La Stampa 9.2.19
Processo Cucchi, il carabiniere: scrissi la nota sotto dettatura
di Edoardo Izzo
Sono
passati nove anni dalla morte di Stefano Cucchi, ma la vicenda non è
affatto chiusa. Ieri pomeriggio è toccato al maresciallo dei
carabinieri, Davide Antonio Speranza, salire sul banco dei testimoni.
Un’audizione ricca di significato: il giovane militare è colui che aveva
firmato due atti contenenti l’indicazione delle condizioni di salute di
Cucchi a seguito dell’arresto, avvenuto il 16 ottobre 2009, per
questioni di droga. La prima annotazione, nonostante risultasse datata
nel giorno della morte di Stefano, come raccontato ieri in aula da
Speranza, «fu redatta dopo la sua morte e retrodatata perché pensai che
si trattasse di un atto che avrei dovuto redigere alla fine del
servizio».
L’accusa di calunnia e falso
Ancora più grave
quanto accaduto in occasione della seconda annotazione, scritta il 27
ottobre 2009, che, ha spiegato ancora il testimone, fu «dettata dal
maresciallo Mandolini» ossia uno dei militari imputati. Al sottufficiale
dell’Arma vengono contestati i reati di calunnia e falso. Proprio
Mandolini, infatti, «quando lesse la prima annotazione, disse che non
andava bene e che avrei dovuto cestinarla, ma non lo feci».
Due
atti diametralmente opposti, con il primo che affermava che «Cucchi era
in stato di escandescenza» e il secondo in cui si leggeva che il
geometra romano «non lamentava nessun malore né faceva alcuna
rimostranza in merito». Del fatto che le due annotazioni fossero diverse
e che la seconda era stata fatta sotto dettatura - cosa non menzionata
né davanti al pm Vincenzo Barba (rappresentante dell’accusa nel primo
processo) né in Corte d’Assise nel primo dibattimento - Speranza ha
sostenuto che fu «perché ho ritenuto fosse irrilevante. Adesso che è
uscito tutto sui giornali, ci ho pensato su». Nell’udienza del processo a
carico di cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio
preterintenzionale, sono stati ascoltati anche il capo della Squadra
Mobile di Roma, Luigi Silipo, e Carlo Masciocchi, professore ordinario
di Radiologia dell’Università dell’Aquila e nel 2015 consulente della
difesa Cucchi. Masciocchi, ex presidente della Società italiana di
Radiologia Medica, incalzato dal pm Giovanni Musarò, ha ribadito che sul
corpo del giovane «sicuramente c’erano due fratture vertebrali» a
livello lombo-sacrale, entrambe «recenti» e «contemporanee». Nell’altro
filone di indagine, quello sui «depistaggi», è indagato il generale
Alessandro Casarsa. All’ufficiale è contestato il reato di falso.