La Stampa TuttoLibri 9.2.19
Olimpiade, la mamma feroce che fece di Alessandro Magno un re
Una
biografia ricostruisce intrighi, delitti e ambizioni della sovrana
epirota Mentre il figlio conquistava il mondo lei elargiva consigli su
come trattare i sudditi
di Giorgio Ieranò
Forse
non è vero che dietro a ogni grande uomo c’è sempre una grande donna. Ma
dietro a molti grandi condottieri c’è spesso una madre ingombrante.
Gengis Khan, stando alla Storia segreta dei mongoli, aveva paura solo
della mamma, l’intrepida Hoelun. Maria Letizia Bonaparte vegliò severa
sul figlio Napoleone per tutta la sua vita. Ad Alessandro Magno toccò
invece in sorte Olimpiade, donna inquietante e strana. Secondo gli
antichi, praticava oscuri culti misterici, durante i quali maneggiava
serpenti che poi si portava persino nel letto. Era devota ai riti
dionisiaci, che celebrava con torme di femmine invasate, tra le quali si
distingueva, scrive Plutarco, per essere «la più selvaggia». Si diceva
che persino il marito, il re di Macedonia Filippo II, persona non
facilmente impressionabile, ne fosse terrorizzato. Ma Olimpiade fu
soprattutto una donna di potere. Senza di lei, forse, Alessandro non
sarebbe mai divenuto re: fu la madre, con il delitto e l’intrigo, a
spianargli la via verso il trono.
Certi ritratti a tinte fosche di
Olimpiade nascono forse proprio dal fatto, scandaloso per gli autori
antichi, maschi e maschilisti, che una donna fosse riuscita a imporsi
come protagonista politica (qualcosa di simile accadrà poi con un’altra
spregiudicata regina, Cleopatra). Ne è convinto Lorenzo Braccesi,
storico del mondo antico, che dedica ora alla mamma di Alessandro Magno
una biografia documentata e avvincente. Olimpiade ne emerge con tutte le
sue ambiguità. Una donna che, da un lato, scrive Braccesi, appariva
avvolta in «una nebbia misterica dove il mito poteva sovrapporsi alla
vita e alla realtà». Ma, d’altro lato, era una sovrana accorta e astuta.
Del resto, era nata figlia di re: suo padre, Neottolemo I, era signore
dell’Epiro, un piccolo regno la cui dinastia vantava però una
discendenza da Achille. Aveva poi sposato un altro re, Filippo di
Macedonia. I due si sarebbero conosciuti proprio durante una cerimonia
misterica, un rituale d’iniziazione alle oscure divinità dell’isola di
Samotracia. E il loro figlio, Alessandro, era destinato a diventare il
più grande di tutti i re, fondatore di un impero universale che andava
dalle rive del Nilo a quelle dell’Indo.
Olimpiade è immersa negli
eventi che, nella seconda metà del IV secolo, cambiano la storia del
mondo. Dapprima accanto al marito Filippo, che, con la battaglia di
Cheronea (338 a. C.), schiaccia la libertà di Atene e diviene padrone
della Grecia. Poi seguendo da lontano i trionfi di Alessandro. Mentre il
figlio avanza impetuoso nei territori dell’impero persiano, guidando le
sue falangi attraverso i deserti e le montagne dell’Asia, la madre
intrattiene con lui una corrispondenza di cui Braccesi ricompone le
tracce partendo dai testi degli storici antichi. Olimpiade dispensa
saggi consigli su come comportarsi con i sudditi. E il figlio le
racconta con orgoglio i suoi successi. Si accinge anche, con festosa
sollecitudine, a comunicarle di avere scoperto, nella remota India, le
sorgenti del Nilo, salvo poi fare ammenda del clamoroso errore.
Il
ruolo di regina madre Olimpiade aveva dovuto conquistarselo. I re di
Macedonia erano poligami. Filippo, nel 337 a. C., aveva sposato una
nobile macedone, di nome Cleopatra. Plutarco riferisce che Olimpiade,
«donna collerica e gelosa», s’infuriò per queste nuove nozze. C’era il
rischio che Cleopatra partorisse un erede di puro sangue macedone, che
avrebbe messo fuori gioco Alessandro, il figlio della principessa
epirota. Nel 336 a. C., mentre entrava nel teatro di Ege (oggi
Verghina), l’antica capitale del regno macedone, Filippo venne ucciso da
un sicario di nome Pausania. Fu Olimpiade ad armare la mano del
regicida? Lo storico Giustino racconta che la regina andò a deporre una
corona di fiori sul capo di Pausania, giustiziato e appeso a una croce.
Non erano solo calunnie: Braccesi riesamina tutte le testimonianze e
conclude che, quasi certamente, Olimpiade fu la mandante dell’omicidio
del marito. Comunque sia, grazie all’assassinio di Filippo, Alessandro
ottenne subito il trono. E Olimpiade, per evitare rischi futuri,
costrinse la rivale Cleopatra a impiccarsi dopo averne ucciso la figlia
bambina.
La regina avrebbe pagato il prezzo dei suoi intrighi.
Dopo la morte di Alessandro a Babilonia, nel 323 a. C., i suoi generali
iniziarono a combattere per spartirsi l’impero. Olimpiade, a questo
punto, era sempre più solo una presenza ingombrante. Tentò di salvare la
dinastia ma fu uccisa nel 316 a. C. Di lei resterà la leggenda cupa e
misteriosa. Solo Giovanni Pascoli, nel suo poemetto Alexandros, la
immaginerà diversa. Una madre assorta nella malinconia, che, ascoltando
lo stormire della quercia profetica del tempio di Zeus a Dodona, nel
natio Epiro, crede di sentire la voce del figlio lontano. Una madre «in
un sogno smarrita», mentre «il vento passa e passano le stelle».
Olimpiade sedotta da Zeus nell’audace affresco di Giulio Romano a Palazzo Te di Mantova