Repubblica 24.2.19
La forza della Chiesa e le marionette in Italia
23 Febbraio 2019
Sovranismo
e populismo nel nostro Paese sono strettamente alleati e Di Maio in
questa fase politica desidera dimostrarlo in tutti i modi possibili. A
cominciare dall'appoggio a Salvini affinché eviti il processo che hanno
chiesto giudici di Catania
di Eugenio Scalfari
Ci
sono molte cose che accadono in questi giorni in Italia, in Europa e in
tutto il mondo. Parleremo soltanto di alcune di esse, quelle che più da
vicino interessano la nostra vita e cominciamo con la riunione sugli
abusi sessuali del clero convocata da papa Francesco per "inchinarsi
sulle ferite".
Ne parla con molta chiarezza l'articolo di fondo
di Andrea Monda, direttore de L'Osservatore Romano ricordando l'episodio
di San Tommaso (uno degli apostoli) che incontra insieme agli altri
suoi compagni Gesù, che era ormai non più un Dio incarnato, ma dopo la
crocifissione era ormai trasfigurato. Tommaso e gli altri suoi compagni
stentano a riconoscerlo ma, per salutare i suoi apostoli prima di averli
con lui in Paradiso alla loro morte, Gesù si reincarnò di nuovo.
Tommaso ebbe qualche dubbio sull'immagine che gli stava dinanzi e chiese
al Signore di potergli toccare la ferita causata da un colpo di lancia
infertogli da una guardia romana nel costato mentre agonizzava sulla
Croce. Se quella ferita esisteva ancora, se non altro come cicatrice,
Tommaso sarebbe stato certo che si trattava del loro Signore. Gesù
socchiuse il manto che lo circondava si fece toccare la ferita ormai
rimarginata ma tuttora esistente da Tommaso, il quale trovò naturalmente
la cicatrice e disse: "Mio Signore e Mio Dio".
Questo ricordo è
ridiventato valido e aleggia sulla riunione convocata da papa Francesco e
aperta da un intervento del cardinale Tagle.
In un certo senso
ha dominato la riunione che è tuttora in corso alla presenza di 190
vescovi, presidenti delle conferenze episcopali delle rispettive nazioni
dove il cattolicesimo è diffuso. Il cardinale Tagle ha precisato che la
Chiesa cattolica fa un passo indietro inchinandosi rispetto al male
altrui e volutamente si abbassa dal suo normale livello per mostrare
pubblicamente quello che sente di fronte al male che alcuni dei suoi
membri hanno recato al prossimo, ai giovani e addirittura ai bambini con
ripetuti soprusi sessuali. I sacerdoti di tutto il mondo perdono il
loro prestigio se l'umiliazione per quanto è accaduto non è considerata
un male terribile da tutto il clero: anche da chi non solo non ha
partecipato ad essa ma condanna quelli che l'hanno effettuata.
Nell'articolo
de L'Osservatore Romano c'è questo passaggio significativo: "La Chiesa
indica il mistero dell'incarnazione di Cristo, il Dio che si "abbassa"
diventando uomo, assumendo la natura umana. È quello che deve fare la
Chiesa fedele a Gesù: abbassarsi, farlo sempre e soprattutto oggi di
fronte ai minori abusati con le loro ferite che gridano giustizia".
Questo è quanto sta avvenendo e papa Francesco è il primo a incitare la
Chiesa da lui guidata a toccare le ferite inferte da alcuni suoi membri e
a sentire dentro di sé un dolore estremamente profondo. Questa è
un'altra delle iniziative di papa Francesco che svela con un dolore
estremamente autentico quello che è diffusamente accaduto nelle file del
clero. Alcuni suoi critici, a cominciare dal vescovo Viganò, lo avevano
contestato perché non aveva punito chi già dentro la Chiesa aveva
commesso quei reati sessuali. Ora papa Francesco ha dimostrato quello
che già chi lo conosce profondamente aveva intuito: non ha punito i
singoli colpevoli, ha voluto che l'intera Chiesa sentisse quel dolore
come proprio ed estirpasse per sempre quanto è accaduto.
La
Chiesa è la Chiesa ma l'Italia è l'Italia e l'Europa - per parlare del
Continente di cui facciamo parte - è l'Europa. In casa nostra accadono
molte cose, cominciando da quel che accade al movimento-partito dei
Cinque Stelle. Nelle elezioni in Abruzzo si sono dimezzati nel voto:
dalla media cui erano arrivati di circa il 40 per cento sono scesi nelle
regionali al 20. Naturalmente Di Maio e i suoi pochi collaboratori si
sono mostrati convinti che il voto abruzzese ha delle motivazioni
particolari e non conta niente sulle sorti complessive del loro partito.
