domenica 3 febbraio 2019

Repubblica Roma 3.2.19
Medici: pochi, anziani, in fuga Così la Sanità perde i migliori
di Carlo Picozza


Attratti dal privato o corteggiati all’estero Lo scouting tedesco L’assessore D’Amato "Spesa e ingaggi snelli" Restano sbarrate le porte d’ingresso al Servizio sanitario del Lazio. Si spalancano, invece, i portoni per le uscite, sempre più numerose, di medici di chiara fama. È fuga grande verso i centri privati. In Italia e fuori. L’ultimo canto di sirena per i camici bianchi, anche freschi di studi, si leva dalla Germania: un ingaggio a 4.402 euro al mese (700 in più che in Italia), con alloggio pagato e un contratto quinquennale nella clinica Katholisches Krankenhaus di Hagen, città di 188mila abitanti, nella Renania- Westfalia. " Unico requisito per candidarsi", si legge nell’annuncio, "una laurea in Medicina e Chirurgia, con o senza esperienza". E "non è richiesta la conoscenza del tedesco".
Tant’è, a valle per i neolaureati e a monte per le eccellenze, la Sanità del Lazio si spopola impoverendosi. E invecchia: l’età media dei medici è 57 anni, 6 in più di quella italiana. Anziani e non solo, i nostri medici sono la minoranza più esigua d’Italia rispetto alla popolazione: 7 ogni mille abitanti, 4 in meno della media nazionale. Anziani, pochi e in fuga dai centri pubblici: in folta schiera — mille all’anno dall’Italia, un centinaio dal Lazio — emigrano in altri Paesi dell’Ue e Oltreoceano, dopo essersi formati qui con un costo sociale di 130mila euro.
Se non scappano prima, una volta in pensione, i più bravi approdano nei centri privati. Il chirurgo oncologico Giovanni Battista Grassi, pioniere della radioterapia intraoperatoria, lascia il San Filippo Neri per il Policlinico Casilino insieme con la sua équipe affiatatissima e di livello. Il chirurgo toracico, Massimo Martelli, antesignano della Chirurgia polmonare mininvasiva, dal Forlanini è ormai di casa al Quisisana. Tra i più bravi in Italia, anche l’anestesista rianimatore Remo Orsetti, che al San Camillo coordinava 150 colleghi, sbarca alla Salvator Mundi.
L’elenco è lungo. Si aggiunge a quello di altri che, pur lontani dalla pensione, dal " pubblico" emigrano al "privato". In Italia e fuori. A New York il chirurgo oncologico Francesco Serafini coordina gli interventi sui tumori del fegato e del pancreas per l’area di Brooklyn. Formatosi a Roma, anche Antonio Daniele Pinna ora è ad Abu Dahbi dove dirige il centro trapianti della Cleveland Clinic. L’ortopedico Michel Oransky, già primario al San Camillo, un mago nella ricostruzione del bacino, è in forza all’Aurelia Hospital. La chirurga Valentina Giacaglia, valente specialista delle patologie del pavimento pelvico, da trenta mesi opera e insegna a Dubai. Carlo Eugenio Vitelli, già direttore del dipartimento chirurgico, con sei reparti al San Giovanni, ora è al Vannini a Tor Pignatara (vedi intervista). Lo ha seguito Francesco Stipa, stessa formazione al Memorial Sloan Kettering di New York.
« Con un contratto dei medici fermo a dieci anni fa — commenta Alessio D’Amato, assessore regionale alla Sanità — con la spesa per il personale inchiodata al 2014, per di più ridotta dell’ 1,4%, e con procedure concorsuali farraginose, il Servizio sanitario va alle guerre stellari con l’alabarda. Anche se — precisa D’Amato — dal 2018 al 2020, delle 5mila assunzioni di medici e infermieri, 1.800 sono già un dato di fatto » . Sono per lo più precari di lungo corso, perciò, anche loro, non più giovanissimi.