per cento sono scesi nelle regionali al 20. Naturalmente Di Maio e i suoi pochi collaboratori si sono mostrati convinti che il voto abruzzese ha delle motivazioni particolari e non conta niente sulle sorti complessive del loro partito. Era importante, secondo Di Maio, non tanto rassicurare i propri seguaci quanto rafforzare l'alleanza con la Lega di Salvini che nei sondaggi è molto più avanti dei Cinque Stelle. Una situazione non limitata al crollo abruzzese ma all'intero Paese, mostrando segni di friabilità proprio laddove la Lega continua a crescere a oltre il 32 per cento.
Di Maio si sta dimostrando un buon attore: sfoggia sicurezza, determinazione, tranquillità. Grillo, primario attore e autore del Movimento che non a caso finora si autodefiniva "grillino" ma ormai non più, sta prendendo le distanze da Di Maio e lo richiama a quella che fu per dieci anni la sua predicazione e il programma del Movimento: distruzione delle caste e terra bruciata per far nascere nuove forze e nuovi programmi. Insomma populismo allo stato puro. Questo fu Grillo e questo lo è ancora ma il movimento-partito di Di Maio non è più questo: ha un programma, ha un contratto con Salvini e non solo non combatte le caste ma addirittura sta diventando e rappresentando una di esse.
Di Maio vorrebbe avere un ruolo importante anche in Europa, specie se otterrà un discreto risultato nelle elezioni europee ormai imminenti. Non che abbia dimenticato di essere alla testa di un partito populista, ma il populismo una finalità la deve avere e in Europa è assai difficile: i populismi sono numerosi ma si abbinano al sovranismo e cioè il peggio del peggio. La coesistenza di populismi, ciascuno con i suoi capi e i suoi obiettivi diversi da quelli degli altri ha un percorso incerto. Sarebbe una sorta di miracolo se l'esistenza di tanti populismi in Europa favorisse la loro unificazione: un continente populista è impossibile? Non è affatto impossibile: Trump ha vinto e domina gli Usa con una politica populista; lo stesso avviene in Cina e in India. Non nella Russia di Putin che ha un regime propriamente zarista.
Comunque abbiamo già segnalato che il populismo europeo convive con il sovranismo e quindi ciascun movimento populista vive per conto proprio senza alleati altrettanto populisti. Sovranismo e populismo per quanto riguarda l'Italia sono strettamente alleati e Di Maio in questa fase politica desidera dimostrarlo in tutti i modi possibili, a cominciare dall'appoggio a Salvini affinché eviti il processo che i giudici di Catania vogliono aprire nei suoi confronti.
Salvini dal canto suo sa bene che l'alleanza con Di Maio è tutta a proprio vantaggio: a lui porta voti, a Di Maio ne fa perdere. Che cosa può accadere di meglio al capo della Lega? Perciò negli ultimi tempi i due fenomeni hanno andamenti difformi ma la loro alleanza si rafforza. Si è visto anche sul problema della Tav, rinviato a non si sa quando e soprattutto nella politica economica dove si adottano provvedimenti che sembrano atti di generosità per il prossimo bisognoso, ma in realtà sono interventi fittizi e privi di valore effettivo. La sostanza del contratto è rimasta inevasa: il contratto esiste come pezzo di carta ma non come programma in corso d'attuazione. Si vedrà quel che accadrà dopo le elezioni del prossimo maggio.
Sul fronte politicamente opposto le elezioni abruzzesi non sono andate male. Neanche bene, ma una via di mezzo che ha unito il Pd a una serie di circoli civici del tipo di quelli che nel loro complesso formano il movimento creato da Calenda. In Abruzzo il Pd all'11 per cento (molto meno dei sondaggi nazionali che lo danno tra il 16 e il 18 per cento), ma l'unione generale di chi la pensa in termini liberal-socialisti o anche semplicemente liberali è notevolmente superiore del previsto toccando il 31 per cento. Sarà dunque quella la strada su cui marciare: Partito e Movimento. A quanto arriveranno? Non meno del 20 e se fosse un miracolo magari al 30. Un partito-movimento che arrivasse al 30 sarebbe già qualche cosa, una discreta minoranza ma non più che questo. Comunque il dopo si vedrà.
Ci sono ancora due questioni da esaminare, che riguardano la politica italiana. Sembreranno a chi mi legge due macchiette come un tempo si usava negli antichi varietà. Una riguarda Renzi ed un'altra Berlusconi. Renzi per molte situazioni da lui create o che gli sono cadute addosso, ricorda Bettino Craxi. Entrambi iniziarono la loro attività politica identificandosi con il partito nel quale avevano scelto di militare e naturalmente - strada facendo - entrambi aspirarono a diventarne i leader e l'obiettivo fu raggiunto: Craxi alla testa del Partito socialista e Renzi a quella del Partito democratico che del socialismo italiano ha qualche traccia.