Era importante, secondo Di Maio, non tanto rassicurare i propri seguaci
quanto rafforzare l'alleanza con la Lega di Salvini che nei sondaggi è
molto più avanti dei Cinque Stelle. Una situazione non limitata al
crollo abruzzese ma all'intero Paese, mostrando segni di friabilità
proprio laddove la Lega continua a crescere a oltre il 32 per cento.
Di
Maio si sta dimostrando un buon attore: sfoggia sicurezza,
determinazione, tranquillità. Grillo, primario attore e autore del
Movimento che non a caso finora si autodefiniva "grillino" ma ormai non
più, sta prendendo le distanze da Di Maio e lo richiama a quella che fu
per dieci anni la sua predicazione e il programma del Movimento:
distruzione delle caste e terra bruciata per far nascere nuove forze e
nuovi programmi. Insomma populismo allo stato puro. Questo fu Grillo e
questo lo è ancora ma il movimento-partito di Di Maio non è più questo:
ha un programma, ha un contratto con Salvini e non solo non combatte le
caste ma addirittura sta diventando e rappresentando una di esse.
Di
Maio vorrebbe avere un ruolo importante anche in Europa, specie se
otterrà un discreto risultato nelle elezioni europee ormai imminenti.
Non che abbia dimenticato di essere alla testa di un partito populista,
ma il populismo una finalità la deve avere e in Europa è assai
difficile: i populismi sono numerosi ma si abbinano al sovranismo e cioè
il peggio del peggio. La coesistenza di populismi, ciascuno con i suoi
capi e i suoi obiettivi diversi da quelli degli altri ha un percorso
incerto. Sarebbe una sorta di miracolo se l'esistenza di tanti populismi
in Europa favorisse la loro unificazione: un continente populista è
impossibile? Non è affatto impossibile: Trump ha vinto e domina gli Usa
con una politica populista; lo stesso avviene in Cina e in India. Non
nella Russia di Putin che ha un regime propriamente zarista.
Comunque
abbiamo già segnalato che il populismo europeo convive con il
sovranismo e quindi ciascun movimento populista vive per conto proprio
senza alleati altrettanto populisti. Sovranismo e populismo per quanto
riguarda l'Italia sono strettamente alleati e Di Maio in questa fase
politica desidera dimostrarlo in tutti i modi possibili, a cominciare
dall'appoggio a Salvini affinché eviti il processo che i giudici di
Catania vogliono aprire nei suoi confronti.
Salvini dal canto suo
sa bene che l'alleanza con Di Maio è tutta a proprio vantaggio: a lui
porta voti, a Di Maio ne fa perdere. Che cosa può accadere di meglio al
capo della Lega? Perciò negli ultimi tempi i due fenomeni hanno
andamenti difformi ma la loro alleanza si rafforza. Si è visto anche sul
problema della Tav, rinviato a non si sa quando e soprattutto nella
politica economica dove si adottano provvedimenti che sembrano atti di
generosità per il prossimo bisognoso, ma in realtà sono interventi
fittizi e privi di valore effettivo. La sostanza del contratto è rimasta
inevasa: il contratto esiste come pezzo di carta ma non come programma
in corso d'attuazione. Si vedrà quel che accadrà dopo le elezioni del
prossimo maggio.
Sul fronte politicamente opposto le elezioni
abruzzesi non sono andate male. Neanche bene, ma una via di mezzo che ha
unito il Pd a una serie di circoli civici del tipo di quelli che nel
loro complesso formano il movimento creato da Calenda. In Abruzzo il Pd
all'11 per cento (molto meno dei sondaggi nazionali che lo danno tra il
16 e il 18 per cento), ma l'unione generale di chi la pensa in termini
liberal-socialisti o anche semplicemente liberali è notevolmente
superiore del previsto toccando il 31 per cento. Sarà dunque quella la
strada su cui marciare: Partito e Movimento. A quanto arriveranno? Non
meno del 20 e se fosse un miracolo magari al 30. Un partito-movimento
che arrivasse al 30 sarebbe già qualche cosa, una discreta minoranza ma
non più che questo. Comunque il dopo si vedrà.
Ci sono ancora due
questioni da esaminare, che riguardano la politica italiana.
Sembreranno a chi mi legge due macchiette come un tempo si usava negli
antichi varietà. Una riguarda Renzi ed un'altra Berlusconi. Renzi per
molte situazioni da lui create o che gli sono cadute addosso, ricorda
Bettino Craxi. Entrambi iniziarono la loro attività politica
identificandosi con il partito nel quale avevano scelto di militare e
naturalmente - strada facendo - entrambi aspirarono a diventarne i
leader e l'obiettivo fu raggiunto: Craxi alla testa del Partito
socialista e Renzi a quella del Partito democratico che del socialismo
italiano ha qualche traccia.
