il manifesto 1.2.19
Le sfide sindacali e la manifestazione di Roma
Recessione.
Nell’era della globalizzazione è lo Stato che ha perso terreno rispetto
al capitale – Paolo Leon utilizzava le coppie capitale-lavoro,
capitale-stato e lavoro-stato -, così come il lavoro ha perso terreno
rispetto al capitale in misura ben peggiore delle ultime denunce sulla
distribuzione del reddito (Oxfam)
di Roberto Romano
Il
9 febbraio Cgil, Cisl e Uil manifestano a Roma contro la manovra del
governo, un appuntamento importante, anche per il segretario generale
Maurizio Landini. Il sindacato scende in piazza, è solo l’inizio di una
nuova sfida, che riguarda questioni strutturali. Naturalmente nella
manovra economica alle responsabilità del governo si aggiungono quelle
della Commissione europea, testimoniate dalle clausole di salvaguardia
pari a quasi 55 mld , da attribuire alle pressioni europee.
L’Europa
si trova davanti a un appuntamento importante: caduto il Fiscal Compact
come diritto comunitario, il governo dell’economia europea potrebbe
trovare degli inediti equilibri. Predisporre un bilancio pubblico
europeo, finanziato con risorse proprie e non da trasferimenti degli
Stati. Se i redditi da lavoro sono gli unici soggetti a tassazione
progressiva, l’Europa potrebbe tassare gli altri redditi in misura
coerente per garantire uno Stato sociale europeo, ripartito tra i membri
dell’area euro. Per realizzare un bilancio pubblico degno di questo
nome, l’Europa dovrebbe contrastare gli oltre 7 paradisi fiscali che
ospita al proprio interno.
Nell’era della globalizzazione è lo
Stato che ha perso terreno rispetto al capitale – Paolo Leon utilizzava
le coppie capitale-lavoro, capitale-stato e lavoro-stato -, così come il
lavoro ha perso terreno rispetto al capitale in misura ben peggiore
delle ultime denunce sulla distribuzione del reddito (Oxfam).
Il
ripiegamento del lavoro, vero finanziatore dello Stato, ha determinato
la sconfitta dello Stato e quindi dell’economia pubblica rispetto al
capitale. Paradossalmente ci sarebbe una occasione di una alleanza
Stato-lavoro per ridimensionare il capitale a un livello adeguato
(Europa).
Un altro terreno di riflessione che attende il nuovo
segretario della Cgil è legato alla politica industriale e alla
creazione di lavoro. Come suggeriva Riccardo Lombardi, occorre cambiare
il motore della macchina senza fermarla e, per questa via, creare tanto
lavoro quanto se ne perde, magari di buona qualità. Se l’Europa non
attraversa un buon momento, l’Italia industriale vive una crisi nella
crisi. Il lavoro non nasce dalla benevolenza di qualcuno, piuttosto da
un capitale che dovrebbe misurarsi con la dinamica di struttura dello
stesso (Marx). Il problema italiano è legato a un capitale che ha
rinunciato alla crescita in ragione di una de-specializzazione che ha
condotto i salari agli attuali livelli.
Se il Pil nazionale cresce
meno della media europea, anche i salari sono costretti da questa
dinamica, con una aggravante: con il ritiro dello Stato come agente di
intermediazione tra capitale e lavoro, il profitto ha potuto conservare
la propria posizione.
Più esplicitamente: più investimenti non
significa più lavoro, semmai una sostituzione di lavoro con macchine
importate da altri Paesi. Infatti, il moltiplicatore degli investimenti
nazionali sono una frazione di quelli tedeschi. Il Piano del Lavoro
della Cgil e la discussione del forum degli economisti, guidato da
Gianna Fracassi e Riccardo Sanna, sono un progetto da prendere sul
serio.
La carta dei diritti e il piano del lavoro della Cgil sono
due facce della stessa medaglia, a cui serve una sponda – lo Stato
(europeo) -.