Repubblica 1.2.19
Il superstite Nasir: " Chiudevo gli occhi per non vedere i morti intorno a me"
di A. Z.
Agrigento
Nasir si è aggrappato all’ultimo pezzo del gommone che affiorava ancora
cercando di resistere agli strattoni disperati degli altri compagni di
viaggio che annegavano attorno a lui. « Nessuno di noi aveva il
giubbotto di salvataggio, gli scafisti non ce lo hanno dato. Io non so
nuotare, quando l’aereo ha tirato le zattere non sono riuscito a
raggiungerle e sono rimasto attaccato a non so che cosa. Non so quanto
tempo è passato, tre ore, o quattro o cinque, vedevo morire le persone
accanto a me, le donne con i bambini. Ho pensato che sarei morto pure
io. Di freddo. Poi credo di essere svenuto».
È un racconto
drammatico ma dettagliato quello che Nasir, 25 anni, sudanese, così come
gli altri due superstiti, un altro ragazzo del Sudan e un gambiano, ha
fatto al procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella che è andato
ad interrogarli a Lampedusa dove sono stati portati in grave stato di
ipotermia. Adesso sono stati trasferiti in un’altra struttura e hanno
avanzato richiesta di permesso come testimoni di giustizia. I loro sono
gli unici occhi di questa strage, quelli che il giorno dopo hanno
restituito i reali numeri della tragedia, 117 vittime e non qualche
decina come sembrava nell’immediatezza.
« Sono sicuro del numero
perché i trafficanti ci hanno fatto salire sul gommone a gruppi di dieci
contando. Ci spingevano con i kalashnikov. Eravamo 120. Sulla spiaggia
di Garabulli, da dove siamo partiti, sono rimaste otto donne che non
erano riuscite a pagare tutta la cifra del viaggio. Eravamo rinchiusi
tutti insieme in una connection house lì vicino. Non ci hanno dato
salvagente, solo un telefono Thuraya. Erano le due di notte e c’era
vento, il mare era mosso. Eravamo così stretti sul gommone che dovevamo
stare con una gamba dentro e una fuori».
Dieci, undici ore dopo
l’inizio della fine. «Le onde si erano alzate e il gommone sbatteva. A
un certo punto si è aperta una falla sul fondo e ha cominciato ad
entrare acqua. L’uomo che aveva il telefono ha cominciato a chiamare i
soccorsi ma non rispondeva nessuno. La parte di dietro ha cominciato a
cedere e le persone scivolavano giù gridando. Ho visto morire tutte le
donne e i bambini, ce n’erano tanti, uno aveva solo due mesi. Quando
abbiamo visto l’aereo abbiamo pensato di essere salvi. Hanno tirato la
zattere, ma la gente non sapeva nuotare. Solo pochi sono riusciti ad
aggrapparsi. Ma poi l’aereo è andato via e non si è visto più nessuno
per tre, quattro ore. Non so quanto tempo è passato. Io ho chiuso gli
occhi per non vedere la gente che moriva accanto a me».
— a.z.