Corriere 24.2.19
Il vertice
Il consigliere del Papa:
«Distrutti i dossier sugli abusi nella Chiesa»
di Gian Guido Vecchi
Il cardinale Marx al summit: abolire il segreto pontificio
CITTÀ
DEL VATICANO «Ora cerco di concentrarmi sul mio diritto divino di
essere vivo». Un giovane cileno che fu abusato da un prete racconta la
sua storia, chiude gli occhi e imbraccia il violino, le note di Bach
risuonano nel silenzio della Sala Regia e delle gerarchie ecclesiali di
tutto il mondo riunite per la «celebrazione penitenziale» guidata da
Francesco. Prima del mea culpa del Papa («dobbiamo dire, come il figlio
prodigo: Padre, ho peccato») e di cardinali e vescovi («confessiamo che
abbiamo protetto dei colpevoli e ridotto al silenzio chi ha subito del
male»), il Pontefice ha invitato all’«esame di coscienza» spiegando che
«si rendono necessarie azioni concrete per le chiese locali»: l’incontro
mondiale sulla protezione dei minori finisce con la messa di oggi ma
l’essenziale si vedrà da domani.
La questione centrale è quella
che ieri il cardinale Reinhard Marx, uno dei consiglieri più stretti del
Papa, ha scandito senza perifrasi: «I dossier che avrebbero potuto
documentare i terribili atti e indicare il nome dei responsabili sono
stati distrutti o nemmeno creati. Invece dei colpevoli, a essere riprese
sono state le vittime ed è stato imposto loro il silenzio. Le procedure
e i procedimenti stabiliti per perseguire i reati sono stati
deliberatamente disattesi, e anzi cancellati o scavalcati. I diritti
delle vittime sono stati di fatto calpestati e lasciati all’arbitrio di
singoli individui. Sono tutti eventi in netta contraddizione con ciò che
la Chiesa dovrebbe rappresentare». Il cardinale, presidente dei vescovi
tedeschi, ha spiegato più tardi che si riferiva in particolare a ciò
che la Chiesa tedesca ha scoperto nella ricerca, durata tre anni, sugli
abusi nelle sue diocesi. Ma «presumo che la Germania non sia un caso
isolato», ha aggiunto.
La denuncia di Marx è la premessa di una
serie di riforme, a cominciare dall’abolizione o almeno revisione del
«segreto pontificio», definito dal documento «Secreta continere» del
1974.
Il cardinale Marx spiega che la «trasparenza» si deve
accompagnare alla «tracciabilità» delle «procedure amministrative», in
modo che chiunque possa sempre sapere «chi ha fatto che cosa, quando,
perché e a quale fine, e che cosa è stato deciso, respinto o assegnato».
E aggiunge: «Ogni obiezione basata sul segreto pontificio sarebbe
rilevante solo se si potessero indicare motivi convincenti per cui il
segreto pontificio si dovrebbe applicare al perseguimento di reati
riguardanti l’abusi di minori. Allo stato attuale, io di questi motivi
non ne conosco».
In questi giorni si è parlato di «nuove strutture
legali» di controllo — legate ai metropoliti (le diocesi più grandi) e
composte anche da laici, donne e uomini — cui i vescovi debbano «rendere
conto». E di centri di ascolto per raccogliere denunce in ogni
conferenza episcopale e diocesi. Ma soprattutto sono state le donne a
scuotere le gerarchie. Dalla canonista Linda Ghisoni alla suora
nigeriana Veronica Openibo, che ieri ha parlato di «mediocrità e
ipocrisia» e avvertito: «Questa tempesta non passerà. Spero e prego che
alla fine di questa conferenza sceglieremo deliberatamente di spezzare
ogni cultura del silenzio».
Suor Veronica, parlando accanto al
Papa, ha evocato il cambio di linea nello scandalo cileno, all’inizio
sottovalutato: «La ammiro, fratel Francesco, per essersi preso del
tempo, da vero gesuita, per discernere e per essere abbastanza umile da
cambiare idea, chiedere scusa e agire: un esempio per tutti noi».
La
giornalista messicana Valentina Alazraki non l’ha mandata a dire, a
cardinali e vescovi: «Vi aiuteremo a trovare le mele marce e a vincere
le resistenze per allontanarle da quelle sane. Ma se voi non vi decidete
in modo radicale a stare dalla parte dei bambini, delle mamme, delle
famiglie, della società civile, avete ragione ad avere paura di noi,
perché noi giornalisti, che vogliamo il bene comune, saremo i vostri
peggiori nemici».