Craxi tuttavia, dopo un buon
servizio adatto alle capacità di un leader, aprì la strada alla
corruzione e insieme ad essa alla conquista sia pur transitoria di belle
donne para-socialiste. Arrivò al peggio del peggio, fu processato dai
magistrati di Milano e fu condannato a qualche anno di reclusione e per
evitare il carcere scappò in Tunisia ad Hammamet dove poi morì.
Renzi
per fortuna sua e anche nostra non ha questo destino; semplicemente ha
perso la leadership del partito. Si era alleato con Berlusconi per fare
la legge elettorale e la riforma costituzionale che giovasse a tutti e
due. Per averne l'approvazione fu indetto il referendum dove i No
batterono di gran lunga i Sì e dove Renzi ci rimise tutta la sua
carriera politica, perse la leadership del partito, lasciò la guida del
governo. Non era tuttavia un personaggio casalingo e quindi dopo un paio
di mesi tornò in battaglia e lo è tuttora: vuole tornare alla testa del
Pd e vuole portarlo ad alte vette numeriche e politiche.
Non
sembra tuttavia che abbia molti seguaci: ha con lui parecchi sindaci
delle zone centrosettentrionali ed anche un notevole numero di
parlamentari iscritti al Pd. C'è anche una parte, ma assai limitata, del
movimento che fiancheggia il Pd. Insomma Renzi è di nuovo in battaglia e
ha scritto un libro di agevole lettura sulla sua vita politica, come
fu, come è e come sarà.
Ho già detto che somiglia poco a Craxi,
anzi per nulla salvo che i partiti cui appartenevano e di cui erano
stati i capi li hanno vissuti quasi nello stesso modo. Il finale di
Craxi fu una condanna giudiziaria, di Renzi sono stati invece arrestati i
genitori: non sono cose identiche ma in qualche modo analoghe. Di lui
purtroppo si è visto il finale; il finale di Renzi è ancor a piuttosto
lontano e la sua partita è ancora tutta da rigiocare ma l'esito è ignoto
ed anche le previsioni formulate dagli esperti della materia sono molto
incerte.
L'ultimo personaggio che sta tornando in palcoscenico è
Berlusconi. Visto in televisione dove è in grado di usare un buon trucco
capace di diminuirne l'età anagrafica, sembra ancora in piena forma e
forse lo è. Il legame con Salvini è molto forte salvo che Berlusconi
mantiene le finalità proprie che non coincidono con quelle di Salvini. I
voti di Berlusconi attualmente oscillano tra l'8 e il 10 per cento: è
già notevole ma probabilmente un'ulteriore crescita ci sarà. Ho detto
più volte e lo ripeto ancora che Berlusconi è un personaggio che scrive
il libretto dell'opera che vuole mettere in scena ma poi fa anche il
primo attore sul palcoscenico. Non è il solo che riesca a coniugare le
capacità dell'autore e l'abilità dell'attore, ma lui è certamente il più
notevole in questa duplice personalità.
Il suo libretto è quello
di tornare al governo, magari non come premier ma con una carica molto
importante per lui e diffusa anche nel suo stato maggiore. Quanto al suo
atteggiamento verso Salvini, lo appoggia e continuerà sempre ad
appoggiarlo per evitargli guai giudiziari. Rispetto a Di Maio populista,
Berlusconi è un populista della forza di un dio olimpico. Ricorderete
che ai tempi in cui governò l'Italia per parecchi anni cambiava abito e
cappello secondo i luoghi e gli interlocutori che doveva vedere.
Una
volta arrivò addirittura a mettersi un cappello da bersagliere durante
la visita a quel corpo militare. Ricordiamo anche l'eleganza dei suoi
doppi petti blu quando la sera ballava con le ragazze invitate a cena,
eccetera eccetera. Mi viene in mente che anche Gabriele D'Annunzio si
vestiva durante la guerra '15-'18 secondo i vari corpi militari che
frequentava; non mise mai il cappello da bersagliere, ma quello di
alpino, quello di cavalleggero, quello di fante. E il blu lo usava anche
lui e le donne pure. Ovviamente D'Annunzio è e resterà nella storia
della poesia italiana mentre la storia politica di Berlusconi parlerà
poco o niente con il passar degli anni. In realtà il personaggio al
quale somiglia è piuttosto Grillo: il populismo di Berlusconi batte di
gran lunga quello del comico che ha dato vita ai Cinque Stelle.
Questo è il quadro della povera Italia. Molto da divertirci non c'è.
Governo