Corriere 25.1.17
L’intervista
«Un patto tra etica e tecnologia
Oppure robot e algoritmi comanderanno noi uomini»
Monsignor Paglia e il convegno «Robo-ethics» in Vaticano
di Paolo Conti
Comincia
oggi nella nuova Sala del Sinodo in Vaticano il convegno «Robo-ethics»,
tre giorni di riflessione sull’umanità che si confronta sul progresso
scientifico in occasione del 25° anniversario della Pontificia Accademia
per la vita, presieduta dall’arcivescovo Vincenzo Paglia. Interverranno
studiosi e scienziati da tutto il mondo. Tra i tanti relatori, anche
Hiroshi Hishiguro, creatore del robot umanoide «Geminoid» che oggi alle
20 terrà anche un incontro pubblico alla cappella-auditorium
dell’università «La Sapienza» di Roma, dialogando con il teologo Paolo
Benanti.
Monsignor Paglia, questo incontro internazionale svela un
timore: che l’intelligenza artificiale, e la sua capacità operativa,
possa sostituirsi all’uomo in alcuni snodi importanti.
«Il timore è
legittimo. La precisione e l’affidabilità di alcuni strumenti rende
possibile sostituire funzioni valutative e decisionali abitualmente
svolte dall’intelligenza umana».
Per usare termini immediati?
«Ci
troviamo di fronte a un panorama nuovo: una sorta di invasione della
tecnica che aiuta certamente l’umanità a risolvere problemi oggettivi,
come l’autosufficienza di alcuni anziani o di chi deve fare i conti con
gravi handicap: ma il rischio è che possa essere la macchina a guidare
l’uomo, non viceversa. Non dimentichiamo che il termine robot significa
“servo”, cioè deve restare al servizio dell’umano. Oggi urge un nuovo
patto tra umanesimo e tecnica».
Partendo da quale considerazione?
«La
tecnica è frutto del lavoro dell’uomo che deve mantenere la signoria
sull’intelligenza. Prendiamo gli algoritmi: utilissimi, ma non possono
governare senza essere a loro volta governati dall’uomo. Un algoritmo è
matematica: ma l’uomo, che ha studiato quell’algoritmo, è anche
mistero».
Altro tema è la sostituzione del robot nel lavoro, la possibile cancellazione di aree di impiego.
«Il
pericolo è concreto. Senza una risposta etica il futuro può diventare
denso di insidie legate alla possibilità per l’uomo di avere
un’occupazione. Abbiamo riscontrato grande attenzione, su questi temi,
da esponenti di diverse fedi religiose: il mondo cristiano, l’ebraismo,
l’islam, l’induismo, dalla ricerca accademica. Occorre una nuova
alleanza tra etica, diritto, tecnologia, la stessa politica. L’umanità
ha malamente affrontato, nel recente passato, la questione ecologica.
Abbiamo sfruttato il creato, nel nome del guadagno, provocando danni
incalcolabili. Papa Francesco ha risposto con l’enciclica “Laudato si’
”. Oggi si profila una nuova sfida: cioè che la casa comune dell’uomo,
la Terra, resti non solo abitabile dai nostri figli e dai nostri nipoti
ma che continui ad avere al suo centro l’Umano. Facciamo l’esempio della
cura degli anziani o di chi non è autosufficiente: nessuna macchina
potrà mai sostituire la tessitura di relazioni interpersonali che
fondano la stessa Umanità. Nessuna macchina potrà mai prendere il posto
dell’indispensabile relazione tra medico e paziente».
Qualcuno vi accusa di accantonare i temi «tradizionali»: l’aborto, l’eutanasia…
«Esattamente
il contrario. La problematica di cui parliamo riguarda il senso stesso e
contemporaneo della vita umana: è importante “ridefinire” cosa
significa, alla luce delle nuove tecnologie. Prendiamo la gravidanza. La
sua interruzione diventa ancora più scandalosa quando scopriamo, grazie
alla ricerca, la quantità di relazioni che apre il nascituro, a
cominciare da quella con il padre. Quanto all’eutanasia, noi non siamo
chiamati ad aiutare il “lavoro sporco” della morte. Dobbiamo aiutare il
lavoro della vita, perché la morte non appartiene solo a chi muore ma a
chiunque stia vicino a quell’individuo. Anche questa è una frontiera
etica della contemporaneità: la cura della vita intesa non come un
universale astratto ma come una stretta intelaiatura di relazioni tra
esseri umani».