Repubblica 1.2.19
L’inchiesta
Il naufragio del 18 gennaio e la Guardia costiera
Tre ore di indifferenza le omissioni degli italiani nella strage dei 117
I
migranti avvistati alle 13.40, i libici coordinano i soccorsi solo alle
16.40 Il procuratore di Agrigento: "In 180 minuti la differenza tra
vita e morte"
di Alessandra Ziniti
Di che cosa stiamo parlando
Il
18 gennaio un gommone con 120 persone a bordo (tante donne e bambini,
uno dei quali di due mesi) è affondato a 50 miglia da Tripoli. Solo tre i
superstiti, salvi grazie a due zattere lanciate da un aereo militare
italiano e poi recuperati da un elicottero. I pm di Agrigento ipotizzano
che i soccorsi non siano stati coordinati in modo adeguato dalla
Guardia costiera italiana, prima a ricevere l’alert, e hanno trasmesso
il fascicolo a Roma chiedendo di valutare se sussista il reato di
omissione di atti d’ufficio
AGRIGENTO Tre ore di
telefonate senza risposta, tre ore di rifiuto delle Ong con il solito
ritornello: «Il coordinamento è dei libici, chiamate loro», tre ore di
ordini mancati e di navi non richiamate a prestare aiuto. Quella che vi
raccontiamo è la cronaca di una strage figlia di un ipocrita sistema di
soccorsi, sostenuto dall’Italia e dall’Europa tutta, che affida alla
Libia la responsabilità della salvezza di chi parte dalle sue coste pur
consapevoli della sua inadeguatezza. È la cronaca di una giornata come
tante altre, venerdì 18 gennaio, in cui però nella zona Sar libica
qualcosa è andato più storto del solito. Di chi sono le responsabilità
di questa strage?
Dei trafficanti, certamente, che hanno stipato
all’inverosimile un gommone vecchio e mezzo sfondato, della Guardia
costiera libica che troppo tardi ha mandato i soccorsi ma forse anche
della Guardia costiera italiana, prigioniera dell’ormai consueta prassi,
ordinata dall’alto, di non intervenire negli eventi che si verificano
nella Sar libica.
Dimenticando che la convenzione di Amburgo
prevede che, fino a quando l’autorità competente nella zona in cui si
verifica l’evento non assume il coordinamento, la responsabilità del
soccorso è di chi ne viene per primo a conoscenza. In questo caso
l’Italia. Che forse non ha fatto tutto quello che avrebbe dovuto e
potuto. Questo, almeno, è quello che ipotizza la Procura di Agrigento
che, dopo aver sentito i tre superstiti e raccolto i documenti sulle
comunicazioni tra gli attori della tragedia, ha inviato il fascicolo
alla Procura di Roma chiedendo di valutare se, nelle scelte di chi quel
giorno sedeva nella sala operativa dell’IMRCC di Roma, è ravvisabile il
reato di omissione di atti d’ufficio. «Tre ore — dice il procuratore
aggiunto Salvatore Vella — fanno la differenza tra la vita e la morte».
Ecco la ricostruzione di quella giornata.
Ore 13.40: l’avvistamento
L’aereo
P-72° del 41° stormo dell’Aeronautica militare di Sigonella, in volo di
perlustrazione sul Mediterraneo, individua in un’area a 50 miglia a
nord est di Tripoli un gommone "in fase di affondamento". I militari
vedono una cinquantina di persone a bordo, diverse altre in acqua.
Avvertono immediatamente il loro comando e l’IMRCC di Roma, lanciano due
zattere di salvataggio che si aprono regolarmente e fanno ritorno alla
base. È questa l’ora in cui la sala operativa della Guardia costiera a
Roma viene a conoscenza del naufragio in atto.
In quel momento, secondo le testimonianze dei superstiti, la metà degli occupanti del gommone è già scivolata in mare.
Ore 13.42: passa il mercantile
I
piloti dell’aereo Moonbird della Ong dell’aria che collabora con la Sea
Watch, in pattugliamento nel Mediterraneo, captano la conversazione tra
il velivolo militare e Roma e avvertono il comandante della Sea Watch
che è da poche ore entrata in zona Sar libica. Vedono transitare in zona
un mercantile Cordula Jacob, che batte bandiera liberiana e si sta
allontanando dalla Libia in direzione dell’Egitto. Ma nessuno lo informa
del naufragio.
Ore 14.00: il no ai soccorsi
Dalla Sea Watch
3 parte una telefonata alla sala operativa di Roma. La nave umanitaria
dà la propria disponibilità ad andare in soccorso dei naufraghi e chiede
notizie sulle coordinate. La risposta è quella ormai consueta: «Nessuna
informazione, il coordinamento dei soccorsi è di Tripoli, chiamate
loro».
Cos’altro fanno a Roma dopo aver saputo del naufragio in
corso? I pm di Agrigento ricostruiscono una serie di telefonate
dall’IMRCC a diversi numeri della Guardia costiera libica, ma non
risponde nessuno per diverse ore. E nessuno risponde neanche al
comandante della Sea Watch che prova inutilmente a mettersi in contatto
con i libici. Nell’attesa che i libici rispondano da Roma nessuno
ritiene di chiamare le navi più vicine che, in quel momento, sono il
cargo liberiano e la Sea Watch 3 alla quale vengono negate le
informazioni.
Ore 15.02: il primo allarme
Solo un’ora e
ventidue minuti dal primo alert, Roma si decide a diramare il cosiddetto
Navitex a tutte le navi in transito nella zona Sar libica. Comunica che
c’è un gommone semiaffondato con 50 persone a bordo e due in acqua, dà
le coordinate nautiche e indica i numeri di telefono della Guardia
costiera libica a cui rivolgersi.
Conosciute finalmente le coordinate, la Sea Watch 3 si dirige verso il gommone ma è a dieci ore di navigazione
Ore 16.40: la risposta libica
È
l’ora in cui la Guardia costiera libica prende finalmente in carico il
coordinamento dei soccorsi. Dal primo alert sono passate tre ore.
Più
o meno alla stessa ora sulla verticale del gommone ormai del tutto
affondato arriva l’elicottero della Marina militare italiana decollato
dal Cacciatorpediniere Duilio che è a 115 miglia.
Ore 16.45: il ritorno del cargo
La
guardia costiera libica chiede all’Imrcc di Roma di chiamare il cargo
liberiano (che nel frattempo ha fatto tre ore di strada allontanandosi
dal luogo del naufragio) per farlo convergere alla ricerca di eventuali
superstiti. Da Tripoli non parte nessuna motovedetta, i libici dicono di
non averne disponibili. Anche il cacciatorpediniere Duilio punta sul
luogo del naufragio
Ore 21: il soccorso
Il mercantile
Cordula Jacob arriva in zona, è buio, scandaglia la zona ma non trova
nessuno, né superstiti né cadaveri. Sono ormai passate sette ore e mezza
dal naufragio
Ore 01.00: le zattere vuote
Arriva anche la Sea Watch 3 ma nel punto indicato ci sono solo le due zattere gialle ormai vuote.