lunedì 4 marzo 2019

Il Fatto Quotidiano
Cuba, il voto sulla nuova Costituzione per uno Stato “socialista”: scompare la parola comunista ma non l’egemonia del Partito
I cittadini cubani sono chiamati a promuovere o bocciare la Magna carta che sostituirà quella del 1976. Un grande cambiamento che però porterà a poche modifiche radicali. Tra queste la non discriminazione per identità di genere, orientamento sessuale, origine etnica e disabilità. La vittoria del Sì viene data per scontata, ma prevalgono apatia e disillusione
di Adele Lapertosa


I cittadini cubani sono chiamati a votare nel referendum costituzionale sul testo della nuova Magna carta del Paese, che modificherà quella in vigore dal 1976. La nuova Costituzione, composta da 224 articoli (87 in più di quella vecchia), ne conserva 11 di quella precedente, ne modifica 113 ed elimina 13. Anche se è stata presentata come un grande cambiamento, nella sostanza le modifiche radicali sono poche. Scompare la parola comunista per descrivere il sistema politico, definito ora socialista, ma rimane il ruolo guida ed egemone del Partito comunista cubano. Il principale cambio riguarda il potere esecutivo, finora concentrato nelle mani del presidente del Consiglio dei ministri e del Consiglio di Stato, Miguel Díaz-Canel, che dovrebbe diluirsi leggermente con la creazione dell’incarico del primo ministro. Altro cambio riguarda le tematiche di genere, in particolare sul matrimonio, che non viene più definito come possibile tra un uomo e una donna, ma tra due persone, senza specificare il testo.
Il testo è il frutto di un lavoro partecipato, che dal 13 agosto al 15 novembre scorso ha visto la popolazione presentare le proprie proposte e suggerimenti di modifica alla bozza elaborata dall’Assemblea nazionale in quartieri, università, centri di lavoro e studi, nonché dai residenti all’estero, dibattuti in 130mila riunioni popolari e poi convogliati nelle sedi provinciali del Partito comunista. Complessivamente ci sono state oltre 9mila proposte, di cui la metà incorporate nel testo finale votato dal Parlamento lo scorso 22 dicembre (c’era anche quella dell’elezione diretta del presidente, subito rifiutata).
Nel testo, consultabile anche sul sito del parlamento cubano, viene dunque incorporato il concetto di Stato socialista di diritto, per rinforzare il sistema economico, che mantiene come principi essenziali la proprietà socialista di tutto il popolo sui mezzi fondamentali e la pianificazione, a cui si aggiunge il riconoscimento anche del ruolo del mercato e di nuove forme di proprietà non statali, inclusa quella privata. Il Partito comunista però, “unico, fidelista, marxista-leninista, avanguardia organizzata della nazione cubana, è la forza dirigente e superiore della Società e dello Stato. Organizza e orienta gli sforzi comuni verso la costruzione del socialismo. Il socialismo e il sistema politico e sociale rivoluzionario sono irrevocabili”.
Come ha chiarito il presidente Diaz-Cane, “a Cuba non c’è né si avranno svolte capitaliste”, mentre il segretario del Consiglio di Stato, Homero Acosta, ha spiegato che il modello socialista cubano “non è cambiato nei suoi principi. I concetti fondamentali del nostro socialismo sono qui. Il ruolo del Partito Comunista, dell’economia statale, della proprietà socialista rimangono. Ma c’è bisogno di fare una trasformazione”. Le riforme economiche iniziate da Raul Castro dal 2008 necessitano di una base legale, assente dalla Costituzione in vigore.
Per quanto riguarda il diritto di uguaglianza si aggiunge a quelli già esistenti (colore della pelle, sesso e razza) anche la non discriminazione per identità di genere, orientamento sessuale, origine etnica e disabilità. Viene stabilita inoltre la possibilità di ricorrere al tribunale per la restituzione dei propri diritti, riparazione o indennizzo dei danni subiti per gli atti o omissioni degli organi, direttivi, funzionari o impiegati dello Stato nell’esercizio delle loro funzioni.
La vittoria del Sì viene data per scontata, anche perché la campagna a suo favore ha dominato sui mezzi di comunicazione, mentre sulle reti sociali sono stati bloccati gli hashtag a difesa del No o dell’astensione al voto. Anche se apertamente tutti si dimostrano a favore del Sì, c’è anche apatia e disillusione, come conferma al fattoquotidiano.it Paola Larghi, rappresentante dell’ong Cisp-Sviluppo dei popoli a Cuba: “C’è stata partecipazione alla fase popolare, da molti anche con speranza, ma c’è anche molta rassegnazione. Una delle questioni principali rimane infatti il ruolo superiore al Governo del Partito comunista. In generale i giovani sono disinteressati, vogliono andare via”.