Corriere 4.3.19
A fil di rete di Aldo Grasso
«Propaganda Live» di Zoro, le liturgie di una scommessa vinta
Prima
ancora che un programma televisivo, Propaganda Live è un milieu. Un
ambiente, in senso sociologico e culturale, dalle caratteristiche molto
distintive, che può diventare il terreno di coltivazione per processi
politici, sociali, artistici e letterari. È un milieu molto romano, che
può anche non piacere, ma è distintivo, coerente in tutte le sue parti,
modellato dalle personalità riconoscibili dei suoi abitanti (La7,
venerdì, 21.20).
Propaganda vive delle sue liturgie e, detto
affettuosamente, della sua compagnia di giro. La band che accompagna il
dibattito in studio (mai che sembri troppo serioso!), Marco Damilano che
è riuscito a rendere lo «spiegone» un format accattivante, il grande
Marco Dambrosio in arte Makkox che ri-disegna la realtà per di-spiegarla
in modo più ironico e poetico. Il tassista Marco Matteucci, Missouri 4,
con il suo stralunato sguardo sul mondo (la sua tv in strada, tra la
gente comune, ha una freschezza inedita). Paolo Celata in rappresentanza
del Tg La7. E, naturalmente, Diego Bianchi (Zoro), il capoclasse, colui
che detta l’atmosfera del programma-milieu, costruito a sua immagine e
somiglianza. Quando all’interno s’inseriscono voci che non ne fanno
parte, l’incantesimo rischia di spezzarsi. Si è visto nel caso
dell’intervento di Roberto Saviano, ormai sempre più autoreferenziale,
così lontano dal tono di lucido e divertito disincanto che caratterizza
Propaganda. L’approdo di Diego Bianchi su La7, in una serata ricca di
offerta su tutti i canali principali come il venerdì, era una scommessa
non facile e si può intuire la fatica iniziale che c’è stata. Ma, con il
tempo, Propaganda è riuscito a ritagliarsi il suo spazio, a costruire
la sua comunità fedele, beneficiando dell’autorevolezza nel campo
dell’informazione e dell’approfondimento che costituisce uno dei tratti
identitari più solidi di La7 e si riflette positivamente anche sul
lavoro di Bianchi e della sua squadra.