sabato 9 febbraio 2019

Repubblica 9.2.19
Lettera da Parigi
Che ci importa degli italiens
di Philippe Ridet

di ”Le Monde". È stato corrispondente a Roma dal 2008 al 2016 Ha scritto "L’Italie Rome et moi" (Flammarion, 2013)

Cari amici italiani, comincio dichiarandovi tutta la mia simpatia. Però vi devo fare una confidenza: il french bashing a cui si dedicano senza posa Matteo Salvini e Luigi Di Maio lascia i francesi impassibili. Potete accusarli, loro e il loro presidente, di tutti i mali ( aver rovinato l’Africa, aver chiuso i porti e le frontiere ai migranti, aver rubato la Gioconda, aver impedito l’acquisto dei cantieri navali dell’Atlantico, aver messo sottosopra la Libia), ma loro ignorano le invettive e continuano a ingozzarsi di pasta. In questo momento stanno scoprendo la burrata, dopo essersi gustati il parmigiano. Sanno distinguere tra l’Umbria e la Toscana. Stanno già consultando i cataloghi per affittare una casa in Puglia quest’estate.
Se volessi riassumere lo stato d’animo dei miei compatrioti in una sola immagine, direi questo: i francesi se ne infischiano del vostro risentimento più o meno quanto a voi lasciano indifferenti le sconfitte della nazionale francese di rugby. Capite cosa voglio dire?
A questo punto le soluzioni sono due: o siamo noi che diamo prova ancora una volta di quella " puzza sotto al naso", di quello sguardo sprezzante, altezzoso e dominatore che gettiamo su ogni cosa che non sia noi stessi, dall’alto della nostra grandeur. Oppure siete voi che esagerate in maniera del tutto sconsiderata la portata delle vostre rodomontate. Quindi Di Maio avrebbe preso un aereo di nascosto per andare a incontrare dei Gilet gialli, come un bambino che fa sega a scuola per giocare alla Playstation con i suoi amici? Io lo compatirei piuttosto per aver dovuto passare un pomeriggio di inverno nel Loiret, una provincia un po’ triste a sud di Parigi. Forse è per questo che si è portato dietro Alessandro Di Battista. Per non annoiarsi.
Certo, la televisione e i giornali fanno grandi titoli sulla "crisi senza precedenti tra la Francia e l’Italia". Gli animi si scaldano, ai vertici. Richiami dell’ambasciatore, convocazioni, dichiarazioni indignate. Ma vi assicuro che nella strada, nel metrò, nessuno ha la minima idea delle ragioni che hanno spinto Roma e Parigi a saltarsi alla gola. Ecco, ieri ho pranzato in un ristorante italiano: solo la presenza della panna negli spaghetti alla carbonara avrebbe giustificato una dichiarazione di guerra.
Per placare gli animi, Luigi Di Maio ha dovuto arrampicarsi sugli specchi e pubblicare una lettera su Le Monde in cui rende omaggio alla " tradizione democratica millenaria della Francia e del suo popolo". Mi scusi, signor vicepresidente del Consiglio, ma lei dov’era durante le lezioni di Storia a scuola? La monarchia assoluta di Luigi XIV non le dice niente? E i sans- culottes hanno forse inventato i diritti dell’uomo?
Nessuno morirà in questa querelle, salvo che di ridicolo. E per il momento, siete voi che state perdendo la partita. Mi dicono che in realtà i Cinquestelle e la Lega stanno facendo a gara a chi è più antifrancese perché hanno nel mirino le elezioni europee, che decideranno i rapporti di forza in seno alla coalizione. Se posso permettermi un consiglio, disputate la partita sul vostro campo, senza spedire il pallone dall’altro lato della frontiera. Noi non sappiamo che farcene. È risaputo, i francesi non sanno giocare a calcio.
(Traduzione di Fabio Galimberti)