Craxi tuttavia, dopo un buon servizio adatto alle capacità di un leader, aprì la strada alla corruzione e insieme ad essa alla conquista sia pur transitoria di belle donne para-socialiste. Arrivò al peggio del peggio, fu processato dai magistrati di Milano e fu condannato a qualche anno di reclusione e per evitare il carcere scappò in Tunisia ad Hammamet dove poi morì.
Renzi per fortuna sua e anche nostra non ha questo destino; semplicemente ha perso la leadership del partito. Si era alleato con Berlusconi per fare la legge elettorale e la riforma costituzionale che giovasse a tutti e due. Per averne l'approvazione fu indetto il referendum dove i No batterono di gran lunga i Sì e dove Renzi ci rimise tutta la sua carriera politica, perse la leadership del partito, lasciò la guida del governo. Non era tuttavia un personaggio casalingo e quindi dopo un paio di mesi tornò in battaglia e lo è tuttora: vuole tornare alla testa del Pd e vuole portarlo ad alte vette numeriche e politiche.
Non sembra tuttavia che abbia molti seguaci: ha con lui parecchi sindaci delle zone centrosettentrionali ed anche un notevole numero di parlamentari iscritti al Pd. C'è anche una parte, ma assai limitata, del movimento che fiancheggia il Pd. Insomma Renzi è di nuovo in battaglia e ha scritto un libro di agevole lettura sulla sua vita politica, come fu, come è e come sarà.
Ho già detto che somiglia poco a Craxi, anzi per nulla salvo che i partiti cui appartenevano e di cui erano stati i capi li hanno vissuti quasi nello stesso modo. Il finale di Craxi fu una condanna giudiziaria, di Renzi sono stati invece arrestati i genitori: non sono cose identiche ma in qualche modo analoghe. Di lui purtroppo si è visto il finale; il finale di Renzi è ancor a piuttosto lontano e la sua partita è ancora tutta da rigiocare ma l'esito è ignoto ed anche le previsioni formulate dagli esperti della materia sono molto incerte.
L'ultimo personaggio che sta tornando in palcoscenico è Berlusconi. Visto in televisione dove è in grado di usare un buon trucco capace di diminuirne l'età anagrafica, sembra ancora in piena forma e forse lo è. Il legame con Salvini è molto forte salvo che Berlusconi mantiene le finalità proprie che non coincidono con quelle di Salvini. I voti di Berlusconi attualmente oscillano tra l'8 e il 10 per cento: è già notevole ma probabilmente un'ulteriore crescita ci sarà. Ho detto più volte e lo ripeto ancora che Berlusconi è un personaggio che scrive il libretto dell'opera che vuole mettere in scena ma poi fa anche il primo attore sul palcoscenico. Non è il solo che riesca a coniugare le capacità dell'autore e l'abilità dell'attore, ma lui è certamente il più notevole in questa duplice personalità.
Il suo libretto è quello di tornare al governo, magari non come premier ma con una carica molto importante per lui e diffusa anche nel suo stato maggiore. Quanto al suo atteggiamento verso Salvini, lo appoggia e continuerà sempre ad appoggiarlo per evitargli guai giudiziari. Rispetto a Di Maio populista, Berlusconi è un populista della forza di un dio olimpico. Ricorderete che ai tempi in cui governò l'Italia per parecchi anni cambiava abito e cappello secondo i luoghi e gli interlocutori che doveva vedere.
Una volta arrivò addirittura a mettersi un cappello da bersagliere durante la visita a quel corpo militare. Ricordiamo anche l'eleganza dei suoi doppi petti blu quando la sera ballava con le ragazze invitate a cena, eccetera eccetera. Mi viene in mente che anche Gabriele D'Annunzio si vestiva durante la guerra '15-'18 secondo i vari corpi militari che frequentava; non mise mai il cappello da bersagliere, ma quello di alpino, quello di cavalleggero, quello di fante. E il blu lo usava anche lui e le donne pure. Ovviamente D'Annunzio è e resterà nella storia della poesia italiana mentre la storia politica di Berlusconi parlerà poco o niente con il passar degli anni. In realtà il personaggio al quale somiglia è piuttosto Grillo: il populismo di Berlusconi batte di gran lunga quello del comico che ha dato vita ai Cinque Stelle.
Questo è il quadro della povera Italia. Molto da divertirci non c'è.
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